Nessuno può essere privato della libertà se un giudice non convalida il relativo provvedimento. Questo principio, che garantisce il cittadino dall’arbitrio, ci è caro quando riguarda noi e quelli come noi, ma ci lascia perplessi quando riguarda un ‘nemico’. E come nemici sono presentati gli stranieri immigrati, i quali tuttavia – anche se qualcuno lo ammette a fatica – sono uomini come noi e hanno i nostri stessi diritti.
E’ accaduto così che, quando la Questura di Ragusa ha disposto il “trattenimento” (nel nuovo centro di Pozzallo) di tre migranti provenienti dalla Tunisia, come previsto dal Decreto Ministeriale del 14 settembre 2023, si è resa necessaria la convalida di un giudice. All’udienza di convalida hanno partecipato anche tre avvocati esperti di immigrazione, due dei quali del Centro Astalli, nominati d’ufficio per difendere gli interessi dei ricorrenti, come prevede la normativa.
Prendere la decisione è toccato a Iolanda Apostolico, giudice della sezione immigrazione del Tribunale ordinario di Catania (Ragusa appartiene infatti al distretto della Corte di Appello di Catania). E Apostolico ha respinto le richieste di convalida e disposto il rilascio immediato dei migranti.
Apriti cielo! Le forze di governo hanno subito bollato la decisione come ‘politica’ e ideologica, la responsabile del Dipartimento immigrazione di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, ha parlato di diritto piegato all’ideologia, Salvini (che ha recentemente utilizzato l’immunità parlamentare per sottrarsi ai giudici e che, nel proprio profilo Facebook, ha pubblicato una foto della giudice, tratta da Il Giornale) ha subito dedotto che bisogna riformare la giustizia, la Presidente del consiglio si è detta “basita” per la decisione di una giudice che – a suo parere – si scaglia “contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto” favorendo (addirittura…) l’immigrazione illegale. Quei giornali, che nel recente passato ci avevano deliziato parlando della nipote di Mubarak ‘salvata’ da Berlusconi, hanno, con scarso senso del ridicolo, coniato il termine “giudici scafisti”.
E così via, fino ad arrivare, come da copione, agli attacchi personali alla giudice e ai familiari, un atteggiamento esecrabile che, purtroppo, non ci sorprende perché alcuni “manovratori” ritengono di avere più diritti degli altri, e in primo luogo quello di non dovere mai essere disturbati. Che poi tutti questi autorevoli commentatori si siano ben guardati dall’entrare nel merito del provvedimento e delle questioni sollevate dalla giudice, la dice lunga su obiettivi, rispetto e condivisione delle regole democratiche.
Per questo a essere basiti, anzi decisamente preoccupati, siamo noi. Ogni democrazia dovrebbe avere assoluto rispetto della separazione dei poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario. Secondo la nostra Costituzione, art. 101 “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge, art. 104 “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
Perché, quindi, un magistrato dovrebbe essere subordinato a un governo democraticamente eletto? Peraltro, il ministero dell’Interno ha già annunciato che impugnerà la decisione, che, quindi, sarà esaminata da un altro giudice. In un clima civile, oseremmo dire rispettoso delle regole democratiche, governo e maggioranza non dovrebbero fare altro che aspettare il nuovo pronunciamento, senza tentare di influenzare indebitamente l’ordine giudiziario.
A questi signori vorremmo inoltre ricordare che il giudice ha il compito di applicare le leggi, ma tenendo innanzi tutto presente la legge fondamentale dello Stato che è la Costituzione e anche le leggi comunitarie che, come confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (1964, Costa vs Enel) hanno il primato su quelle nazionali.
