E’ di qualche giorno fa la nomina di un agronomo alla direzione del Parco archeologico di Morgantina e della Villa romana del Casale. Beh, direte voi, se non ci sono archeologi disponibili a ricoprire questo ruolo, ben venga un agronomo.
In realtà gli archeologi in grado di ricoprire questo ruolo sono già in servizio da diciotto anni nelle sezioni archeologiche delle Soprintendenze, nei Parchi e Musei archelogici. E, insieme agli archeologi, abbiamo anche storici dell’arte e archivisti. Parliamo di funzionari assunti nei ruoli direttivi del comparto regionale dei Beni Culturali dopo aver vinto un concorso per “dirigente tecnico dei beni culturali”.
Si tratta di personale preparato, che potrebbe benissimo svolgere elevate funzioni tecnico- scientifiche, come previsto dal Contratto collettivo regionale di lavoro (CCRL) e dalle leggi regionali e nazionali del settore.
Eppure, come abbiamo visto, si fanno scelte diverse, non soltanto nel caso del museo di Morgantina ma in molti altri. Abbiamo agronomi a dirigere il Parco di Selinunte e quello di Catania, una laureata in scienze politiche quello di Gela e un gran numero di architetti, da Segesta alle Eolie, da Siracusa ad Himera, e l’elenco potrebbe continuare.
Al di là delle serietà e preparazione di queste persone, che non tocca a noi valutare, si tratta di personale che non ha mai fatto un concorso per i ruoli tecnici dei beni culturali ed è entrato in vari modi nei ruoli degli assessorati (ad esempio gli agronomi in quelli dell’assessorato all’agricoltura, gli architetti con incarichi semestrali presso il Genio Civile per smaltire le pratiche della sanatoria edilizia del 1985).
Eppure i requisiti professionali e le funzioni del ruolo tecnico dei beni culturali sono normati da una legge regionale del 1980 (n.116), oltre che dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 9 bis) e dallo stesso Codice degli appalti (art. 42, su archeologia preventiva).
Da anni questa normativa non viene rispettata e rischia di non essere rispettata nell’immedito futuro.
Ecco perché si sono messe in movimento una serie di associazioni, la Confederazione Italiana Archeologi, Italia Nostra, Memoria e Futuro, l’associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Emergenza Cultura che, nell’estate-autunno del 2023, mentre all’ARS di discutevano alcuni disegni di legge relativi ai beni culturali, che – a loro giudizio – presentavano gravi aspetti di incostituzionalità, si sono rivolti con una lettera aperta al Ministro Sangiuliano, al Presidente della Regione e ad altre autorità nazionali e regionali.
Oltre a segnalare la pericolosità di norme come il silenzio-assenzo e l’affidamento degli incarichi di direzione dei Musei e Parchi archeologici a dirigenti esterni “sulla base di non precisate esperienze e titoli”, esprimono preoccupazione sulle modalità di assegnazione della gestione dei luoghi della cultura. Nel Ddl in discussione si prevede, infatti, che la gestione venga assegnata non a strutture organizzative interne, “dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e provviste di idoneo personale tecnico”, ma ad Associazioni e Fondazioni “in forma diretta”, laddove la legge prevede solo l’affidamento in forma indiretta e disciplinato da precise norme.
Ancora più esplicita la denuncia fatta dalle stesse associazioni in un Comunicato Stampa in cui si esprimono timori sull’intenzione del legislatore di bandire concorsi per dirigenti esterni in cui la scelta dei direttori-manager verrebbe fatta non sulla base delle necessarie competenze ma in base a non ben precisate “esperienze di promozione turistica” e alla presentazione di un “piano strategico di gestione”.
Ma c’è una domanda ancora più radicale: a che pro queste nuove leggi? Le buone leggi non mancano e, per restituire efficienza e buon andamento all’amministrazione regionale dei beni culturali, sarebbe sufficiente applicare la normativa regionale (LL.RR. nn. 80/1977 e 116/1980 e s.m.i.) e nazionale già esistente.
Altro tema scottante è quello della valanga di soldi che sta arrivando dai fondi europei e di chi dovrà gestirli.
Già nei lontani anni Sessanta, – denunciando la cattiva gestione dei fondi della Cassa del Mezzogiorno, riversati su progetti poco qualificati – il grande archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli aveva amaramente osservato come “le Soprintendenze siciliane fossero nelle mani di potenti geometri che conducevano gli scavi archeologici e dettavano legge negli interventi sul patrimonio culturale conservato nell’Isola”.
Con una ulteriore lettera aperta che trovate a questo link, la Confederazione Italiana Archeologi, Italia Nostra, Memoria e Futuro, l’associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Emergenza Cultura, Icom Italia, richiamano l’attenzione sul problema della gestione dei fondi europei, del PNRR e non solo, che saranno gestiti da geometri e agronomi, tenendo lontano archeologi e storici dell’arte la cui competenza viene, evidentemente, considerata non una risorsa ma un ostacolo.
Prendiamo il caso del decreto (n. 2314, giugno 2022) del dirigente generale dei Beni culturali ed identità siciliana, che istituisce 34 posizioni organizzative, per supportare i dirigenti nella “gestione degli adempimenti amministrativo-tecnico-contabili”.
Per i non addetti ai lavori, chiariamo che le “posizioni organizzative” (PO) sono ruoli di grande responsabilità che richiedono alta professionalità e competenze specialistiche, tanto è vero che – per chi le svolge – sono previste particolari indennità. Eppure, nel caso del decreto 2314, le funzioni loro assegnate non sono di alto livello, trattandosi di funzioni già previste tra le mansioni dei funzionari ‘istruttori’, per le quali riceverebbero adesso indennità accessorie.
Come scrivono i firmatari dell’appello, e come abbiamo già detto, “Il paradosso, tutto siciliano, è che la maggioranza dei dirigenti del ruolo unico e dei funzionari geometri assegnati alle strutture dei beni culturali non hanno mai fatto un concorso per i beni culturali”.
Dopo anni di anomalia, il recente decreto poteva essere l’occasione per voltare pagina e iniziare ad affidare le responsabilità dei procedimenti di tutela dei beni culturali a chi ne ha la titolarità per legge. Si è deciso invece di continuare ad ignorare le elevate professionalità esistenti nei ruoli regionali dei Beni culturali, con la conseguenza di mettere a rischio il sistema regionale di tutela.
L’appello si chiude con la richiesta di assegnare le unità operative ai funzionari direttivi specialisti, archeologi, archivisti, naturalisti e storici dell’arte, come avviene regolarmente nel Ministero. Nonché di ritirare, in autotutela, il decreto 2314, in quanto “inutile e dannoso per le casse regionali”, ed anche il decreto 9/2022 con cui “il precedente Governo regionale, contra legem, ha soppresso le sezioni tecnico-scientifiche nelle Soprintendenze, Gallerie d’Arte, Musei e Parchi archeologici siciliani”.
Su un precedente tentativo, non riuscito, leggi
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È il mondo al contrario… questo si.
Molti Italiani sono affascinati con la Russi perché in ambe due paesi esiste un ignoranza intenzionale della legge. I politici passano anni per inventare le leggi che nessuno applica in affari cotidiani. Lo stato è il primo per dare un cattivo esempio. Si fa la russificazione della vita pubblica senza rendersene conto.
Cosa c’è da dire ….schifo e sconcerto
Il mondo della politica e del nepotismo siciliano che prende sempre più piede ed entra a gamba tesa nel mondo della cultura e dei beni culturali che sono per il nostro paese e per la nostra regione in particolare un fiore all'occhiello.