Sul Ponte di Messina si vuole procedere a tamburo battente, gli annunci si susseguono, le date sono sempre più ravvicinate: approvazione dell’aggiornamento del progetto definitivo, invio degli elaborati ai ministeri, dichiarazione di pubblica utilità, avvio del procedimento che porterà agli espropri, apertura di uno sportello per fornire informazioni agli espropriandi, una prossima conferenza dei servizi e via discorrendo.
Sì, tamburo battente è l’espressione giusta, si vuole fare rumore e dimostrare con continui annunci che ci si sta muovendo velocemente verso la realizzazione dell’opera. Velocemente soprattutto nella comunicazione, perché la vera data importante che si approssima è quella del 9 giugno, quando ci saranno le elezioni europee alle quali Salvini, con un consenso elettorale in caduta libera, intende arrivare stringendo saldamente in mano questo bottino: si sta passando ai fatti, il Ponte si sta realizzando.
Le scadenze su cui si insiste fanno dimenticare tutto quello che ancora manca, a partire dal progetto esecutivo che ancora non c’è per arrivare ai dubbi irrisolti sul piano tecnico (resistenza dei materiali, protezione dalla corrosione, possibilità di sostituzione dei cavi, ….), sul piano economico (costi sproporzionati ai benefici, visto il numero decrescente del numero dei veicoli che transitano sullo stretto, investitori privati che non si trovano perché manca la convenienza a finanziare un’opera che non offrirà ritorno economico), sul piano ambientale (basti pensare al problema della necessaria valutazione di impatto ambientale con una commissione Via Vas in scadenza).
Agli interrogativi ancora aperti (e taciuti) si oppongono roboanti promesse, sui posti di lavoro (ma già passati dai 120 mila ai cinquemila), sul rilancio dello sviluppo per il Sud e via discorrendo.
Pur di ‘vendere’ agli elettori la realizzazione ormai prossima dell’opera si inizia a devastare il territorio. Non dimentichiamo infatti che il Ponte non verrà graziosamente appoggiato sulle due sponde dello stretto. Sono necessari sbancamenti colossali per le fondazioni dei piloni e per la costruzione di 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari, molti dei quali in galleria, ma anche per le cave e per i cantieri. Con la conseguente cancellazione di una ampia porzione della città di Messina.
Tutto il territorio verrà sconvolto, molto più di quanto accada per le altre opere pubbliche, anche perché siamo in presenza di un territorio fragile dal punto di vista geologico e fortemente urbanizzato, che subirà quindi un impatto enorme.
Ma né al Ministro né alla Eurolink la cosa sembra che importi, proiettati come sono l’uno al consenso elettorale, l’altro a non fermare il meccanismo che – rimesso in moto da questo Governo – sta permettendo ai dirigenti della società di ingoiare fiumi di denaro.
La mancanza di trasparenza è gravissima. Sull’uso dei fondi in un question time alla Camera, il ministro Salvini ha risposto al verde Bonelli che la trasparenza è dovuta solo per le scelte strategiche. Come se, per il resto, non fosse obbligato a rispondere dell’uso dei soldi degli Italiani.
Ancora più grave il lungo silenzio sugli espropri di case, terreni, stabilimenti produttivi. Solo da pochi giorni la Società Stretto di Messina ha reso pubblico l’elenco degli espropriandi e le tavole relative alle particelle di esproprio.
Assurdo che alcuni residenti abbiano scoperto solo così che il condominio in cui risiedono è soggetto ad esproprio e che solo adesso sia chiaro a tutti che gli espropri riguardano non solo le aree di Torre Faro o Ganzirri, ma anche zone molto più lontane dai luoghi in cui sorgerà la struttura come l’Annunziata o Contesse, dove è prevista l’area di cantiere più grande dopo quella di Torre Faro.
Sulle tavole sono segnalate anche le zone di ‘asservimento’, quelle non soggette ad esproprio ma utilizzate a servizio dei cantieri e che i proprietari dovranno comunque lasciare per anni.
Lunedì 8 aprile la Stretto di Messina aprirà anche un punto informazioni al Palacultura, un auditorium di Messina, per chiarire i dubbi degli abitanti, che si ritrovano davanti a decisioni imposte dall’alto, senza una discussione previa e senza la possibilità di proporre e studiare alternative.
A partire da questa data i residenti interessati avranno 60 giorni per studiare i documenti e presentare eventuali osservazioni. Saremo già alla vigilia delle elezioni europee e Salvini si presenterà come il grande artefice dell’opera ormai prossima. Un grande bluff che nasconde gli ulteriori, numerosi passaggi necessari, di cui si tace.
Nel frattempo, la resistenza degli espropriandi si annuncia dura. Circolano da giorni le dichiarazioni di chi non intende andarsene, a nessun costo. Lasciare la propria casa? e per cosa? Per un’opera inutile? Per i pendolari tra le due sponde, infatti, attraversare il ponte significherebbe solo allungare i tempi. “Se, ad esempio, io volessi prendere il ponte da Torre Faro dove sono, avrei il ponte sulla testa, ma dovrei fare chilometri e chilometri per salire sulla strada del ponte. Faccio il ponte e sbarco a decine di chilometri da Reggio. Quindi per andare in Calabria io devo fare più di 30 km. Il pendolare prende chiaramente il traghetto, certo non il ponte.”
