Antico Corso a Catania, si sgombera. Per risolvere i problemi c’è tempo

Un’abitante dell’Antico Corso, Ersilia, ci scrive, prendendo spunto dallo sgombero dello Studentato 95100 e del Consultorio Mi cuerpo es mio. Ricostruisce i tanti episodi in cui, a Catania, le principali Istituzioni sono intervenute in questo territorio imponendo i loro interessi, senza curarsi di ciò che esisteva e che, spesso, forniva risposte alle esigenze degli abitanti della zona. Ma ragiona, anche, sui tanti interventi richiesti dai residenti, soprattutto al Comune, rimasti senza risposta. Dalle sue parole, emerge, quantomeno, una pratica ammnistrativa che potremmo definire “dei due pesi e delle due misure”.

Il palazzo da cui sono stati sgomberati lo Studentato 95100 e il consultorio ‘Mi cuerpo es mio’, era un edificio inutilizzato come ce ne sono tanti nel nostro quartiere. Prendete i diversi immobili di proprietà dell’ASP lasciati in stato di abbandono su via Montevergine: uno di questi è stato occupato nei mesi scorsi dagli ultras del Catania ed è diventato la nuova sede della Curva Nord, con non poche ripercussioni su noi residenti, che ci troviamo giorno e notte le strade, un tempo tranquille, invase da macchine, furgoni, motorini, striscioni, fumo, gente, urla e schiamazzi. Finora a nulla sono valse le nostre segnalazioni.

Ma ciò non ci sorprende: sono anni che i bisogni e le richieste degli abitanti dell’Antico Corso vengono costantemente ignorate. Anni di segnalazioni per il parcheggio selvaggio e di richieste di intervento per la pulizia e la manutenzione delle aree incolte retrostanti la Purità. Anni di silenzio da parte delle amministrazioni, mentre noi siamo costretti ad assistere e a lottare contro i tentativi di gentrificazione e alle costanti e insaziabili mire espansionistiche di UniCT.

Il palazzo oggetto dello sgombero sembra non fare eccezione. Pare infatti che sia di proprietà dell’ente Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero, e che “del consiglio di amministrazione dell’ente (facciano) parte il comune di Catania, l’università, un erede del barone Ursino Recupero e la soprintendenza”.

L’università si è dichiarata estranea alla vicenda, ma noi ne dubitiamo, visto che proprio l’università – come denuncia Arci Catania nel suo comunicato – è “al centro di operazioni immobiliari enormi nella zona”.

Le attiviste sgomberate, intervistate dai microfoni di Radio Onda Rossa , sono state accusate dal sindaco Trantino di svolgere delle attività da lui reputate “fittizie” e “a scopo di lucro”. Da quello che abbiamo potuto vedere noi, invece, finora a lucrare sugli edifici del centro storico è stata solo la bulimica Università di Catania.

Il caso più eclatante e impossibile da dimenticare è quello del CPO Experia, sgomberato nel 2009 e ora auditorium concesso con comodato d’uso perpetuo all’ERSU, proprio l’ente che dovrebbe occuparsi di fornire assistenza e sostegno agli studenti universitari ma che, evidentemente, non lo fa, visto che, sempre come scrive Il Post, la Regione Siciliana non è stata in grado di garantire “borse di studio e posti letto agli studenti che erano risultati idonei”, e che da tempo “gli studenti protestavano per la pessima gestione delle residenze universitarie di Catania, alcune delle quali abbandonate da anni”. Sempre all’ERSU sono stati affidati poi i locali dell’ex ospedale Santo Bambino. La notizia è dell’anno scorso, e dicono che vogliano farci degli alloggi universitari. Speriamo almeno che sia vero.

Visto il contesto, non stupisce che si sia arrivati, nel 2018, all’occupazione dell’immobile di via Sant’Elena e alla creazione dello Studentato 95100, poi sgomberato all’alba del 5 dicembre.

Ed è evidente anche il disinteresse, quando non addirittura l’aperto antagonismo, dell’amministrazione comunale nei confronti delle realtà autogestite che cercano di mettere una pezza alle carenze di gestione e di erogazione dei servizi sul territorio.

Così come agli occhi di noi abitati dell’Antico Corso sono evidenti gli interessi incrociati di Comune, Regione, Soprintendenza e Università; gli stessi attori che si vantano di rendere Catania “una città universitaria a misura dei suoi abitanti” e di “promuovere una trasformazione basata sulla cultura, dell’accoglienza”. Mentre noi del quartiere ricordiamo ancora lo sgombero del centro di educazione per adulti nel 2015 che era l’unico a offrire percorsi di istruzione a minori migranti. L’immobile, per la cronaca, è quello dell’Archivio Notarile di via Santa Maddalena, che era stato ai tempi dichiarato inagibile ed è ad oggi abbandonato senza alcuna manutenzione: il perenne accumulo d’acqua sulla sua terrazza – segnalato anni fa – è visibile perfino da Google Maps.

Poi ci sono stati, nel 2016, i ripetuti tentativi di chiudere l’istituto comprensivo Diaz/Manzoni ignorando l’importanza che il presidio scolastico ha per il quartiere e nel contrasto alla dispersione.

C’è stato anche il caso della Ex Chiesa della Purità, di cui appunto quell’‘ex’ lascia ben intendere cosa era e purtroppo non è più: ex bene comune ora centro conferenze di UniCT. E se pensate che sia finita qui vi sbagliate: l’anno scorso l’università ha manifestato nuovamente l’intenzione di costruire due mega aule universitarie nella zona della Purità; un progetto che avevano già avviato nel 1995 e che poi è stato fortunatamente interrotto dato il rinvenimento di reperti archeologici e grazie anche all’intervento di noi cittadini.

L’area, che ad oggi si trova all’interno del Parco archeologico greco-romano, è sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta (ne aveva parlato sempre Argo), ma è lasciata anch’essa in stato di abbandono. Ci si aspetta, probabilmente, che quando l’università riuscirà finalmente a portare a termine il suo progetto venga acclamata come salvatrice degli spazi abbandonati, nonostante in tutti questi anni non abbia mai manifestato l’intenzione di tutelare i reperti, e anzi abbia preferito buttarci sopra una colata di cemento.

È sempre più prossima, infine, la trasformazione dell’area su cui sorgeva l’ospedale Vittorio Emanuele – nel frattempo smembrato e trasferito in periferia – in un campus universitario. Idea che era già nell’aria da anni e ora avanza sempre di più sempre verso la sua concretizzazione, ma “a mucciuni”, cioè senza che agli abitanti del quartiere venga data alcuna voce in capitolo, quando invece dai progetti di democrazia partecipata come quello proposto dal Comitato Popolare Antico Corso, Arci Catania e Officine Culturali è ben chiaro che noi una voce in capitolo ce la vogliamo avere.

È ora che la si smetta di sottrarre spazi alla nostra comunità.

Argo

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