Ex ospedale Vittorio Emanuele, un progetto calato dall’alto. Nessun coinvolgimento della città

Grande soddisfazione, espressa in toni entusiastici, per il “rilancio dell’area dell’ex Vittorio Emanuele”. Il Museo dell’Etna voluto da Musumeci, la nuova sede dell’Accademia di Belle Arti e, soprattutto, tanti spazi per l’Università, con tremila nuovi ‘posti aula’ e 300 posti letto per gli studenti fuori sede, che – insieme a quelli ricavati nell’area dell’ex ospedale Ascoli-Tomaselli e nell’area di via Androne – risponderanno ad una “esigenza cronica” della città e cambieranno il volto all’Ateneo, “rendendolo più capiente, accogliente, funzionale ed efficiente”.

Così ha dichiarato il rettore Francesco Priolo, mentre il vicesindaco e assessore all’urbanistica, Paolo La Greca, si è spinto fino parlare di “ripresa di una fra le porzioni urbane ai margini del nostro centro storico”, ottenuta rafforzando la presenza sempre più centrale dell’università sulla collina di Montevergine.

Ci sono vari motivi per cui non condividiamo questo entusiasmo. Proviamo ad elencarne alcuni.

Innanzi tutto ci sembra che manchi una visione progettuale più ampia che riguardi non solo l’ex ospedale Vittorio ma tutta l’area circostante, molto estesa e non certo marginale rispetto alla città. Ci saremmo aspettati, quanto meno, un piano particolareggiato che analizzasse la situazione dell’area e chiarisse cosa si vuole fare di quartieri storici come l’Antico Corso, i Cappucini, la zona alta di via Vittorio Emanuele etc.

La presentazione di un piano cosiffatto avrebbe aperto, inoltre, un confronto con la città, avrebbe permesso a cittadini, associazioni, ordini professionali, di fare osservazioni e portare un contributo alla pianificazione.

Ci troviamo invece davanti all’ennesimo intervento spot, limitato all’area dell’ex ospedale e calato dall’alto.

Mentre il Vittorio Emanuele restava chiuso anche nel periodo del Covid, quando si era sentita fortemente l’esigenza di spazi dedicati alla sanità e anche all’istruzione, mentre l’assenza di adeguati controlli abbandonava ai vandali strutture in buono stato e ricche di attrezzature funzionanti (acquistate con soldi pubblici, non dimentichiamolo), alla Regione c’era chi riteneva di dover decidere per tutti.

E non sappiamo se abbia tenuto nel debito conto la situazione generale del quartiere, lo spopolamento, le attività commerciali che via via hanno chiuso, gli anziani rimasti in solitudine e privi di servizi essenziali.

La risposta è stata comunque quella di un accordo di vertice. La Regione, dopo aver avviato il progetto di Museo voluto da Musumeci e soddisfatto l’esigenza di uno spazio per l’Accademia di Belle Arti, ha deciso di assegnare il resto dell’area in comodato d’uso all’Università.

Quale ruolo è stato riconosciuto alle istituzioni comunali, quelle che dovrebbero rappresentare i cittadini? Cittadini, peraltro, tenuti all’oscuro, tranne per qualche notizia fatta filtrare qua e là.

Il sindaco Trantino si è limitato a citare il “contributo fattivo delle altre istituzioni, a cominciare dal consiglio comunale con cui condivideremo il percorso”. Non il Consiglio Comuale protagonista delle scelte urbanistiche, come vorrebbe la legge, ma un’istituzione chiamata a condividere un percorso scelto da altri.

Quanto all’Università, oggi forse la più importante azienda cittadina, abituata a pretendere tutto per sé, siamo sicuri che la sua presenza sempre più ingombrante sulla collina di Montevergine, abbia portato sicuri vantaggi in questa zona della città? Che dire dell’espulsione dei vecchi abitanti, dell’aumento dei costi delle abitazioni, della perdita dei servizi diversi da quelli destinati alla popolazione studentesca, come ad esempio i servizi sanitari, di cui l’area è stata decapitata, e di cui invece ci sarebbe necessità?

La corsa alla costruzione di nuove aule, inoltre, sappiamo che ha minacciato anche importanti siti archeologici, come nel caso della Purità, dei cui spazi l’Università pensava di poter disporre senza riconoscere il ruolo e le competenze del Parco archeologico greco-romano.

E’ da dimostrare, infine, che sia un aumento delle aule, e non altro, quello di cui il nostro Ateneo ha bisogno per diventare “accogliente, funzionale ed efficiente”, come ha detto Priolo.

Un’ultima considerazione sulla scelta di realizzare, nel corpo centrale dell’ex ospedale, il Museo dell’Etna. Non abbiamo sentito parlare di valutazioni costi-benefici, di calcoli relativi alle spese necessarie a mantenere in vita il nuovo organismo, a cominciare dal personale che dovrà controllare una struttura con una superficie pari a 2/3 degli Uffizi, ma che avrà di certo un ritorno economico di gran lunga inferiore.

Argo

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