Almeno tremila persone sabato 2 dicembre a Messina per ribadire, per l’ennesima volta, il No al Ponte sullo stretto. Una mobilitazione cresciuta in questi ultimi mesi, dato che il governo Meloni ha fatto di questa opera un significativo cavallo di battaglia, quanto meno dal punto di vista della propaganda.
Rispetto agli ultimi cortei una novità, accanto agli storici esponenti del movimento No ponte, dal Comitato Noponte Capo Peloro a Invece del Ponte, a tante altre sigle politiche e ambientaliste, una presenza più attiva dei partiti del centro-sinistra, dei 5 Stelle, della CGIL, in passato non sempre fermamente impegnati nella contestazione di questa struttura.
Ancora non pienamente integrate, queste due anime del movimento hanno comunque dato vita ad unico corteo, sia pure diviso in due spezzoni, nella prospettiva di avviare – ci auguriamo – un percorso che potrà/dovrà superare ogni rischio di divisione puntando sulla condivisione di obiettivi chiari e coerenti.
La manifestazione ha avuto comunque un respiro nazionale perché il Ponte sullo Stretto è un problema nazionale, che riguarda tutti i cittadini italiani. E non solo per solidarietà ai residenti dell’area interessata ai lavori, ai quali viene promessa un’opera spettacolare, portatrice di enormi vantaggi, tacendo che ad essi si prepara lo sconvolgimento del territorio, delle città, delle abitazioni. Uno sconvolgimento che ha molte probabilità di restare in sospeso per anni, se non in modo definitivo.
La questione del Ponte è di interesse nazionale perché nel baratro finanziario che si sta aprendo finiranno i soldi di tutti i cittadini italiani che pagano le tasse, soldi destinati non a realizzare l’opera ma ad arricchirire la corte di predoni che ha fiutato l’affare e ha già cominciato a ricevere l’agognato compenso. Come esempio basti la crescita degli emolumenti del presidente e dei consiglieri della rediviva società Stretto di Messina, per i quali è stato eliminato il tetto (240mila euro) previsto per i manager pubblici.
C’è da dire, inoltre, che l’impalcato è solo una parte dell’opera complessiva che comprende decine di chilometri di raccordi stradali e ferroviari con un costo complessivo non inferiore a quello del Ponte. Se aggiungiamo a questo il fatto che – come abbiamo visto – il tipo di contratto sottoscritto con il Consorzio Eurolink fa ricadere sullo Stato tutti i rischi dell’opera e lascia al Contraente privato il controllo dei costi, andiamo incontro ad un aumento incontrollato di questi ultimi.
Un esempio concreto di come i costi possano lievitare ce lo dà il recente articolo di Repubblica che racconta come siano cresciuti i costi di alcuni viadotti e svincoli finalizzati al Ponte, con i cantieri aperti da anni e spese triplicae anche per rimediare ai danni prodotti dai cattivi materiali adoperati. E non è che un assaggio.
Il problema del Ponte è nazionale anche perché i luoghi in cui dovrebbe sorgere sono patrimonio naturale di tutta l’Italia, anzi di tutta Europa. Basti citare che lo Stretto rientra in una Zona di Protezione Speciale “con caratteristiche uniche in tutto il Mediterraneo”. E le ZPS rientrano nella Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità.
Nella ZPS di Messina (ITA030042) si verificano, infatti, condizioni idrodinamiche che “determinano l’insediamento di biocenosi particolari e uniche”, oltre al fatto che l’area riveste importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nel Mediterraneo e un notevole significato fitogeografico per la presenza di specie rare o endemiche.
Non basta. Di recente una proposta di legge per l’istituzione del Parco nazionale dello Stretto e della Costa Viola è stata avanzata dai Verdi, al fine di garantire ulteriori misure di salvaguardia “di un ambiente e di un habitat con importante identità etnica, storica e paesaggistica”, che va preservato “per le generazioni presenti e future”. E i Verdi si riservano anche di chiedere che lo Stretto diventi patrimonio mondiale dell’umanità.
Saranno, però, soprattutto i residenti dell’area dello Stretto a subire l’impatto devastante dei lavori, che – anche se il progetto non andasse in porto – saranno comunque avviati con conseguente stravolgimento del territoro e della vita di chi ci abita.
