“Controvento. Racconti di frontiera”, edito da Zolfo è l’ultimo libro di Attilio Bolzoni. Sulla copertina una strana foto di Tony Gentile, l’autore della famosissima istantanea che coglie il sorriso complice di Falcone e Borsellino. Qui c’è un cane solitario su una strada che sembra uscire dal Cretto di Burri, a Gibellina, un’immagine scelta da Bolzoni perché “i giornalisti non dovrebbero mai mollare la presa, proprio comne certi cani”, anche se denti e mascelle al gionalista non bastano. Ci vuole anche il cuore, come gli disse il collega messicano Diego Enrique Osorno.
E’ una raccolta di articoli, reportage e interviste accomunate dallo “scrivere lento”, privilegio raramente concesso ai giornalisti, stretti delle scadenze che li incalzano. Un lungo viaggio in luoghi soprattutto della Sicilia e del Sud Italia ma anche di altre parti del mondo, dal Messico a Bagdad, dove l’autore si è trovato quasi per caso e non ha potuto fare altro che “raccontare quello che vedevano i miei occhi”, come leggiamo nella prefazione.
Lunedì sera, alla presenza di un folto pubblico, questo testo è stato presentato, nella libreria Cavallotto, dal giornalista Antonio Ortoleva, da Adriana Laudani, presidente dell’associazione Memoria e Futuro, e da Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto a Catania e componente del Consiglio superiore della magistratura.
Presente anche l’autore, per il quale non sono mancati i riconoscimenti. Appassionato testimone della complessità, lo ha definito Ardita, ed impegnato a svelare, negli anni, misteri ed abusi, fino a diventare ‘pericoloso’ per il potere. Non sono mancati né il racconto di aneddoti poco noti nè le domande su oscuri avvenimenti recenti, come l’arresto di Messina Denaro.
Parlando di mafia e antimafia non poteva non emergere il fantasma di Antonello Montante, su cui Bolzoni ha peraltro scritto “Il padrino dell’antimafia”. E preoccupa che, anche se Montante ha pagato dal punto di vista giudiziario, il sistema da lui costruito funzioni benissimo senza di lui. Nulla da dire sull’ottimo lavoro di indagine della polizia giudiziaria – dichiara Bolzoni – bravi anche i magistrati che si sono occupati del caso, ma – visto che siamo davanti a processi a rischio prescrizione – non possiamo non ricoscere il fallimento clamoroso della giustizia. E non possiamo non pensare che “qualche responsabile tra i giudici ci sarà”, avvalorando il sospetto che il processo sia stato lasciato andare perché gi imputati erano personaggi eccellenti. “Accanto ad uno Stato che lavora bene se ne intravede un altro che non fa altrettanto”, conclude il giornalista.
Noi vorremmo, tuttavia, soffermarci soprattutto su quanto – in questa interessante serata – si è detto a proposito della nostra città, sia da parte dei relatori sia negli interventi dei rappresentati di due associazioni locali, invitati a prendere la parola: Nicola Grassi presidente dell’Asaec e Mirko Viola segretario di CittàInsieme.
Da presidente di un’associazione antiestorsione, Grassi non poteva non parlare dell’operazione Doppio Petto, che ha permesso, recentemente, di verificare la presenza a tappeto, in città, del fenomeno estorsivo anche nelle aree del commercio di lusso. E non poteva non citare, a conferma della pervasività del fenomeno, le recenti dichiarazioni del presidente della Confindustria Catania, Angelo De Martino, che ha confessato di aver pagato il pizzo per venti anni.
Ma la sua nota più accurata e dolente è stata quella relativa alla reazione della società civile nei confronti di queste notizie. “Non un dibattito pubblico – ha denunciato – non una manifestazione”. Solo silenzio. E, in sovrappiù, la dichiarazione del sindaco Trantino in Consiglio Comunale, che ha giustificato il suo silenzio come forma di “rispetto istituzionale” (sic!).
Davanti a fatti così gravi, la città tace e conferma così quanto affermato, nella sua introduzione, da Adriana Laudani che aveva appunto parlato con rammarico di una Catania silente, “campionessa di negazionismo”.
Come se non bastasse, Grassi ha ricordato anche il recente episodio della condanna in primo grado, per corruzione elettorale, di Riccardo Pellegrino, vicepresidente del consiglio comunale di Catania. Una condanna a cui non sono seguite le auspicabili dimissioni.
Al presidente dell’Asaec ha fatto eco Mirko Viola, affermando che “il rispetto isituzionale deve essere guadagnato” anche se purtroppo sono poche oggi le istituzioni che possono pretenderlo. Siamo in un momento storico – ha dichiarato – in cui “è diventato necessario difendere l’ovvio” e recuperare quei diritti, ormai “desueti”, di cui si è persa consapevolezza. Cosa di cui non dobbiamo smettere di farci carico – ha proseguito – anche perché lasciare la città allo sbando conviene a chi vuole “controllare il consenso”.
CittaInsieme, ha ricordato ancora Viola, ha sempre difeso il territorio, fin da quando – più di 30 anni fa – si è battuta per restituire ai cittadini l’area occupata dalla più grossa concessionaria Renault della Sicilia, la Pam Car di Benedetto Santapaola, inaugurata in compagnia delle massime autorità cittadine. Ma adesso – ha concluso – su cosa possiamo fare leva perché le istituzioni riacquistino il rispetto a loro dovuto?
Ulteriori interrogativi sono emersi dalle osservazioni di Ardita sul “ritorno” delle estorsioni evidenziato dall’operazione Doppio Petto. “Le estorsioni erano un bagaglio della vecchi mafia” ha affermato “Gli arresti avevano dimostrato che estorcere era pericoloso” e sapevamo che la criminalità organizzata era passata “dal modello predatorio a quello compartecipativo”, autofinanziandosi prevalentemente con la fornitura di droga ai giovani, e meno giovani, della Catania bene.
La città è apparsa più sicura, con meno rapine e meno estorsioni, ma non ci accorgevamo – ha proseguito – che intanto cresceva enormemente il “disastro” sociale, al quale la politica non riesce a dare risposta. “Cosa c’è nella testa di chi vive il disagio?” si interroga Ardita. Non lo sappiamo. Così come non immaginiamo quale percezione dei diritti abbiano persone come la donna che ha dichiarato candidamente di non capire l’arresto del coniuge, che non aveva commesso reati essendosi limitato a vendere droga. E’ diversa – nota il procuratore – anche la lingua che noi, parte fortunata della città, parliamo.
Quanto a Pellegrino Ardita racconta di aver verificato, dalla registrazione di un incontro tenuto a CittaInsieme con i candidati a sindaco, che proprio lui, paradossalemnte risultasse l’unico a parlare di bisogni concreti, di disoccupati, disabili, parcheggi…
Una contraddizione profonda, anche perché – come ha ricordato Giovanni Caruso intervenendo dal pubblico – Pellegrino era stato già identificato come vicino al clan Mazzeo.
L’incontro si conclude lasciandoci molte lampadine accese (Ardita) e soprattutto molte domande aperte. A partire da quella forse più importante, se ci siano ancora, e quali siano, nella nostra città, gli spazi per non arrendersi.
La disillusione nei fatti quotidiani e, nonostante tutto, la voglia di continuare a lottare !
coraggio e idee sono l’unico e ultimo baluardo. Complimenti!
Il silenzio da parte delle istituzioni si commenta da solo…..assistere ancora una volta ad una politica corrotta è deprimente….ma nonostante tutto c’è chi ha voglia di combattere…..sperate che prima o poi qualcosa cambi….