Prenotare telefonicamente una prestazione sanitaria è un’impresa eccezionale, talvolta impossibile. Inoltre, a furia di sentire ripetere da una voce metallica che le linee sono occupate rischi di non accorgerti quando finalmente arriva il tuo turno. Se superi questa prima prova, non lasciarti, però, trascinare dall’euforia, quando l’operatore ti comunicherà la data dell’appuntamento non ci sarà nulla da festeggiare, casomai bisogna impegnare tutte le forze per resistere, anche anni, in attesa della visita.
Sulle liste di attesa per le prestazioni sanitarie le regioni, teoricamente, dovrebbero garantire assoluta trasparenza. La Fondazione Gimbe (che ha lo scopo di promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario) ha passato al setaccio i siti web di regioni e province autonome, valutando completezza e accessibilità delle informazioni messe a disposizione dei cittadini. Ovvero, numero di prestazioni monitorate, tempo di attesa medio o mediano, percentuale di rispetto dei tempi previsti per ciascuna classe di priorità e confronto tra le performance delle varie aziende.
Il quadro che viene fuori è decisamente sconfortante. Solo Puglia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e la provincia autonoma di Bolzano offrono ai cittadini informazioni complete e accessibili.
Abruzzo, Basilicata, Campania Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Sicilia non dispongono di un portale web regionale unico e rimandano ai siti delle singole Aziende sanitarie.
Inoltre, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento propongono dati aggiornati al 2023. La Sicilia “fa meglio”, i dati si riferiscono a gennaio 2022. In sostanza vengono proposti solo dati storici, che non permettono di valutare lo “stato dell’arte”.
Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche e Piemonte non indicano il tempo di attesa medio.
Il Molise, infine, è l’unica regione a non disporre di un portale web, ma solo di un’app per smartphone.
Ma anche rispetto all’accesso ai portali di prenotazione emergono significative differenze, in alcuni casi si può accedere senza autenticazione, in altri occorre essere muniti di spid, carta d’identità elettronica, tessera sanitaria o codice fiscale.
Secondo Nino Cartabellotta (presidente di Gimbe), intervistato da Lucia Tedesco (Wired): “La valutazione dei siti web delle regioni sul monitoraggio ex-ante dei tempi di attesa evidenzia una situazione molto variegata con rilevanti margini di miglioramento […] Su questo fronte, per numerose regioni la trasparenza è ancora un lontano miraggio. Eppure è fondamentale per permettere ai cittadini di comprendere appieno la gestione della sanità nella propria regione: dati chiari sui tempi di attesa, classi di priorità e confronti tra aziende sanitarie sono elementi essenziali per facilitare scelte consapevoli e rafforzare la fiducia nei servizi offerti”.
Una strada tutta in salita, dunque, per garantire a tutti i cittadini un accesso veloce e informato alle cure. In attesa che la trasparenza diventi la norma e non l’eccezione, resta il problema di tempi di attesa troppo lunghi che rischia di compromettere la salute dei pazienti e la stessa sostenibilità del sistema sanitario nazionale.
Aggiunge il presidente di Gimbe: “I tempi di attesa sono oggi il sintomo più grave ed evidente della crisi organizzativa e professionale del servizio sanitario nazionale […[ Questo crea pesanti disagi per i pazienti, peggiora gli esiti di salute e fa lievitare la spesa privata, che impoverisce le famiglie e può portare anche a rinunciare alle cure”.
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