Anche quest’anno le malinconiche stradine del San Berillo Vecchio hanno fatto da sfondo alla ormai tradizionale Via Crucis organizzata dalla parrocchia del Crocifisso della Buona Morte.
Sono le strade dell’ultimo brandello dello storico quartiere sfuggito a quell’improvvida e mai compiuta operazione urbanistica che ambiva ad essere il fiore all’occhiello della ‘raggiante’ Catania degli anni Sessanta e che invece si è inesorabilmente trasformata nella triste e infelice metafora di questa città, incapace di prendere in mano il suo destino e darsi un coerente assetto urbanistico che non obbedisca solo alle logiche della speculazione edilizia.
Un quartiere urbanisticamente sventrato ma soprattutto socialmente sfigurato e privo di identità, rimasto com’è a metà fra l’arrogante quinta di palazzi moderni di quell’aborto di ‘city’ che è corso Sicilia e lo scempio di corso Martiri della libertà. Al contorno, frammenti di quartieri popolari mai organicamente ripensati e recuperati come tali.
La Via Crucis di quest’anno, grazie allo sforzo organizzativo di Nino Bellia e dei suoi collaboratori, ha provato a costruire un’immagine del quartiere assai diversa da quella cadente e decadente delle sue case diroccate.
A commentare le 14 stazioni della Via dolorosa si sono infatti alternati rappresentanti delle molteplici realtà associative presenti e attive all’interno del suo territorio, a partire da quelli delle due parrocchie, il Crocifisso della Buona Morte a cui da qualche anno è associata, per volere dell’arcivescovo Luigi Renna, l’altra parrocchia del quartiere, S. Maria degli Ammalati di piazza Bovio. Entrambe protagoniste del primo esperimento di ‘unità pastorale’, cioè un insieme di parrocchie vicine tra loro, non necessariamente provenienti da storie simili ma guidate da un unico parroco moderatore.
Tra le altre presenze, quella degli esponenti dell’Osservatorio urbano e Laboratorio politico per Catania, anche questo formato a sua volta da una rete di persone e associazioni che stanno tentando di sottrarre il vecchio quartiere al destino immaginato dai grandi speculatori locali, un’enclave finto-popolare, ma in realtà radical chic, fatta di B&B e ristorantini pseudo-tradizionali. Presenti anche le suore di Madre Teresa e della Divina Provvidenza, i volontari del Centro Astalli e quelli dei Cavalieri della Mercede che si prodigano, in modi diversi, per alleviare le condizioni di vita di tanti immigrati più o meno regolari.
Va sottolineata anche l’attiva presenza dell’imam della Moschea della Misericordia, Kheit Abdelhafid, che si è preso in carico il commento di ben due stazioni.
Ricche e articolate sono state le meditazioni lette a commento delle singole stazioni, ma tutte hanno ruotato intorno a due temi fondamentali, il primo dei quali è la morte in croce di Gesù come compimento del mistero dell’incarnazione, intesa come condivisione totale della condizione umana, riscattata però dalla luce della sua resurrezione.
La figura del Cireneo è stata letta come metafora di quanti sono costretti, loro malgrado e quasi sempre a causa della violenza dell’uomo sull’uomo, a portare la croce assieme a Gesù: le donne cadute nella rete della tratta o vittime di femminicidio; bambini che soffrono la fame a causa dei cambiamenti climatici; le famiglie costrette a fuggire dalla guerra e dal terrorismo; i giovani africani costretti a emigrare, rischiando la vita, in cerca di migliori condizioni di esistenza.
Alcune gradevoli novità hanno ancora caratterizzato l’edizione di quest’anno: i bellissimi quadri a colori delle 14 stazioni, realizzati dalla giovane artista Giuliana Pappalardo, che li ha immaginati avendo come protagonisti le persone e come sfondo i muri scrostati del quartiere; la chitarra di Nino Bellia accompagnata dalle percussioni di Peace, un giovane gambiano; una stazione, la decima, commentata da un giovane rapper catanese, Filippo Gravina; l’omaggio cantato dalla comunità della vicina chiesa ortodossa rumena.
Insomma, un vero e proprio coro di umanità polifonica, uomini e donne accomunati dallo stesso desiderio di fratellanza e di pace, come ha sottolineato, chiudendo la liturgia, il vescovo Renna che ha calorosamente incoraggiato la realizzazione di questo momento di preghiera. Renna ha inoltre notato come, nell’attuale contesto internazionale dominato dalla realtà della guerra, sarebbe necessaria una stazione ‘zero’ per ricordare che Gesù, nel momento in cui fu arrestato, intimò al suo discepolo che lo voleva difendere con la spada, di rimetterla nel fodero perché la vera pace e la giustizia autentica si possono conquistare solo con la non violenza.