Il Ponte di Messina, infatti, non sarà delicatamente appoggiato sulle due sponde dello Stretto come il modellino che lo rappresenta. Si tratta di un’opera mastodontica e per realizzarla verrà sconvolto un intero territorio. Si dovranno scavare buche profonde quanto cinque palazzi sovrapposti, effettuare spostamenti per milioni di metri cubi di terra, espropriare migliaia di lotti di terreno e centinaia di case, nelle aree interessate di Sicilia e Calabria. Quanto ai cantieri, resteranno aperti per anni con lo spettro dell’incompiuta sempre all’orizzonte.
Sarebbe onesto che il governo dicesse chiaramente queste cose, parlasse degli enormi e prolungati disagi che aspettano i residenti dell’area, invece di nasconderli dietro gli slogan pubblicitari che accompagnano l’immagine edulcorata che viene offerta del Ponte.
Un piccolo esempio di quello che avverrà nella sola città di Messina, lo troviamo nel video amatoriale realizzato dal Comitato No Ponte Capo Peloro, che tratta delle “subsidenze e possibili danni agli edifici”, che si verificheranno in seguito alla realizzazione delle gallerie ferroviarie e stradali che attraverseranno il centro di Messina.
A partire da una scheda del progetto definitivo, vi si osserva come numerosi edifici cittadini, indicati con colorazioni diverse, dal rosso all’azzurro, al giallo, al verde, verranno coinvolti dai lavori connessi alla costruzione del Ponte e danneggiati a vari livelli, fino al punto da dover essere, in diversi casi, addirittura demoliti.
Ai motivi di contrarietà bene esposti nella manifestazione, e ampiamente condivisibili, aggiungo un dubbio di cui non sento parlare.
Il transito di auto e mezzi pesanti sul ponte è previsto gratuito come le autostrade ANAS? oppure sarà a pagamento?
Nel primo caso, con quali fondi si curerà poi la manutenzione ordinaria e straordinaria? Come sarà finanziata la Società che gestisce il ponte, se non avrà introiti dai pedaggi? Resterà tutto a carico dei contribuenti, togliendo risorse al finanziamento di altre indispensabili opere per migliorare i trasporti nel resto della Sicilia?
Nel secondo caso, ammesso che il costo sia concorrenziale a quello dei traghetti, sono immaginabili le file ai caselli nei periodi di affollamento (a meno che tutti siano obbligati ad avere il TelePass). E ben pochi vantaggi ci sarebbero rispetto alle file attuali ai traghetti. Non si capisce allora il vantaggio di usufruire del ponte, che proprio a quei periodi è legato, perché nel resto dell’anno il traghettamento avviene velocemente e senza intoppi, con tempi di attraversamento molto ridotti.
Dai mirabolanti video che mostrano in funzione il ponte delle meraviglie, non si capisce la convenienza dell’opera anche da questo punto di vista.
Ah, saperlo…
L’isuli abbolunu com’aceddi d’o mari…
stefania ruggeri
’U ponti accuzza tutti li distanzi,
ccu peri di chiummu curri supr’o mari
e duna tempu a cu’ tempu non nn’havi
e leva ’mpicci a cu’ non po aspittari.
L’isuli abbolunu com’aceddi d’o mari…
’U ponti cusi ccu fili e ruppa d’azzaru
la terra capricciusa ca si vosi scicari
ppi fari nasciri ’st’isula sintuta e canusciuta
ca non canusci a nuddu e non senti nenti.
L’isuli abbolunu com’aceddi d’o mari…
’U ponti, lettu di ciumi ppi vitru e lamèri,
porta bbeni e ricchizzi avanti e arreri
e avanti e arreri fra ’mbrogghi e pinseri
duna di ’nsunnari a cu’ non po campari.
L’isuli abbolunu com’aceddi d’o mari…
’Stu ponti abbanniatu nn’u volunu addutari
– chiummu, azzaru e ferru supr’o mari –
ppi farinni arrancari appress’a n munnu
ca jittannu cauci e merda furria tunnu tunnu.
L’isuli abbolunu com’aceddi d’o mari…
Fermiti, tempu,
scichiti, terra,
sciogghiti, chiummu,
abbola, aceddu, abbola!…
[2005]