La diffusione massiccia dei cellulari, il loro uso sempre più frequente da parte dei minori, anche bambini delle scuole elementari, sta iniziando a preoccupare anche i genitori che sono stati fino ad ora fiduciosi e distratti. Sul web, infatti, a cui accedono attraverso smartphone messi precocemente nelle loro mani, i giovanissimi si trovano davanti a pericoli di cui non hanno consapevolezza e che mettono a rischio anche altre persone vulnerabili come i disabili o gli anziani.
I rischi sono cresciuti con l’utilizzo sempre più ampio dell’intelligenza artificiale, a cui si fa ormai ricorso anche per affrontare e risolvere questioni del quotidiano, ma in modo spesso acritico e poco responsabile.
Se ne è parlato lo scorso 14 marzo all’Auditorium dei Benedettini in un incontro di studio e riflessione promosso dal ‘Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili’ delle diocesi della Metropolia di Catania in collaborazione con l’Associazione METER di don Fortunato Di Noto, da anni impegnata nella protezione dei minorenni vittime della “rete”.
La Conferenza Episcopale Italiana, dopo la Lettera al Popolo di Dio di Papa Francesco (agosto 2018) ha istituito il Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori pubblicando anche delle Linee guida per facilitare la nascita di questo Servizio nelle varie diocesi. A Catania è nato nel 2020 e ne è referente Remigia D’Agata, avvocata civilista.
La preoccupazione prevalente che ha guidato la nascita di questi Servizi era la prevenzione degli abusi, “attraverso un’efficace informazione e formazione di tutta la comunità ecclesiale in materia di tutela dei minori e degli adulti vulnerabili”.
Adesso l’attivismo del vescovo Renna, che ha aperto i lavori del convegno di giorno 14, e l’ampliamento delle situazioni di rischio in seguito alla crescita del web e all’affermarsi dell’Intelligenza Artificiale, sembrano voler dare una nuova spinta al ruolo di questo Servizio.
Sulla necessità di proporre iniziative per sensibilizzare e formare non solo il clero, ma anche gli uffici pastorali diocesani, gli operatori pastorali e gli educatori, alla tutela dei minori si è soffermato soprattutto Francesco Guarnieri, responsabile dei Servizi Tutela Minori della diocesi di Acireale.
Il ‘Centro di ascolto diocesano per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili’ deve non solo accogliere le segnalazioni degli abusi, ma anche accompagnare e sostenere le vittime e i familiari nell’iter dalle segnalazioni in ambito canonico e della denuncia in ambito civile, e nell’affrontare le conseguenze psicologiche e spirituali degli abusi.
È stata la relazione di Santo Di Nuovo, professore emerito di Psicologia Generale all’Università di Catania, a mettere a fuoco i problemi tecnici e teorici, ed anche i principali rischi legati alle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, che non si limita a simulare le componenti intellettive della mente, ma simula la realtà globale della persona umana e le sue relazioni sociali.
Ne derivano rischi che vanno dalla invasione della sfera intima, alla perdita della privacy, alla proposta di stili di vita e valori disadattivi, fino alla opportunità di violenza e reati, come il cyber bullismo, la pedofilia, ma anche il revenge porn e il sexting, vale a dire l’invio di messaggi, immagini, testi o video sessualmente espliciti e la loro diffusione senza il consenso della ‘vittima’.
Il problema principale è quello dei valori che vengono proposti ai giovani che interagiscono con il web e con l’intelligenza artificiale. Quali obiettivi da raggiungere fanno propri? quale tipo di vita e di benessere vengono indotti a desiderare? I valori, che essi dovrebbero scegliere liberamente, si rivelano dei condizionamenti che possono abituarli a stili di vita e a comportamenti potenzialmente disadattivi o patologici.
L’Intelligenza Artificiale è comunque solo uno strumento e, in quanto tale, può essere adoperato anche in modo costruttivo, può aiutare nella conoscenza di problemi complessi o nella comunicazione, e può supportare le persone e i gruppi sociali in modo che possano vivere meglio la vita che essi hanno scelto liberamente di vivere. Accade invece, purtroppo che venga usata per sostituire funzioni che andrebbero invece incrementate, ad esempio la comunicazione diretta, la socializzazione, la gestione attiva e creativa dei problemi.
Dei rischi di manipolazione a cui vanno incontro i bambini sul web ha parlato Carlo Di Noto dell’Associazione METER. Ha evidenziato le conseguenze molto gravi che si possono avere sul loro sviluppo psicoaffettivo, ad esempio la distorsione della vita sessuale e delle relazioni interpersonali in generale. Adescamenti pedofilici, sessualizzazione precoce e immatura, bullismo, e veri e propri abusi compiuti mediante il “cyber-sex”, richiedono una attenta opera di monitoraggio e denuncia alle autorità competenti (cosa che l’Associazione METER fa da lungo tempo) ma anche una consapevolezza da parte degli adulti – genitori, insegnanti, catechisti – che al momento è carente.
L’aspetto educativo è essenziale nel contrasto agli abusi perpetrabili via internet, solo così si potranno proteggere le giovani generazioni dai rischi di una “cultura digitale che li vede spesso protagonisti come vittime piuttosto che come attori”.
Ad una Chiesa che cerca di rispondere alle sfide della “Società 5.0” con la “pastorale digitale” ha fatto riferimento Fortunato Ammendolia che di pastorale digitale è ricercatore e docente. Ha quindi parlato di “infosfera”, cioè della sfera informativa alimentata dalla Rete onnipresente e pervasiva, che rende i confini tra fisico e digitale sempre più indefinibili, chiedendosi quale ricadute abbia sulla vita delle persone, e quali opportunità e rischi presenti.
Ha, inoltre, citato alcune buone pratiche di cui la “pastorale digitale” può avvalersi, a partire dal progetto “Onlife – Essere umani in un’epoca interconnessa”. Un progetto che si propone di contribuire a lanciare un dibattito pubblico sui cambiamenti della società e delle relazioni nell’era digitale, coinvolgendo in questa sensibilizzazione l’intera comunità in tutte le sue componenti. E creando “una società digitalmente istruita” in cui si affermino modi più vantaggiosi, più etici e più equi di utilizzare la tecnologia per vivere meglio.
Il convegno sembra testimoniare l’impegno della Chiesa per individuare forme di annuncio e di testimonianza del Vangelo che rispondano alle peculiarità della nostra epoca. Segnale certamente positivo, purché non si tratti di avviare iniziative che rispondano solo formalmente alle sollecitazioni della CEI e del Papa, ma la comunità dei credenti abbia davvero qualcosa da dire, e da fare, per proteggere le componenti più deboli e indifese della popolazione.
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