Cosa pensano Isaia Sales e Alfio Mannino dell’autonomia differenziata o secessione delle regioni più ricche? E questo l’interrogativo proposto da Antonio Fisichella di Memoria e Futuro ai due relatori, nell‘intervista trasmessa sulla pagina Facebook dell’associazione.
“Ne penso tutto il male possibile “ dice lo storico, docente di Storia delle mafie all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E definisce addirittura suicidaria questa voglia di ritornare al ‘particulare’ che prende il sopravvento sull’istanza generosa del generale. E’ l’eterno ritorno di vichiana memoria, un tornare indietro alla frammentazione e ai particolarismi in un momento in cui l’Europa si aggrega attorno a due o tre grandi nazioni.
Noi, invece, torniamo ad essere l’Italia dei piccoli comuni, delle Regioni, degli Stati. Tutto ciò avviene oggi nel momento in cui al governo c’è una forza politica che nel 2014 presentò una legge per l’abolizione delle Regioni e la segretaria di un partito con una tradizione anti regionalista.
Sales ricorda che nel 1970 Giorgio Almirante segretario del MSI fece una accesa campagna contro l’istituzione delle Regioni, fino a sfiorare il boicottaggio in Parlamento. E ancora, nel referendum del 2017 sull’autonomia differenziata in Lombardia, FdI votò contro.
Stranamente si verifica un ritorno indietro da stato-nazione a piccole patrie in un momento in cui c’è al governo la forza più patriottica: vince il sovranismo regionale.
Ma la suggestione del particolarismo regionale ha riguardato anche la sinistra, infatti delle tre regioni che chiedono l’autonomia differenziata due sono a guida della Lega e una è a guida del Pd. Nel 2018 Gentiloni fece firmare le preintese tra le regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, e Conte – alleato con la Lega – si disse favorevole alla riforma dell’autonomia differenziata.
La storia ci ricorda un’altra Italia, quella del 1971, quando furono approvati gli statuti delle principali regioni. Lo statuto della regione Emilia Romagna prevedeva come priorità della politica regionale lo sviluppo del sud, ma la stessa cosa prevedevano gli statuti di Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana.
Come mai, dice Sales, si è consumato il regionalismo solidale e si è approdati ad un regionalismo appropriativo? chi ha più soldi si appropria di più potere e più servizi. Sales invita a riflettere su questo cambiamento di scenario nella storia d’Italia. Purtroppo prevale nella politica italiana l’idea di un “negozio permanente” tra l’adesione della destra all’autonomia e l’approvazione del premierato da parte della Lega.
Ma chi vuole questa secessione? Lo storico fa un confronto con la Catalogna, regione che aveva chiesto nel 2010 maggiore autonomia, scatenando una forte reazione del governo centrale. Ma all’epoca c’era un forte sostegno di massa dietro quelle richieste.
Invece qui in Italia abbiamo una secessione fredda. Le tre regioni che chiedono l’autonomia contano 20 milioni di abitanti su 60 milioni, un terzo della popolazione. Sono le regioni che durante la pandemia non hanno dato prova di saper gestire la sanità e che, nonostante l’insuccesso, vengono premiate. Siamo ad una trasformazione radicale del nostro essere nazione senza che tutto ciò nasca da un’azione di massa, da un sentimento popolare, da un sostegno sindacale, culturale, imprenditoriale, del mondo finanziario.
Noi non siamo uno Stato federale, ma ci avviamo ad esserlo senza aver cambiato la Costituzione. Anzi, la discussione sull’autonomia differenziata è sottratta ad ogni possibile confronto e tutto si sposta sulla concertazione tra Regioni e Stato, svuotando così la funzione del Parlamento.
Stiamo distruggendo il paese, commenta Sales, l’egoismo territoriale non giova nè al sud nè al nord. E ricorda lo sviluppo economico dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale, con gli investimenti nella parte più debole del paese, l’emigrazione di massa, lo spostamento dalle campagne alla città, le rimesse degli emigrati che hanno consentito al paese quel successo. Sarebbe utile ricordare l’apologo di Menenio Agrippa!
Quando una nazione smette di credere in se stessa provoca un danno anche per l’economia delle parti più sviluppate. La Germania, dopo la caduta del muro di Berlino, al momento della ricongiunzione, ha speso – nel corso di 20 anni – 5 volte di più di quanto abbia speso l’Italia nel Mezzogiorno.
Solo un’Italia unita può competere con le altre nazioni europee. Come può da sola la Lombardia che conta 10 milioni di abitanti competere con la Germania che ne ha 83 milioni?- conclude Sales.
Di politica schizofrenica di questa maggioranza parla il sindacalista Alfio Mannino, segretario regionale della GIL, fortemente preoccupato per i tagli che penalizzano il sud e per la doppia faccia di tale politica: da un lato sostiene l’idea dell’autonomia differenziata e dall’altro, per quanto riguarda la gestione dei fondi di sviluppo e coesione, ha concentrato la gestione delle risorse sulla presidenza del consiglio.
A tal proposito è stata introdotta la procedura della sottoscrizione dell’accordo di programma sull’utilizzo dei fondi di sviluppo e coesione tra governo e singole regioni. Dunque un accentramento delle risorse economiche nelle mani della presidenza in modo da alimentare il consenso alla politica del governo.
Dentro questo scenario si pongono altri due problemi: uno di natura istituzionale, l’altro di natura economica. Conferendo alle Regioni la libertà di legiferare su 23 materie si creeranno 21 staterelli e, soprattutto su alcune materie sensibili come l’istruzione, l’autonomia didattica andrebbe a destrutturare il pilastro su cui è stata costruita l’identità culturale, politica e valoriale del paese. Quanto all’economia, la Ragioneria di Stato, non la CGL, ha calcolato che sulla base delle competenze richieste dalle tre regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, queste Regioni avrebbero bisogno di ben 18 miliardi di euro in più. Eppure, secondo Calderoli, questo progetto deve avvenire a costo invariato per lo Stato!
Cosa fare ? Entrambi i relatori ritengono necessaria una grande mobilitazione permanente di massa che, secondo il sindacalista dovrà partire proprio dalla Sicilia e dal sud d’Italia. Il 25 maggio si svolgerà a Napoli una grande manifestazione organizzata dalla CGL insieme a tante altre associazioni da Libera alle Acli all’Arci etc.. Inoltre l’ufficio legale del sindacato sta valutando la possibilità di un referendum.
Occorre soprattutto, conclude Mannino, proporre un nuovo progetto di società che coinvolga le masse e parli alle ambizioni dei giovani. Un progetto di società su cui – a noi – non sembra, tuttavia, che si stia attivamente lavorando. Con il rischio che resti nel mondo delle buone intenzioni.
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