Cosa hanno in comune tre ragazzi che giocano a pallone e “Il piccolo principe”, bellissimo classico della letteratura novecentesca? Niente e tutto. Niente, perché nel capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry non ci sono giovani di quartiere alle prese con un pallone. Tutto, perché i ragazzi dell’Istituto Penale Minorile di Bicocca si sono ispirati proprio al testo del grande scrittore e aviatore, per raccontare la propria voglia di riscatto e di libertà. Lo hanno fatto nello spettacolo “U Principinu, un calcio al pallone”, recitato giovedi scorso, quattro gennaio, nell’accogliente, piccolo teatro della struttura detentiva.
Per giocare a pallone, oggetto del desiderio di quasi tutti i giovani della loro età, i nostri protagonisti hanno bisogno di un campo ma quello che trovano è solo una piazza di spaccio dominata dalla malavita, che li vuole ‘arruolare’ nelle proprie fila. I ragazzi non ci stanno e fuggono, finendo nel deserto. Lì incontrano il piccolo principe, con la sua rosa e i suoi tramonti, ma anche altri strani personaggi che propongono loro improbabili vie d’uscita dalla situazione bloccata in cui si trovano, dal fiasco di vino per dimenticare alla ‘stanga’ con cui spostare l’aria in un inutile rituale.
Le bande criminali, la gestione delle piazze di spaccio e la pretesa, da parte dei boss, di governare le vite degli altri, non sono argomenti che i ragazzi dell’Ipm hanno dovuto inventarsi. E’ bastato pescare nel proprio vissuto, ripensare e raccontare le loro vite difficili, mettendo via via insieme i pezzi di una riflessione che andava prendendo forma nel corso del laboratorio.
Ognuno di loro è stato invitato ad immaginare il proprio pianeta, ha tratto fuori da sé i sentimenti profondi, il legame con la famiglia, l’amicizia, l’amore, anche solo quello sognato, che va oltre la morte, e che ci rende eroi, come accade a Giulietta e Romeo. Ma anche la solitudine e il mondo chiuso della cella, con una porta che ci si chiude alle spalle e ci separa dagli altri, come emerge da una battuta non certo casuale. Come non è causale neanche la battuta sul vino, rifiutato perché “sono musulmano”, come ormai è chiaro anche nel mondo chiuso di un carcere minorile, che attualmente ospita quasi metà di giovani stranieri oltre che alcuni immigrati di seconda generazione.
Così è nato il copione de “U Principinu”, dal confronto comune, dalla riflessione su se stessi, dalla discussione su ogni singola battuta, con Saint-Exupéry e Shakespeare a fare da sfondo. Recitare questo copione è stata una sfida ulteriore, con ragazzi anche molto difficili divenuti seri e affidabili nel lavoro rigoroso delle prove.
Anche quest’anno a promuovere questo laboratorio teatrale è stata l’associazione La Poltrona Rossa, supportata dai fondi dell’otto per mille della Chiesa Battista, con l’infaticabile presidente Ivana Parisi impegnata nella regia.
Ma non è tutto. Sempre nell’Istituto per minorenni di Bicocca, da febbraio a luglio 2023, un altro gruppo di giovani detenuti è stato impegnato all’interno di un altro progetto teatrale, proposto da Orazio Licciardello, già docente di Psicologia sociale all’Università di Catania, con la regia di Orazio Torrisi, fondatore del Teatro della Città.
Pensato inizialmente come un percorso di recitazione dei “Civitoti in pretura” di Martoglio, il progetto si è poi trasformato in corso d’opera, grazie soprattutto alle capacità comunicative degli attori che hanno seguito i ragazzi. Comprendendo che i giovani detenuti non potevano assicurare la necessaria continuità perché soggetti a frequenti trasferimenti e che il numero molto alto di ragazzi stranieri rendeva impraticabile l’ipotesi della recitazione in dialetto siciliano, Cosimo Coltraro, Emanuele Puglia, Egle Doria, Luca Fiorino hanno capito di dover cambiare registro.
Hanno stabilito con i giovani, anche con quelli più difficili, un buon rapporto e hanno sfruttato al massimo la capacità di improvvisazione che questi ragazzi dimostravano di possedere. A partire da piccoli imput, da frasi di autori anche importanti che venivano loro suggerite, i giovani riuscivano a creare momenti espressivi intensi, ora divertenti, ora commoventi. Ne è venuta fuori una carrellata di monologhi, in cui ogni ragazzo ha presentato e interpretato se stesso, esprimendo le attese, i desideri, le difficoltà.
Nel video conclusivo, girato e montato dall’attrice Giovanna Mangiù e presentato al pubblico nella mattinata del 4 gennaio, la scena si apre con un giovane detenuto, ripreso di spalle, che guarda i compagni attarverso le sbarre di una ringhiera. Un’immagine ambivalente: è un esterno, libero, che guarda dei coetanei rinchiusi, o un ragazzo rinchiuso che guarda coloro che si muovono in uno spazio libero? Forse non è opportuno cercare una risposta. Meglio lasciare l’ambivalenza di questo rapporto interno-esterno ed evitare di spendere parole anche per il titolo del filmato, Traettorie impercettibili, anch’esso dal significato aperto e volutamente minimalista.
Resta il fatto che, ancora una volta, ai ragazzi del cacere minorile siano state offerte esperienze stimolanti e formative, come da sempre fa – in tutti i campi – il gruppo delle educatrici e tutto il personale della struttura, sotto la supervisione di Maria Randazzo. In particolare le attività teatrali sono seguite, da qualche anno, dalla referente Laura Avellino, confermata in questo ruolo dalla attuale dirigente, Francesca Fusco.
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