Si avvicina il 31 luglio, termine ultimo fissato per l’approvazione del progetto esecutivo del Ponte sullo Stretto. Un termine che, tuttavia, lo stesso Consiglio dei Ministri ha deciso di eliminare dalla tabella di marcia, stabilendo – con il decreto Infrastrutture, approvato nella seduta del 24 giugno – che la progettazione esecutiva possa essere sviluppata per fasi costruttive.
Un percorso procedurale che non tranquillizza le comunità locali. Anzi aggiunge motivi di preoccupazione, facendo temere uno “spezzatino di ecomostri” che minaccia di cambiare per sempre la nostra terra, come scrive il circolo Pd di Villa San Giovanni.
O, come dicono i No Ponte Calabria, “spianando la strada a quella che è stata sempre la nostra paura: consentire l’apertura di cantieri infiniti, senza sapere se effettivamente il Ponte potrà mai essere costruito e, nello stesso tempo, consentire di pagare i privati, permettendogli di reclamare eventuali penali”.
Sui cantieri si appunta, quindi, l’attenzione della Stretto di Messina e di Eurolink, ma anche degli oppositori al progetto. E potrebbe essere questo il motivo per cui l’ultimo ‘decreto Sicurezza’ prevede pene particolarmente severe, non solo per chi si oppone fisicamente all’apertura di un cantiere, ma anche per chi semplicemente viene trovato in possesso di un volantino che ne auspica il blocco.
Il dibattito sulle problematiche tecniche, economiche, giuridiche, relative al Ponte, intanto non si placa. Nella seconda metà di maggio, alle Ciminiere, il convegno “Ponte sullo stretto di Messina, saperi a confronto”, organizzato da Zero Waste e coordinato da Zaira Dato, già ordinaria al Dicar dell’Università di Catania, ha permesso di ascoltare le voci di ingegneri, architetti, geologi, economisti, sociologi, avvocati, che si sono confrontati non sulla necessità di un ‘attraversamento stabile’ tra Sicilia e Calabria, ma sulla fattibilità di ‘questo’ progetto di ponte.
Il ponte sospeso con una campata unica di più di tre chilometri, una lunghezza fino ad ora mai realizzata, il ponte avveniristico, definito anche ‘ponte-sfida’, il “ponte più studiato al mondo”, ma non per questo – come ha detto Santi Rizzo (già ordinario di Costruzioni all’Università di Palermo) – un progetto sul quale si sia giunti a conclusioni condivise e definitive. “Siamo ancora alla fase ‘tentativo-errore’, non possiamo considerarci arrivati né, tanto meno, dire che poi vedremo”. Anche perché questo ponte – prosegue Rizzo – pone problemi strutturali mai affrontati in precedenza, in particolare relativi all’impalcato, ai cavi accoppiati, alle torri.
Questioni strutturali
L’impalcato sottile, pensato non per resistere al vento ma per assecondarlo con la sua forma aerodinamica, e progettato secondo le leggi della fluidodinamica e della aeroelasticità, è già problematico di per sé, ma è addirittura impensabile che possa essere attraversato dalla ferrovia, che – come ha poi ribadito anche Mario De Miranda, ingegnere stutturista specializzato in ponti – non è conciliabile con una struttura deformabile.
Concorda con loro Federico Mazzolani, strutturista emerito dell’Università Federico II di Napoli. Nella sua relazione, dal titolo “Il ponte sullo stretto ad una sola campata non è, allo stato attuale, realizzabile dal punto di vista tecnico”, si è soffermato proprio sul rapporto tra lunghezza e snellezza della struttura, mostrando slide molto significative e giungendo alla conclusione che la costruzione di questo ponte prevede una “impennata” che non ha precedenti nella storia delle costruzioni e “non è giustificata da sostanziali cambiamenti nella tecnologia costruttiva”.
Altro grosso tema quello dei cavi accopiati, sui quali Rizzo e De Miranda concordano. Mai adoperati fino ad oggi, pongono problemi sia nella fase costruttiva sia durante i controlli. “Immaginate un cavo di 3000 metri che (ndr: in fase di sollevamento e montaggio dei conci dell’impalcato) balla ad un metro da un altro cavo, senza la possibilità di un controllo preciso dei movimenti e delle vibrazioni” ha osservato De Miranda.
Sul problema cavi, per i quali sarebbero necessarie “prove di fatica”, che necessitano di macchinari di enormi dimensioni, finora mai costruiti, si è soffermato anche Antonino Risitano, docente di meccanica al Politecnico di Torino.
