La battaglia contro la privatizzazione del porticciolo di Ognina sembrava vinta. A maggio dello scorso anno manifestazioni, raccolte di firme, interrogazioni in Comune e in Regione, per cui si erano mobilitati residenti, pescatori, associazioni ambientaliste, gruppi politici e di impegno civile, aveva indotto l’Assessorato regionale alla revoca della concessione di un’ulteriore area di mare e di banchina.
Ma la società La Tortuga non ha rinunciato a portare avanti il proprio progetto di ampliamento della concessione, come avevamo scritto già allora. Non stupisce, quindi, che la richiesta sia stata riproposta ma sorprende il fatto che la Regione l’abbia accolta, nonostante quello che è nel frattempo avvenuto.
Una sentenza del Tar di Catania nel febbraio 2024, nove mesi fa, ha annullato la concessione edilizia (07/0689) rilasciata in data 20 dicembre 2007 dal Comune di Catania, insieme a tutti i provvedimenti successivi dell’Urbanistica e del Servizio di Attuazione della Pianificazione.
Una sentenza pesante che equivale ad una ingiunzione di demolizione di tutto quello che, illegittimamente, è stato costruito da La Tortuga in un’area privata vincolata in cui è vietato aumentare la consistenza edilizia, anche con costruzioni di carattere precario.
Tanto più che questa illegittimità è stata già accertata anche in sede penale, sia in primo sia in secondo grado, con una condanna poi precritta in Cassazione.
Come ha potuto la Regione concedere l’ampliamento di una concessione annullata da una sentenza del Tar e quindi ancora in discussione, in attesa dell’esito del ricorso che la società ha presentato al Consiglio di Giustizia Amministrativa? Si è indotti a pensare che gli agganci de La Tortuga in Regione siano davvero molto forti se è stato messo da parte anche il più elementare principio di prudenza.
L’Atto Suppletivo di variante con cui l’Assessorato Territorio e Ambiente ha concesso l’ampliamento di ulteriori duemila mq rispetto alla concessione demaniale marittima del luglio 2018 (75/2018) porta la data del 17 ottobre 2024. E’ stato quindi rilasciato pochi giorni prima che lo stesso Assessorato lo inviasse ad un residente che aveva fatto richiesta di accesso agli atti. Quando la richiesta era stata avanzata, almeno trenta giorni prima, il povvedimento non era ancora stato firmato.
A firmarlo, come richidenti, sono stati Biagio Carmelo Testa, classe 1965, e Biagio Testa, classe 1968, in nome e per conto delle attuali titolari de La Tortuga, Giuseppa Galati e Pietra Nania, pluriottantenni. E’ infatti la famiglia Testa ad avere dalle origini il controllo della società, anche se – negli ultimi anni – la titolarità formale era passata ad alcune donne della famiglia, dopo le condanne subite dai rispettivi mariti e parenti.
Condanne per opere edilizie abusivamente realizzate e per le quali vennero condannati, in primo grado e in appello, non solo tre membri della famiglia Testa (due dei quali morti nel corso del lungo e complicato processo) ma anche un dirigente dell’Urbanistica che aveva consapevolmente rilasciato una concessione edilizia illegittima.
I giudici, oltre alle condanne emesse, avevano ordinato il “ripristino dello stato originario dei luoghi”, che il Comune si guardò dal pretendere, forse in attesa della sentenza della Cassazione, che poi annullò la condanna per intervenuta prescrizione, pur riconoscendo la fondatezza delle accuse.
Sempre in primo e secondo grado alcuni membri della famigia Testa sono stati condannati anche per minacce e uso della violenza nei confronti di alcuni residenti che avevano osato fare ricorso al Tar per fermare “i lavori illegittimi che stavano trasformando il porticciolo naturale, godibile da tutti i cittadini, in un porto turistico privato a beneficio della società La Tortuga e dei suoi clienti”. Un ricorso considerato inaccettabile da una famiglia che, come hanno scritto anche i giudici nella sentenza, si riteneva “padrona incontrastata di Ognina”.
Di eventuale ripristino dei luoghi su richiesta dell’Amministrazione concedente e secondo le direttive degli Enti competenti parla anche il provvedimento di ampliamento appena emanato (art 4, pag 21). Un ripristino che sarebbe comunque impossibile da attuare visto che, tra le opere da realizzare, c’è anche il taglio (di un metro e venti) del molo di ponente, il vecchio molo storico del porticciolo.
Un intervento invasivo su cui non si potrà tornare indietro e su cui la Soprintendenza non ha avuto nulla da eccepire, essendosi limitata a chiedere che venga “limitato l’impatto visivo delle opere anche attraverso l’uso di materiali e colori che si conformino ai luoghi” (pag 18). Una richiesta minimalista per un luogo dal grande valore non solo paesaggistico ma anche storico.
Tra gli Enti partecipanti alle numerose conferenze dei servizi, l’unica a porsi il problema della “drastica riduzione dei già limitati spazi rimasti destinati a pubblico uso all’interno del porto di Ognina” (pag 5), in particolare per la pesca e il diporto, è stata la Capitaneria di Porto, che ha suggerito di prevedere almeno adeguato spazio per gli “aventi diritto”.
Sempre la Capitaneria ha evidenziato la necessità di provvedere ad un nuovo collaudo del molo per verificare la staticità della struttura a seguito del previsto taglio. Problema posto anche dal Genio Civile che si è limitato a chiedere un generico collaudo statico delle strutture e una attenta manutenzione “sotto qualificata sorveglianza tecnica”, senza però che questi temi vengano ripresi, come prescrizione, nella parte finale del documento.
Tra le prescrizioni che troviamo nella conclusione del provvedimento sono rimasti sei posti barca riservati per non meglio precisati “aventi diritto”, generiche limitazioni alle dimensioni delle barche ormeggiate, la possibilità per gli “uffici competenti” di seguire eventualmente i lavori al molo e, infine, una riserva dell’Ufficio (quale?) a valutare l’apertura pubblica della testata del molo di ponente una volta eseguiti i lavori di manutenzione (sic!) dello stesso “secondo quanto previsto in progetto”. Il taglio di una parte non indifferente del molo vecchio viene qui fatto passare come manutenzione.
Molto ambiguo il ruolo del Comune, del quale è riportato un parere positivo del giugno 2022, l’assenza ad una conferenza dei servizi del 2023, il mancato riscontro a due note dell’Assessorato che chiedevano di esplicitare eventuali motivi ostativi.
A cosa attribuire questo comportamento? Imbarazzo per doversi esprimere su una concessione urbanistica già riconosciuta come illegittima? Oppure cattiva coscienza per un provvedimento che mal si accorda con lo sbandierato intervento di riqualificazione urbana dell’area per il quale sono già stati stanziati 15 milioni di euro? Un intervento che prevede “il ripensamento del borgo marinaro di Ognina di cui abbiamo già bandito il concorso internazionale di progettazione”, come leggiamo in un Comunicato del 12 settembre 2024 sul sito del Comune.
Di certo, rispetto ad un diritto della collettività ad usufruire di un bene comune, se non si leva la voce degli amministratori, è importante che sia chiara e forte quella di associazioni e cittadini, che hanno organizzato per sabato mattina alle ore 10 una manifestazione alla quale dobbiamo sentirci impegnati a partecipare per difendere il libero accesso e la libera fruizione del porticciolo.
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