Magnifico resoconto. Grazie! da correggere che il nostro percussionista, Peace, non è senegalese, ma gambiano, e da aggiungere anche le Suore della Divina Provvidenza…
Grazie, Nino
L’unico neo in questa bella fotografia, l’anonimato del percussionista gambiano, a riprova della scarsa attenzione dei media verso queste “ persone”
splendido articolo rende bene l’idea di cosa è stato questo commovente percorso
Presente anche Padre Giuseppe Gliozzo al quale dobbiamo tutto questo primo organizzatore della via Crucis a San Berillo
Confortante. Fa bene sperare.
Capitano strane avventure, a Catania… Mi è capitato di percorrere insieme a tanta gente stradine maleodoranti di un quartiere disperato, ma che ha ancora speranza.
Capita anche che questa esperienza la si faccia durante la Settimana Santa, il Mercoledì Santo, e che d’improvviso, proprio a San Berillo, sia tutto pronto per percorrere la via Crucis: il vangelo da leggere ed ogni singola meditazione, la canzone che segna il procedere di ogni Stazione, i disegni realizzati per l’occasione, da appendere alla croce, un programma serrato da seguire.
Ma si potrebbe realizzare un’esperienza del genere senza che sia presente la gente? E mi sa di no! E infatti…guarda quanta gente!
E lo avete mai visto un giovane musicista gambiano, con tanto di djambé, accompagnare un siciliano che con la chitarra suona e canta ogni Stazione della Via della Croce?
Ma lo avete mai visto un rapper che davanti a una parrocchia canta “Gesù spogliato dalle vesti”?
E un musulmano, e non uno qualunque, un Imam, commentare le Stazioni della Via Crucis?
E la Comunità rumena ortodossa, che pazientemente aspetta l’arrivo della processione sul sagrato della chiesa cattolica, intonando un canto dei loro, per accogliere l’arrivo di chi percorre e ricorda il cammino di Gesù verso la Croce?
E li avete mai visti un Vescovo cattolico, un Imam musulmano ed un Pope ortodosso assistere alla liberazione di uccellini ingabbiati che spiccano il volo librandosi nell’aria, verso il cielo?
Sembrerebbe un sogno! Non può spiegarsi diversamente. Non può succedere nella realtà, soprattutto in questo momento di gesti estremi, fondamentalismi, guerre, attentati, violenza gratuita…solo un sogno, queste cose nella realtà non possono accadere… O forse sì?
E, invece, ora che ci penso…forse ne conosciamo di persone, magari un po’ folli, che credono in qualcosa di grande, e provano a costruirlo, passo dopo passo. E sì… perché quelle vie, proprio a San Berillo Vecchio, sono state percorse per mesi, incontrando la gente del posto, trasmettendo loro semplicemente la fiducia e la possibilità di non considerarsi soli.
Sì, perché proprio quelle persone che hanno meditato le Stazioni, ci credono davvero nel Signore e negli uomini, ed in tutto ciò che di buono, insieme, si può realizzare.
Ma cosa spinge le persone a far sì che questi sogni diventino realtà?
Cosa spinge una ragazza a realizzare i 14 disegni delle relative Stazioni, rievocando luoghi e persone del quartiere?
Cosa spinge qualcuno a confessare apertamente la propria storia di fragilità, di peccato e di fede?
Cosa spinge un parroco a camminare, insieme all’Arcivescovo e all’Imam, per quelle strade che sembrano dimenticate dall’umanità, sfidando le critiche di chi sostiene che la Via Crucis si fa in chiesa, o per altre vie, assai più qualificate?
Cosa avrà di speciale questa passeggiata che coinvolge tutte queste persone, tutte queste realtà? Forse ha il sapore della sana follia: vescovo cattolico-imam musulmano; chitarra siciliana – djambé africano; musica – silenzio; gente …tanta gente….gente che cammina…passi… Passi lenti su una strada che si va costruendo mattone dopo mattone …
Ma vuoi vedere che tutte quelle persone credono davvero in quella Stazione Zero indicata dal nostro Vescovo? La Stazione della non violenza, che ha permesso di arrivare alla Croce e alla Risurrezione… Beati i costruttori di pace…