Anche sulle torri c’è convergenza tra i tecnici. Alte 400 metri, “una dimensione enorme rispetto al costruito circostante”, come ha osservato De Miranda, pongono problemi di resistenza al vento, senza però – nota Rizzo – che risultino effettuate delle prove per testare questa resistenza. E senza che venga specificata la tipologia degli smorzatori previsti, 16 per ciascuna torre, un numero molto alto, segno che l’entità del problema è riconosciuta anche dai progettisti.
A queste, e ad altre, domande dovrebbe rispondere il progetto esecutivo a cui continuamente la società rimanda ogni qual volta vengono formulate osservazioni sulla fattibilità dell’opera, come è avvenuto con le 68 raccondazioni del Comitato Tecnico Scientifico della società ‘Stretto di Messina’, le 239 integrazioni richieste dalla Commissione VIA del Ministero dellAmbiente, le 534 pagine di osservazioni presentate da associazioni e comitati, le perplessità della Protezione Civile siciliana e quelle dell’Ordine degli Ingegneri di Messina.
A parte l’assurdità – e anche su questo la convergenza è stata ampia – di rimandare la soluzioni dei problemi al progetto esecutivo, ormai sostituito da un percorso di “stralci funzionali”, neanche il progetto definitivo può dirsi tale.
Si tratta, in realtà del progetto del 2011, presentato come ‘aggiornato’ sebbene l’aggiornamento non ci sia stato, a cominciare dalla situazione geologica, come rilevato dagli esperti.
Questioni geologiche
Valerio Agnesi, ordinario di geologia all’Università di Palermo, nota come il progetto non tenga conto degli studi scientifici successivi al 2011, né quelli sugli spostamenti tettonici né quelli sulla sismicità, così come “non prende in considerazione la dinamica dei versanti”. Gli fa eco Mauro Corrao, presidente dell’Ordine dei geologi di Sicilia, il quale osserva che il progetto non tiene conto delle mappe di pericolosità, aggiornate negli ultimi anni.
Su rischio sismico e sulla presenza di faglie attive (una delle quali sembra aver generato il terremoto di Messina del 1908), d’altra parte, è la stessa Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente a chiedere approfondimenti alla società “Stretto di Messina”.
Agnesi si spinge fino a proporre di attendere, per il progetto definitivo del Ponte, la nuova carta geologica dell’ISPRA, già in corso di elaborazione, che sarà pronta tra 3-4 anni e costituisce una documento di Stato, di grandissimo valore scientifico e tecnico, del quale bisognerà necessariamente tenere conto. “L’ignoranza geologica – conclude – causa disastri, come è accaduto con la diga del Vajont, progettata in modo egregio ma su premesse geologicamente errate”.
Questioni economico-finanziarie
Ma la fattibilità del Ponte va verificata, oltre che dal punto di vista strutturale, anche da quello economico. E, secondo il parere di Francesco Russo, docente di ingegneria dei trasporti all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, proprio la questione economica avrebbe dovuto costituire il punto da cui ripartire dopo la caducazione del vecchio progetto, decisa dal governo Monti per ragioni economico-finanziarie.
Così non è stato. Al progetto del Ponte manca una seria valutazione costi-benefici, anche perché non c’è piena chiarezza sui costi e, per quanto riguarda i benefici, circolano dichiarazioni altisonanti, ma prive di pezze d’appoggio.
Il problema dei costi è uno dei più gravi, non solo per quanto sono lievitati ma soprattutto per la mancanza di chiarezza e trasparenza da parte del Ministero. Comportamenti che alimentano il sospetto di essere di fronte ad un progetto truffaldino. Basti pensare a quanto dichiarato da Rizzo sull’assenza del computo metrico estimativo, elaborato fondamentale dei documenti d’appalto, che dovrebbe essere pubblico. Come sono stati allora valutati i costi della realizzazione? Si chiede il professore.
Ma c’è di più. Russo evidenzia che i documenti relativi all’aspetto economico, pubblicati sul sito del Ministero, non sono materialmente leggibili, hanno lettere sovrapposte e caratteri indecifrabili. E che, sebbene questa illegibilità sia stata denunciata, la situazione è rimasta invariata. Un fatto scandaloso. Così come è scandalosa l’assenza del computo metrico. Entrambi elementi che fanno a pugni con la necessità di una valutazione economica prevista esplicitamente dallo stesso decreto Ponte.
