Un nutrito gruppo di donne siciliane fortemente impegnate nell’ambito universitario, sindacale, giornalistico, associazionistico, nel maggio dello scorso anno ha organizzato al Dipartimento di Scienze politiche e Sociali dell’Università di Catania, un convegno di studi su “Maria Giudice: il suo tempo e la sua storia”.
L’obiettivo primario era dare “visibilità” ad un personaggio femminile vissuto tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, che – pur essendo dai contemporanei molto celebrata – è successivamente scomparsa dalla memoria collettiva per essere ritrovata come madre della scrittrice-attrice catanese Goliarda Sapienza.
E’ invece importante che le nuove generazioni conoscano il vissuto di questa donna “alternativa”, come la definisce Maria Lombardo, che purtroppo la storiografia italiana, ancora fortemente patriarcale (lo sottolinea Stefania Mazzone), ha trascurato fino ad oggi..
La sua storia – dice Laura Delli Colli – ci offre un vero e proprio testamento, un prezioso lascito genetico che ha trasformato la sua passione politica in una sorta di diario di viaggio per molte generazioni.
L’imput è stato offerto dal libro di MariaRosa Cutrufelli, “Maria Giudice” (ed. Perrone 2022), di cui Argo si è già occupato, e dall’anniversario della morte (1953/2023) di Maria.
Tutti i contributi presentati al convegno sono stati raccolti nel libro collettaneo “La città e le sue ombre: Maria Giudice in Sicilia” (Algra Editore), presentato qualche giorno fa presso la Catania Libri di via Etnea.
Ma perché questo titolo? A introdurre il discorso è Nella Condorelli, documentarista e regista, una delle fondatrici del collettivo “Donne (in)visibili”. che ha tenuto a precisare che il gruppo di lavoro, “trasversale per competenze”, ha colto un parallelismo tra “una invisibilità femminile che diventa inevitabilmente invisibilità della storia di una terra, la Sicilia, e di una città”.
Così si racconta di Catania dei primi anni del Novecento, la città dove Maria ha vissuto per circa vent’anni con il suo compagno Peppino Sapienza e dove è nata Goliarda, la città che vive una stagione di modernizzazione sia commerciale sia urbanistica, sia politica, sia culturale.
Franco La Magna descrive il clima inebriante di quella impareggiabile Catania dei primi anni del Novecento, la grande Catania della Belle Epoque, in cui si consuma “la stagione più esaltante della storia della città etnea: politica, cultura, scienza, tutto era posto sotto il segno della modernità” alimentando il mito della Milano del sud. Tra il 1913 e 1916 Catania, con le sue quattro case di produzione cinematografica (Etna film, Katana Film, Sicula Film, Jonio Film ) si fregia dell’attributo “Hollywood del Simeto”.
Così di Maria: una personalità poliedrica, spirito libertario, militante infaticabile, femminista intersezionale ante litteram, partigiana, antifascista, pasionaria della macchina da scrivere, interessata a lavorare per giornali scritti da donne per le donne, madre prolifica. Figli e politica sono per lei due esigenze irrinunciabili, due responsabilità che si contendono il suo cuore.
Giornalista e militante. Ne viene ricordato l’articolo firmato da Maria Giudice sull’Avanti del 17/10/1921, che racconta i funerali di Giovanni Orcel, sindacalista socialista rivoluzionario. Un omicidio di stampo politico mafioso, ricondotto alla sua azione tra i lavoratori del cantiere navale di Palermo. “Vivida è, nel linguaggio rotondo della dirigente adusa a scrivere su tanti giornali socialisti, la descrizione del senso di sgomento provato arrivando a Palermo da Catania”, commenta Franco Garufi.
E chi ha assistito alla presentazione ha potuto apprezzare ancora di più il forte pathos del testo attraverso la lettura del brano, affidata all’attrice Manuela Ventura.
Grazie alla vicenda di Maria, è possibile raccontare la storia del ‘900 finalmente attraverso una genealogia femminile, osserva Cutrufelli. Un libro di storia – prosegue – può raccontare la Storia solo con due occhi? No, bisogna avere uno sguardo doppio, quello degli uomini e delle donne!
E Maria Giudice è una donna non comune, che si è calata nella Storia con passione e generosità, per difendere e diffondere le idee socialiste, pur restando gelosa custode della propria indipendenza, Oltre agli autori citati, ce lo dicono, con i propri contributi a questo volume, anche Anna Di Salvo, Silvia Garambois, Giusi Milazzo, Stefania Rimini, Maria Rizzarelli, Giulia Squillaci.
E non è tutto. Il lavoro iniziato con il convegno di maggio non giunge a conclusione con questo volume perché, al Dipartimento di Scienze Politiche, si sta lavorando per dare vita ad un laboratorio di genere aperto a tutto l’Ateneo.
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