Un incendio scoppiato in un ‘basso’ di via Pistone, a San Berillo, una quarantenne colombiana ustionata gravemente nonostante l’intervento immediato di un gruppo di giovani che prova a sfondare la porta, la tira fuori, la consegna ai sanitari dell’ambulanza, nel frattempo intervenuti su chiamata. Il trasporto all’Ospedale Cannizzaro, la conferma della gravità della situazione, le voci che si rincorrono sulla possibilità che sopravviva, sull’impossibilità che ce la faccia, è morta, è ancora viva…
Un episodio che ci parla di una situazione di marginalità, di vite vissute nella precarietà, nell’insicurezza, ai confini della legalità e anche oltre questi confini. Ma ci parla anche di solidarietà, di giovani africani che si coinvolgono e vanno in soccorso, di volontari italiani che hanno nei pressi la loro sede e intervengono prontamente. Di persone di varia provenienza geografica, sociale, culturale, che si riuniscono in assemblea per capire cosa fare, per raccogliere dei fondi che sicuramente serviranno, in caso di morte o di sopravvivenza.
C’è ancora attesa per l’esito di una vicenda dolorosa ma non del tutto imprevedibile.
E’ questo, comunque, il contesto in cui, da qualche tempo, è stato avviato un percorso di cui abbiamo già parlato, soprattutto attraverso i racconti di Nino Bellia, componente dell’Osservatorio Urbano. Incontri con le istituzioni, partitelle di calcio e di basket, musica, occasioni per conoscersi e stare insieme. Ma anche solidarietà manifestata in occasione del recente espisodio di incendio.
Piccoli passi che non pretendono di risolvere i problemi drammatici dell’area, l’abbandono da parte dell’amministrazione che non provvede a raccogliere la spazzatura ma invia le forze dell’ordine per occasionali retate, e non offre soluzioni alle necessità di chi popola il quartiere dormendo dove può, anche in strada, senza fissa dimora né assistenza sociale e sanitaria. Un’assistenza sanitaria che, nel nostro paese, è garantita a tutti, ma di cui molti non sanno di poter usufruire perché nessuno, tranne qualche associazione di volontariato, si occupa – a livello istituzionale – di farlo sapere.
E’ vero, in quest’area circola alcool e droga, si mercificano i corpi, ci si scontra nelle risse, ma dove c’è abbandono è inevitabile che fiorisca l’illegalità, di cui pagano lo scotto tutti, compresi quei residenti che vorrebbero una vita normale.
La risposta non può essere la via repressiva o il tentativo di espellere i “diversi”. In nessuna città questa è mai la soluzione. Davanti ad una situazione complicata come questa si può solo cercare di scommettere su un percorso faticoso di “contaminazione”, provando ad individuare i comuni minimi denominatori a partire dai quali iniziare a ricostruire il tessuto sociale. E a modificare le condizioni materiali del quartiere, a cominciare dalla pulizia, che non spetta certo ai residenti.
Ma quando un gruppo di residenti, insieme a parrocchiani e operatori delle associazioni impegnate in loco, ha fatto sentire la propria voce sui progetti proposti dal Comune per l’utilizzo dei fondi del PNRR destinati ai Piani urbani integrati, l’interlocuzione si è arenata. A chi vive o opera nel quartiere sembrava del tutto inadeguato programmare interventi di ‘riqualificazione urbana’ isolati, non coordinati tra loro, con l’aggiunta di qualche pianta e pavimenti colorati, assolutamente inadeguati alla complessità del quartiere e ai suoi gravi problemi sociali. Hanno quindi inviato una loro proposta, ricca ed articolata che potete trovare a questo link. E atteso una risposta che non è giunta.
Così come priva delle informazioni richieste è risultata una richiesta di accesso agli atti presentata dal Coordinamento cittadino che si è occupato dell’utilizzo dei fondi del PNRR. Dei progetti del Piano urbano integrato si saprà qualcosa più avanti, a cose fatte, senza nessuna possibilità di intervenire. A causa di un percorso ‘endoprocedimentale’ non concluso, per usare i termini ufficiali della risposta.
Nel frattempo c’è chi è pronto a mettere le mani sul quartiere, a fare interventi edilizi pesanti a scopo speculativo, anche a costo di non rispettare le norme che vigono in centro storico e di stravolgere la morfologia di un quartiere le cui caratteristiche andrebbero salvaguardate.
Per la serie I quaderni di San Berillo a cura di Nino Bellia, leggi San Berillo e nuvole e “Cuando los sapos bailen flamenco”… aspettando Sara
Una tragedia annunciata, senza ombra di dubbio, tra le tante che si consumano tra quei vicoli e viuzze.
Ciò esprime il bisogno di andare avanti nella riqualificazione di quel quartiere, di una vera riqualificazione.
Non ho una visione politica definita, in questa città da qualunque parte mi volti trovo mediocrità. Non appartengo a nessuna associazione di quartiere, fanno molte chiacchiere ed hanno limitate visioni oltre che indubbie necessità di parte nelle proposte avanzate,
Sono un cittadino del quartiere, già altre volte l’ho detto, sono un parrocchiano del Crocifisso B.M.
E CIO’ CHE DICO RISPECCHIA SOLO IL MIO MODO DI VEDERE LE COSE RIGUARDO IL QUARTIERE.
Tra l’altro sono uno a cui piace poco parlare ma fare i fatti. Per cui credo che i miei interventi sull’argomento finiranno qui,
San Berillo vecchio è un quartiere degradato che nella visione di pochi si vuole fare diventare un ghetto.
E dai ghetti sono proprio quelli che vi si vogliono costringere i primi a volersene scappare.
Sì, sì proprio quegli sbandati, quella gente di colore, quei senza nome, se potessero scapperebbero da lì senza farvi più ritorno.
Integrazione, l’integrazione si fa dentro un tessuto sociale sano non marcio. San Berillo è marcio, senza speranza, e loro lo sanno, lì dentro non avrebbero nessuna speranza, mai.
Le partitelle, o altre iniziative similari, sì, loro si prestano, ma così come si presterebbero a qualunque elemosina, ma sanno benissimo che ciò non porterà loro niente di buono in maniera definitiva. Non è da lì che potrebbe partire il loro futuro ci vogliono ben altre politiche sociali, a livello nazionale, per garantirglielo senza che un giorno abbiano a pentirsene di tutti i sacrifici che hanno fatto per venire qui, nel ricco e desiderato occidente, Bah!
San Berillo deve essere raso al suolo nelle parti più degradate, deve essere ripensato urbanisticamente in maniere che una comunità possa viverci civilmente, abusata parola quest’ultima ma tant’è. Dopo potrà avere un senso quella parola “integrazione” quando si farà su un tessuto sano.
Vedete io credo che il PNRR sarà una occasione sprecata, Anche nel saper spendere i soldi regalati ci vuole capacità, e in questa città non ne vedo più da tanto tempo capacità, di alcun genere, vedo abusivismo, delinquenza, degrado, prepotenza e maleducazione. connivenze di tutti i generi, ma niente capacità “civicamente”veramente utili.. Per questo, alla fine, credo sarà poca cosa, esteticamente voglio dire, quello che si realizzerà coi PUI..
Ma in questo poco potrebbe esserci vera utilità se tutte le figure di quartiere menzionate nell’art., associazioni, parrocchiani etc, appoggiassero l’amministrazione civica nel realizzarlo, senza fumo negli occhi e senza improbabile voli pindarici di basso profilo.
Così, in questa ipotetica collaborazione quel “poco” potrebbe diventare “molto”.
Saluti