Russo prosegue ponendo in particolare il problema dell’utilità del Ponte da un punto di vista trasportistico e riassumendo lo stato dei trasporti “prima e dopo il ponte”.
Questioni trasportistiche
Oggi il percorso Roma-Palermo dura 11 ore e 35 minuti, ragion per cui discutere di quanto tempo faccia risparmiare il Ponte risulta quasi ridicolo.
Esiste un progetto di Rete Ferroviaria Italiana, con Roma-Catania percorribile in 4 ore e 33 minuti. Ancora troppe, secondo Russo. Anche perché, sebbene sulla tratta Salerno-Reggio Calabria si introduca l’Alta Velocità, c’è un allungamento del percorso che passa da 400 a 445 km, con conseguente aumento di tempi e di costi. Non parliamo di bazzeccole ma di sette miliardi di spesa in più: “Bastava fare un linea pulita e c’erano i soldi per il ponte”, dice il professore.
Quanto alla Sicilia, di Alta Velocità non si parla proprio. Non c’è stata e non ci sarà. Russo si limita a citare i 200 km della Catania-Palermo percorribili in 2 ore, mentre la stessa distanza, da Napoli a Roma, è coperta in 55 minuti.
Eppure l’Alta Velocità non è per Russo un optional, anche perché lega il tema trasportistico a quello economico-finanziario. Essa è infatti capace di fa salire il PIL dell’1% annuo, tanto che in Spagna – ricorda – è stata introdotta, con buoni risultati, proprio nelle aree più arretrate.
Le regioni che ne hanno maggiormente bisogno, in Italia, sono quindi quelle del sud, dove attualmente manca del tutto, come si può vedere nella cartina allegata. E non prevederla in Sicilia significa rinunciare alla crescita economica dell’isola.
Tutti i professori Ordinari di Trasporti e di Costruzioni di Strade, Ferrovie e Aeroporti di tutte le Università di Sicilia e Calabria hanno presentato, al Ministero e alla Regione, un progetto con un tempo Roma-Catania di 3 ore e 40 minuti, che include l’alta velocità anche in Sicilia. Siamo sotto le quattro ore, il livello sotto il quale – afferma Russo – il treno è competitivo con l’areo, rispetto al quale è anche molto meno inquinante. Ma la proposta dei docenti è caduta nel vuoto.
Il tema è stato ripreso da Matteo Ignaccolo dell’Università di Catania, che ha ribadito come la mancanza dell’AV comporti non solo un PIL ridotto ma anche un depauperamento demografico e socio economico”, che penalizza soprattutto le aree interne dell’isola. Ha, inoltre, chiarito come la cosiddetta Alta Velocità di Rete (AVR), prevista per la Sicilia, non sia l’Alta Velocità, ma una linea ferroviaria normale (“di adduzione all’AV” che non c’è….) che consente al massimo una velocità di 180 km orari.
Un salto di qualità poteva essere compiuto nel momento in cui sono arrivati i fondi del PNRR che, tuttavia, sono stati destinati ad interventi già programmati e spesso anche già finanziati, liberando sì alcune risorse ma senza neanche provvedere alla modifica dei progetti.
D’altra parte, come ha ricordato Tommaso Castronovo presidente di Legambiente Sicilia, sono stati dirottati sul Ponte i finanziamenti per il trasporto rapido di massa, deprivando i cittadini del diritto alla mobità, uno dei diritti prioritari.
Sfregio alla bellezza e vulnus al diritto
Della zona dello Stretto come luogo di straordinaria bellezza paesaggistica, riconosciuta dall’Unesco, ricco di biodiversità e scrigno naturalistico del Mediterraneo con pecularità storiche e archeologiche, ha parlato il presidente di Italia Nostra Sicilia Leandro Janni.
Merita di essere approfondita in separata sede (e contiamo di farlo), la questione posta da Giampiero Trizzino, avvocato esperto di diritto dell’ambiente e membro del Comitato di Bioarchitelltura, sulla illegittimità della Valutazione di Impatto Ambientale. In violazione alle norme europee e alla legge italiana che ha recepito e reso obligatoria la convenzione di Arus, sarebbe stata necessaria una Valutazione ex novo, mentre – per accelerare la procedura – si è recuperato un procedimento già chiuso e, in deroga alle norme, lo si è presentato ‘blindato’ e con possibilità di esprimersi solo sulle integrazioni.
