“Quando è già stato deciso tutto, ci si ritrova a discutere” così Gino Sturniolo, componente della delegazione No Ponte, invitata a confrontarsi, nel mese di gennaio, con la settima commissione consiliare del Comune di Messina, appositamente costituita per monitorare l’impatto del progetto del Ponte sulla città.
Fra le tante contraddizioni legate alla costruzione (?) di un’opera decisamente discutibile va, infatti, sottolineato il fatto che il consiglio comunale della Città dello Stretto è stato escluso da qualsiasi decisione. La Commissione consiliare vorrebbe perciò, sentendo esperti e sostenitori delle diverse posizioni, fornire alla cittadinanza materiali di riflessione. Sino ad arrivare a una seduta congiunta insieme con il consiglio comunale di Villa San Giovanni.
Un coinvolgimento della popolazione che, però, sarebbe dovuto avvenire molto prima, quando sarebbe stato possibile rimettere in discussione l’utilità dell’opera. Anche perché le normative vigenti (in particolare il codice degli appalti) consentono che tutti i soggetti interessati alla realizzazione di grandi opere possano proporre modifiche rispetto ai progetti presentati.
Quello con l’associazione No Ponte è stato il primo di una serie di incontri, a cui ne sono seguiti altri, che proveremo a raccontare, via via, componendo un quadro di ciò che pensa la società civile messinese.
Sturniolo ha innanzitutto contestato l’idea del ponte green, la cui realizzazione, secondo Salvini, azzerando l’utilizzo delle navi, permetterebbe un risparmio di 140 mila tonnellate annue di CO2.
Un’ipotesi non suffragata da analisi coerenti e che, soprattutto, non tiene conto delle emissioni di CO2 prodotte per la costruzione del ponte, a partire dalla produzione dell’acciaio e del cemento necessari, stimate in circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2.
Ma, secondo i No Ponte, prima ancora che entrare nel merito delle contraddizioni dell’opera, che, probabilmente, nessuno vuole davvero, occorre ragionare sul meccanismo che ha consentito, e consentirà, a chi pensa di speculare, di ricavare indubbi profitti. I primi vantaggi sono quelli ottenuti dalla società Stretto di Messina, che ha continuato ad ingoiare soldi pubblici persino quando era in liquidazione e che adesso, riportata in vita, ha ottenuto che venisse cancellato il previsto tetto agli stipendi per i propri amministratori, consulenti e dipendenti.
Un’ipotesi, quest’ultima, confermata dal fatto che gli stessi partiti politici si sono nel corso del tempo schierati a favore o contro in base alla loro collocazione di governo o di opposizione.
Massimo Cammarata, altro componente della delegazione, ha sottolineato il fatto che ben altre priorità dovrebbero impegnare la politica. A Messina, ad esempio, l’acqua è ad erogazione limitata. In sostanza, occorre scegliere se deve essere la comunità locale a decidere sul proprio territorio o se dall’esterno si debbano trattare quei luoghi esclusivamente in vista di guadagni e profitti, come in una sorta di contemporaneo e nuovo processo di colonizzazione.
Domiziana Giorgianni ha trattato il tema dei posti di lavoro e in particolare la questione dei cantieri. “Molti messinesi – ha detto – saranno costretti ad abbandonare le loro case per lasciare spazio ai cantieri che in generale impatteranno su migliaia di abitanti di Messina e della Calabria. Uno degli aspetti più peculiari della costruzione del ponte è che per la prima volta un’opera investirà un’intera città […] Sono previsti 11 cantieri operativi, più 5 logistici. Soltanto per la città di Messina, 8 milioni gli inerti previsti, che genereranno un traffico corrispondente a circa 100 mezzi all’ora. Tutti conosciamo la città. Ci saranno a disposizione soltanto due arterie stradali […] La costruzione di questo ponte comporterà l’occupazione, il sequestro di un’intera città con una cantierizzazione da nord a sud”.
Infine, da parte dei No Ponte un appello al consiglio comunale perché, se vuole evitare che Messina divenga invivibile, si schieri convintamente e coerentemente per il no.
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Io credo che ad un referendum su questo ponte non solo gli abitanti della città di Messina e di Villa S Giovanni ma quelli delle due regioni interessate voterebbero, a grandissima maggioranza, NO all'opera.
Ormai si è capito che una montagna di soldi destinate a realizzazioni più necessarie sono state sottratte alle due regioni per il ponte. Ormai si è capito che esso sarebbe un'opera anacronistica per lo scarso traffico che soddisfarebbe, oggi e domani ancora meno, dallo scarso soddisfacimento economico, con le colossali perdite che ne seguirebbero, dall'impatto ambientale disastroso, da una finalizzazione di tanti soldi pubblici che finiranno in quei punti oscuri, più o meno malavitosi o meglio sicuramente malavitosi, che sempre pascolano in queste cose.
Un politico da bar riesce a imporre la sua volontà sentendosi il padrone del mondo e saziando il suo ego narcisistico, e non solo c'è da credere ma questo si vedrà in seguito, infischiandosene della volontà dei cittadini.
Spero che un giorno tutto questo, politicamente per carità, gli sia tombale.
Ma di più spero che questo ponte non si faccia mai.