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Un’esperienza di educazione alla pace nella scuola

In una fase storica in cui la scuola apre le porte ai militari e al militarismo, che presuppongono come inevitabile la presenza del ‘nemico’, ci sembra interessante e molto attuale l’esperienza di educazione alla pace raccontata da Nino Bellia.

Anni or sono insegnavo a Pedara, alla Scuola Media ‘Casella’. Vigeva ancora il modello orario del Tempo Prolungato e, quindi, in qualità di docente di Lettere, le mie diciotto ore erano dedicate ad una sola classe. Lo spunto mi venne dalla Prima F.

Al suo interno, insieme alla consueta maggioranza di ragazzini di religione cristiana cattolica, anche un musulmano, un singalese di religione buddista, una testimone di Geova e un altro compagno di confessione cristiana evangelica. Come assicurare a tutti le opportunità formative garantite dalla Costituzione? Lo stesso insegnamento della Religione Cattolica poteva risultare discriminante.

Si pensi ai cosiddetti esercizi spirituali prima delle grandi feste cristiane, la celebrazione eucaristica in orario scolastico, il presepe in classe… A Pedara, come in qualsiasi parte d’Italia, pur di restare nel gruppo, anche i non cattolici partecipavano alla Messa e ad attività confessionali, né sempre erano previste ore alternative per coloro che non vi aderivano. Chi si assentava, anzi, rinunciando al sacrosanto diritto allo studio, doveva giustificare.

Nella convinzione che la scuola debba mantenersi laica ed equidistante, io e i mei ragazzi più volte affrontammo la questione. Cercavamo un punto d’incontro, una bandiera sotto cui darci appuntamento, una frontiera verso cui procedere. Dalle nostre assemblee emerse che la Pace – a casa, per strada, a scuola, a ogni latitudine…- è la meta comune per gli esseri umani. E condividevamo la visione di un Dio Padre di tutti, qualunque sia il Suo nome.

Fu così che immaginammo un movimento interno all’Istituto, che varcasse i confini delle discipline e delle aule. Ci sarebbe voluto anche un nome adatto per questa iniziativa, e ne scaturì “GREP, Gruppo Ragazzi Edificatori di Pace. La sigla piacque subito, perché rievocava la spensieratezza dei GREST estivi e, al tempo stesso, richiamava la suggestione della “greppia”, la mangiatoia del primo presepe vivente, di ispirazione francescana.

Allora decidemmo di esporre queste riflessioni e proponemmo al Dirigente e al Collegio dei Docenti di sostituire le attività di segno univoco, strettamente cattoliche, con altre destinate alla partecipazione generale. E devo riconoscere ai miei Colleghi, per prima la professoressa di Religione, una apertura mentale e una disponibilità inusuali, mai più da me riscontrate in altre scuole…

Negli anni seguenti il GREP assunse i connotati di un modello educativo avanzato, una concreta esperienza di avanguardia. Si costituì un duplice gruppo di lavoro: quello degli insegnanti – una sorta di Consiglio interdisciplinare – e quello dei ragazzi, cioè un’assemblea di rappresentanti inviati da tutte le classi. Ma in che modo sceglierli?

Ci apparve chiaro che i rappresentanti del GREP andassero eletti dagli stessi compagni. E che il criterio di scelta non fosse la bravura nel rendimento scolastico, ma ‘il talento di Pace‘, cioè la disponibilità al dialogo, alla riconciliazione, al bene di ognuno e di tutti. Gli alunni di provenienza geografica, di cultura e di religione diverse, considerati depositari e portatori di preziose identità, potevano entrare a far parte dell’assemblea del GREP, senza passare attraverso la nomina dei compagni (sempre che, ovviamente, lo desiderassero…).

Ancora, occorreva uno spazio ‘visibile’, una stanzetta in cui si potessero ricomporre situazioni di conflitto, malintesi, rivalità, un luogo in cui si potesse discutere e progettare soluzioni: il laboratorio della Pace. Alla “Casella”, di fronte alla presidenza, c’era una piccola aula inutilizzata, che faceva al caso. Davanti al Laboratorio della Pace, si decise di appendere una buca delle lettere (la posta del GREP) e di montare una bacheca aggiornata sui fatti di attualità più salienti.