Un’ulteriore dimostrazione di arronganza, a cui ci sono da aggiungere le preoccupazioni espresse da Enzo Guarnera, avvocato penalista e presidente dell’associazione Antimafia e Legalità, non solo sugli interessi delle organizzazioni mafiose a mettere le mani sui fondi stanziati per la realizzazione dell’opera, ma anche sulle collusioni tra politica e mondo economico, favorite dalle nuove leggi sugli appalti che facilitano i subappalti a cascata e gli affidamenti diretti, difficilmente controllabili. Tanto che l’avvocato ha proposto l’istituzione di una specifica autorità di controllo per tutta la filiera.
Attraversamento dinamico
Ammesso che l’attraverso stabile sia necessario nel lungo periodo, il ponte – così come attualmente progettato – è al momento irrealizzabile. Qualcosa però si potrebbe fare da subito e in tempi rapidi. Ne hanno parlato i trasportisti, è la riorganizzazione e ottimizzazione dei servizi di traghettamento, con navi Ro-Ro che permettono di caricare e scaricare i treni in modo diretto e veloce. Oltre alla riorganizzazione del sistema portuale.
Un paio di anni fa anche il Ministero si era espresso a favore dell’acquisto di nuove navi e del miglioramento delle infrastrutture di supporto per complessivi 510 milioni di euro. Nel novembre 2023 Rete Ferroviaria Italiana ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea l’avviso d’interruzione della procedura di gara “per la costruzione di due traghetti a doppia alimentazione destinati al traghettamento attraverso lo Stretto Di Messina”.
Una interruzione decisa unilateralmente, senza alcuna motivazione, come ha ricordato nel suo intervento al dibattito Giuseppe Inturri, docente di Trasporti, UniCt. Una interruzione che fa sorgere il sospetto che non si voglia risolvere il problema dell’attraversamento dello Stretto, bensì sfruttarlo per drenare risorse da dividere con amici e amici degli amici
Un attraversamento dinamico veloce e sicuro dello Stretto, con una spesa irrisoria rispetto a quella prevista per il ponte, oggi non s’ha da fare. Così pensano Ciucci, la ‘Stretto di Messina’, Eurolink e tutti quelli che già sul progetto di ponte guadagnano a palate.
Per chi volesse ascoltare la registrazione, ecco il link al video delle prime due sessioni
Ed ecco il lnk alla terza sessione del convegno
Leggi anche Ponte sullo Stretto silenzi e bugie (prima parte) e Ponte sullo Stretto, silenzi e bugie (seconda parte)
A parte che il già detto nell’ art. sarebbe sufficiente per interrompere tutto ciò che ruota intorno al ponte e a fare aprire una inchiesta giudiziaria su chi, e perché, sta bruciando questa enorme quantità di denaro pubblico. Dico a parte questo le ultime elezioni sono state chiare su un punto: i siciliani non vogliono Il ponte.
La debacle della lega rispetto alle precedenti elezioni ne è un chiaro segnale.
I siciliani vogliono, vorrebbero, strade normali, trasporti funzionanti, l’acqua, la spazzatura non sparsa ovunque, una sanità più funzionale.
Etc etc etc…
Non quel ponte inutile e dannoso.
So tutto e di combatte contro una macchina del fango sostenuta qua a Messina da lla carta igienica cazzetta del sud e dal mezzo infame di disinformazione rtp
In primo luogo ringrazio la redazione e la direzione di ARGO per avermi menzionato: la fatica di 8 mesi di lavoro estenuante per riuscire a mettere su quella 2 giorni, i tentativi di ogni sorta, le risposte positive e poi il ritirarsi, la totale mancanza di mezzi, l’imbarazzo dell’università ad averci nelle proprie sedi e a concederci il patrocinio , nonostante gli stessi nostri universitari prestigiosi siano stati relatori ufficiali, il diniego di tutte le istituzioni pubbliche a dare il patrocinio anche solo gratuito sono le fatiche anche morali che hanno dovuto essere accettate e sostenute.
Mi complimento per la fedeltà e anche l’arricchimento del reportage..Qualche piccola inesattezza nelle credenziali di uno o due relatori, ma nulla che tolga valore a questo ricco e qualificato dossier
Non capisco il motivo per cui non si fa una denuncia.
Corriamo il rischio di avere un territorio devastato e poi, come sempre, abbandonato.
Cosa si può fare di concreto per impedire tutto ciò?