Migranti, le conseguenze nefaste dell’accordo con la Tunisia

Qualcuno ricorda ancora la lotta che il governo Meloni avrebbe dovuto scatenare contro gli scafisti in tutto il globo terracqueo? Sull’emigrazione solo chiacchiere e odio, e soprattutto lunghi periodi di silenzio, per far sembrare che le cose migliorino.

Guardiamo ai numeri. Dopo una forte crescita degli sbarchi nel 2023, solo nei primi mesi del 2024 si è registrato un calo, ma è già in corso una inversione di rotta. E non dimentichiamo che gli sbarchi rappresentano solo una minima parte degli arrivi.

Nel frattempo il governo Meloni porta avanti i propri progetti, non sempre con successo.

Il protocollo Italia/Albania, al di là dei vergognosi contenuti, è rinviato a tempo indeterminato. Cassazione e Corte di Giustizia UE stanno esaminando le cosiddette procedure accelerate in frontiera, quelle bocciate da molti giudici italiani, nonostante gli alti lai del governo.

All’interno dei CPR (centri di detenzione) emergono sempre più episodi che fanno a pugni con la civiltà giuridica. Rimane drammatico quanto accade durante i tentativi di fuga via mare: il diritto al salvataggio e allo sbarco in un porto sicuro è ostacolato con sempre maggior brutalità, sino al punto di sparare sulle navi delle ONG che operano nel Mediterraneo. Navi, peraltro, che i tanti processi cui sono state sottoposte hanno riconosciuto non essere né “taxi del mare”, né tantomeno in combutta con i trafficanti di uomini.

C’è, tuttavia, uno dei “cavalli di battaglia” del governo Meloni che sembra essere in buona salute: gli accordi con la Tunisia dell’autocrate Saied. Come scrive Fulvio Vassallo Paleologo (ADIF): “La Tunisia ha approvato una nuova legge che mira ad aumentare le intercettazioni in alto mare”, ovviamente in collaborazione con le forze di polizia italiane e maltesi.

Nel frattempo nel paese proseguono gli arresti di giornalisti, avvocati e attivisti che denunciano queste politiche di morte. E’ la risposta del governo, come dice Vassallo Paleologo, alla “forte opposizione che la società civile tunisina ha esercitato dopo le leggi liberticide ed i proclami di odio razziale lanciati da Saied”.

Una volta esautorato il Parlamento, Saied utilizza i timori di una “sostituzione etnica” da parte dei migranti presenti in Tunisia, per aizzare il suo elettorato. Si tratta di persone o gruppi di provenienza subsahariana, alcuni in transito attraverso la Tunisia, altri (anche interi gruppi familiari) ormai residenti da tempo nel paese ma rimasti senza uno status legale di soggiorno.

Nei loro confronti non vengono applicate le regole della Convenzione di Ginevra e non c’è alcun obbligo di ricerca e soccorso in mare. Molti di loro vengono anzi portati nel deserto e lì lasciati morire senza acqua né cibo. Anche volendo, non possono ritornare, per esempio in Libia, data la chiusura dei valichi di frontiera, in mano alle milizie locali che sui migranti esercitano violenza e fanno affari d’oro.

Episodi e situazioni che – ricorda Vassallo – destano tiepide preoccupazioni da parte dell’Europa e vengono taciuti dal nostro governo e dai media. “Si nasconde che gli avvocati possano finire sotto tortura per aver difeso i diritti umani della popolazione migrante e che altri vengano sottoposti ad arresti arbitrari per aver espresso sui social una qualsiasi opinione critica verso Saied”.

I progetti politici del governo italiano, d’altra parte, non sono neanche originali, appaiono coerenti alla tragica idea portata avanti dal premier britannico Sunak, che vuole deportare in Ruanda i migranti irregolari presenti nel paese.

La società tunisina, in preda ad una grave crisi economica, sta sperimentando anche una ‘feroce spaccatura’ tra coloro che, preoccupati dell’aumento incontrollato della presenza di immigrati irregolari, sostengono Saied e coloro che cercano di sottrasi alla narrazione imposta dal regime, la cui involuzione autoritaria è di fatto rafforzata dagli accordi con Meloni.

Aggiunge Vassallo che tutto ciò: “non potrà che aggravare anche la condizione dei giovani tunisini, che sempre più spesso sono costretti a migrare per la mancanza di prospettive di vita nel loro paese. Chi oggi in Italia si compiace per il calo degli ‘sbarchi’, tra qualche mese potrebbe essere costretto a rivedere le sue stime”.

Infatti, la pseudo-democrazia di Saied, che tanti elogi riceve dall’Italia, farà crescere la destabilizzazione del Mediterraneo, come è già avvenuto in Libia. Sottolinea Vassallo: “il governo “amico”, alleato per le politiche di blocco dei migranti, in cambio di una manciata di aiuti economici, si ritroverà nella incapacità di governare la crisi interna, ed anche regionale, non solo migratoria, ma su scala più ampia, di portata economica e militare. Dallo scontro sociale interno innescato da Saied contro i migranti si potrebbe passare ad un conflitto interno”.

Quello che sta accadendo in Tunisia riguarda tutti noi. Non stiamo solo tradendo la nostra tradizione democratica, dobbiamo essere consapevoli che, senza democrazia e diritti umani, il pericolo della guerra sarà costante e i processi migratori non potranno che aumentare.

Argo

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