Nella buca chiunque avrebbe potuto immettere messaggi, disegni, segnalare situazioni critiche, tensioni, ma anche esempi positivi, condotte virtuose dal punto di vista delle relazioni sociali. In quanto coordinatore del GREP, avevo l’opportunità, il compito e il privilegio di accedere alla posta. Trovavo di tutto: proposte di iniziative interessanti, casi da attenzionare, situazioni drammatiche, da neutralizzare e sventare.

Potrei citare non solo vicende di emarginazione e di esclusione, ma persino episodi di bullismo, di persecuzione tacita, poco evidente o ignorata dagli insegnanti. Grazie al dialogo, assunto come misura e stile dei rapporti, riuscivamo quasi sempre a risolvere. Altrettanto, i messaggi diretti al GREP ci permisero di scoprire e valorizzare la generosità discreta, la capacità di amicizia di alcuni studenti, la loro dedizione a compagni più fragili.

A poco a poco le aspettative di ragazzi, insegnanti, collaboratori e genitori si evolvevano in senso sociale e collettivo. Prendeva forma il sogno di un ambiente scolastico desiderato, un posto in cui recarsi con fiducia, e dove conoscere e incontrare persone amiche. Un luogo in cui nessuno si sentisse isolato o preso di mira. E in cui le peculiarità distintive – personali, fisiche, psicologiche, sociali, culturali, religiose- potessero diventare elementi di arricchimento reciproco

Dalla consultazione all’interno delle classi, i rappresentanti riportavano suggerimenti all’assemblea del GREP, e viceversa. Ne nacquero tornei di calcio e palla a volo sui generis, per favorire il senso dell’appartenenza, della lealtà e della correttezza, la partecipazione omogenea, qualunque fosse il grado di competenza ed efficacia specifiche, le pari opportunità (le squadre dovevano essere composte da ragazze e da ragazzi, in numero eguale), l’autoironia, un senso inedito del ruolo dei giocatori e dei leaders. Regolamenti ad hoc, riconoscimenti speciali e originali, spesso divertenti.

Memorabile un calcio di rigore determinante per la vittoria finale: il capitano rinuncia a batterlo e, contravvenendo a ogni logica utilitaristica e autoreferenziale, lo affida al più imbranato dei compagni… Goal! Quel goal accese un’esplosione di gioia pura, ma divenne anche una lezione e un esempio per la scuola intera.

Quanto ai momenti canonici – apertura dell’anno scolastico, Natale, Giornata della Memoria, Carnevale, Pasqua, festa di chiusura – si individuavano attività da cui nessuno avrebbe avuto motivo né desiderio di sottrarsi: incontri di riconciliazione per Natale (canzoni, testimonianze, scambio di scuse e dichiarazioni di perdono…), appuntamenti con testimoni della Storia, come alcuni superstiti della Shoà (…un avvocato catanese, che era stato prigioniero a Dachau, Madame Suzanne Kalits, una signora franco polacca sopravvissuta ai lager di Auschwitz e Bergen Belsen…), incontri con missionari, imam, responsabili di gruppi religiosi o di associazioni impegnate nell’accoglienza e nella cura dei disagiati, dei migranti, delle persone disabili.

Si organizzavano in modo sistematico dibattiti e cineforum destinati a tutte le classi e differenziati tra le Prime, le Seconde e le Terze. Prima delle vacanze pasquali il GREP impiantava mostre-mercato di prodotti forniti dal Commercio Equo e Solidale, interamente gestite dai ragazzi. Dal GREP scaturirono inoltre mini Marce della Pace su scala locale, e, altrettanto, adesioni dell’Istituto a manifestazioni nazionali, come l’annuale Perugia-Assisi. Nell’anno del Covid un cospicuo numero di insegnanti, alunni e genitori aveva già i biglietti pronti per Lampedusa…

Ecco, per sommi capi, l’esperienza del GREP. Doveroso da parte mia avvertire che un’iniziativa del genere presuppone ed esige un lavoro enorme, senza tregua, incessante da parte di chi ci crede e se ne fa carico. Indispensabili l’intesa sul piano ideale e la collaborazione concreta e creativa coi dirigenti e, soprattutto, con gli altri docenti: da loro dipendono le sinergie, la continuità di dialogo e di azione all’interno delle classi e delle singole discipline.

Negli anni del GREP, alla Casella di Pedara, sull’ingresso della sala utilizzata per le riunioni del Collegio, tutti furono d’accordo nell’apporre l’antica profezia: “Trasformeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci… Sarà ancora possibile?

Argo

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