Eppure il provvedimento della giudice era motivato in modo preciso e dettagliato. In primo luogo Apostolico ha ritenuto il trattenimento illegittimo alla luce del diritto comunitario ed in particolare alla direttiva europea 2013/33/UE sull’accoglienza dei richiedenti asilo, recepita in Italia dal decreto legge n.142 del 18 agosto 2015. Decreto che, non solo esclude che un richiedente protezione internazionale possa essere trattenuto “al solo fine di esaminare la sua domanda”, ma prevede che l’eventuale trattenimento sia disposto solo in casi eccezionali, sulla base di una “valutazione caso per caso”, e venga corredato da idonea motivazione.
Il provvedimento del Questore di Ragusa non era motivato. E non lo era perché il decreto Cutro del marzo 2023 e la direttiva ministeriale del 14 settembre scorso hanno introdotto la detenzione automatica per chi arriva da paesi considerati sicuri. Il vizio di fondo, come afferma il costituzionalista Azzariti, è l’idea dell’automatismo, che confligge con la Costituzione, l’ordinamento internazionale, la giurisprudenza della Corte europea.
Emerge qui una questione grossa, quella della costituzionalità del pacchetto di leggi varate dal governo con l’ottica della sicurezza e dimenticando la tutela dei diritti fondamentali garantita dalla Costituzione.
Il richiamo alle norme europee e italiane (D. Lgs 142/2015, direttiva 2013/33/UE) viene ribadito dalla giudice anche a proposito della garanzia finanziaria (i famosi 4.938,00 euro di ‘cauzione’), imposta dal decreto ministeriale del 14 settembre 2023: non può essere considerata misura alternativa al trattenimento, ma un requisito amministrativo imposto per il solo fatto che viene chiesta la protezione internazionale, “violando così le norme sull’accoglienza”.
Infine, ci piace ricordare cosa dice in un apposito comunicato la Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati del Distretto di Catania che: “esprime pertanto piena solidarietà e vicinanza alla collega autrice del provvedimento e ricorda che gli atti dell’autorità giudiziaria possono certamente essere criticati e non condivisi, oltre che impugnati nelle opportune sedi; tuttavia, anche la più aspra delle critiche non deve mai trascendere nella delegittimazione personale e professionale dei magistrati che li hanno redatti, né nello strumentale travisamento dei contenuti di quegli stessi provvedimenti o, ancora, in moniti intimidatori verso chiunque – come la collega in questione – eserciti l’attività giurisdizionale attenendosi quotidianamente ai più alti standard legali e deontologici”.
Sono in molti a pensare che una volta arrivati al governo si possa fare tutto quello che si desidera, anche in contrasto con le norme esistenti. Purtroppo spesso l’ignoranza la fa da padrona.
Lasciateli parlare. Più parlano e meglio è. Più parlano e più dimostrano di essere ignoranti, incapaci e cattivi. >Non si può negli ‘anni duemila disconoscere l’esistenza di DIRITTI UMANI ASSOLUTI E NON NEGOZIABILI. Purtroppo esiste questa triste realtà.
non sono sorpresa del fatto che la Meloni abbia espresso un giudizio sull’operato del giudice del Tribunale di Catania. Sono contenta perchè ha dimostrato la pochezza della sua cultura politica dal momento in cui afferma che il giudice doveva convalidare il provvedimento ritenendo prevalente il significato della norma da applicare nel senso voluto dal burocrate di turno. La nostra ministra disconosce il prin cipio che le leggi vanno lette ed interpretate per poi essere applicate e che il fatto di aver negato la convalida perchè la norma era stata malamente interpretata e letta dimostra l’avvenuta applicazione di un principio codificato nella nostra legislazione. e collegato intimamente alle norme da applicare. La Meloni ha rivelato la sua pochezza culturale e politica e ben per noi il fatto che abbia espresso il suo errato convincimento. Il suo intervento sarà utile per valutare la sua posizione politica e la misura del rispetto dei diritti umani , assoluti e non negoziabili. Questo errore contribuirà a valutare il suo bagaglio ideologico ed i suoi limiti nella gestione della cosa pubblica.