Il costituzionalista Antonio Saitta, esperto di diritto amministrativo e avvocato di alcuni abitanti soggetti ad esproprio parla di dramma sociale, di “migliaia di cittadini che da decenni vivono nell’incertezza e che vedono nuovamente materializzarsi un incubo”
Si aprirà comunque una fase di contenziosi infiniti. Se il cittadino – dice Saitta – accetterà l’offerta per l’esproprio, i tempi dell’indennizzo saranno brevi. Chi non si metterà d’accordo, sarà costretto a lasciare comunque casa e terreno per poi impugnare il decreto di appropriazione di fronte al Tar, con tempi molto lunghi. E non è detto che all’atto delle espropriazioni i cittadini non incontrino resistenze per far valere i propri legittimi interessi, come è accaduto a chi, al momento della reiterazione dei vincoli, ha chiesto gli venisse liquidato un indennizzo, come prevede la legge. E si è sentito rispondere picche.
Gli espropriandi non saranno comunque lasciati soli. In vista della pubblicazione dell’avviso d’esproprio, il Comitato Noponte Capo Peloro aveva già individuato – nell’assemblea del 16 Marzo scorso – un percorso da seguire insieme ai cittadini interessati.
Da lunedì 8 aprile alle ore 15, davanti al Palacultura, ci sarà anche il Comitato Noponte Capo Peloro “per fare controinformazione, supportare i cittadini e le cittadine che si rivolgeranno agli sportelli della Società e contrastare l’ennesimo inganno a danno del territorio. Sarà l’occasione per coordinare la futura offensiva legale con la quale intendiamo sommergere di ricorsi la Stretto di Messina e denunciare ogni violazione di legge”, come leggiamo nel Comunicato dell’associazione.
E la prima violazione è quella ad opera dello stesso Ministero, che non ha ottemperato a quanto stabilito dalla legge n.58/2023, la quale prevedeva – all’art.3 bis – “che entro il mese di giugno 2023 doveva essere adottato un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che prevedesse, riguardo alle procedure espropriative, un cassetto virtuale ed un fascicolo virtuale per favorire l’accesso agli atti degli interessati e garantire pubblicità e trasparenza delle procedure. Ebbene di tutto questo non c’è traccia, aggiungendo l’ennesima violazione della stessa legge che loro si sono dati”, scrivono i No Ponte.
E concludono “Basta con le comunicazioni ingannevoli, fuorvianti e non trasparenti sul progetto Ponte, basta con le violazioni della Costituzione e della normativa vigente, lo Stretto non si tocca e lo difenderemo con la lotta”.
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Mio figlio è un espropriando e non intende lasciare la sua villetta dove vivo anch'io neanche se gli dessero dieci milioni di euro....a noi non interessano i soldi noi amiamo la nostra casa,la nostra città il nostro meraviglioso stretto.....
Dalla primavera dello scorso anno Zero Waste Sicilia mi ha proposto di farmi carico di organizzare una giornata "dialogica" sul tema PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. Certezza declamata di sostegno economico, al dunque nessun sostegno certo: molti "no, non possiamo esporci", le Università, in gran numero di accademici in ruolo e in quiescenza, ci stanno, ma la nostra università non vuole né metterci il logo, né che l'evento si svolga in una delle proprie sedi. Però i suoi docenti parteciperebbero. "Il tema" dicono " è divisivo".
Paradossalmente ci sta il Sindaco: la sede ce la dà lui. Il mio non essere presidente di nulla, essermi accontentata, riconosciuta militante di base di qualunque gruppo o partito o associazione dei quali sia o sia stata membro non mi dà parola. Nella prossima vita inventerò una fondazione o un partito o un'associazione solo per potermi manifestare. Ora alcuni cari compagni, amici, presidenti e vicepresidenti di qualcosa mi hanno chiamato come Zaira Dato. Ci sto lavorando; loro collaborano; loro ci e mi credono. Ma lo stallo è in agguato di continuo. La novità più divertente è che i 68 punti da chiarire nel "dopo" stanno facendo sì che i vati del PONTE SI' (apposta abbiamo progettato che in questo evento ce ne fossero del SI' al PONTE e del NO al PONTE, qualificati a confronto e in scontro) vanno declinando l'invito e ritirano l'adesione che era stata esplicita. Alcuni del "No al ponte" lo scrivono su Micromega (tanto è di nicchia e non lo legge quasi nessuno che possa discriminarli quale prestigioso NI'), ma non trovano una data che vada loro a genio. Vi faremo sapere se ce l'avremo fatta. Saremo lieti se accorrerete accompagnati da tanti dubbiosi: non vogliamo dare risposte, vogliamo solo stimolare la pratica del pensare piuttosto che quella dello schierarsi o del dileguarsi qualunquisticamente. "Libertà è partecipazione.". Ma partecipazione è informazione. Abbiamo voluto aggiungere un evento dei No e dei Sì a confronto sfatando ( ma ormai cosa si sfata se tutti stanno guardando al voto?) i binomi Destra= SI' al Ponte; Sinistra= No al Ponte. Infatti , fino a qualche anno addietro il discrimine non era questo.