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Intelligenza Artificiale e diseguaglianze, cosa ne pensa il Nobel dell’economia Joseph Stiglitz

Nei prossimi decenni, l’IA sarà sempre più presente nella vita individuale e sociale e porterà dei cambiamenti radicali anche nel panorama economico.

Un’occasione di confronto su questo tema, e soprattutto su quanto l’IA rischi di amplificare le disuguaglianze all’interno della società, è stato organizzata, già nel 2021, dal Centre for the Governance of AI (GovAI), che ha invitato il professore Anton Korinek del dipartimento di Economia dell’Università di Virginia a dialogare con il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz.

Un botta e risposta non solo di tipo teorico o descrittivo, ma finalizzato ad individuare norme efficaci da mettere in campo per massimizzare i benefici e ridurre al minimo i rischi dell’IA avanzata.

Il confronto ha preso avvio dalla crescita delle disuguaglianze che si è verificata negli ultimi decenni, esacerbata dalla pandemia di COVID-19, e dai timori delle ricadute che potrebbero scaturire dai futuri progressi nell’IA.

Quando gli economisti parlano di disuguaglianza – ha precisato Stiglitz – si riferiscono innanzi tutto a disuguaglianze di reddito da lavoro e di patrimonio. Ma ci sono molte altre dimensioni della disuguaglianza, come l’accesso alla salute, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti che non hanno un servizio sanitario nazionale. Ci sono disparità anche nell’accesso alla giustizia, alle informazioni, all’istruzione, alla stessa tecnologia, che svolgono un ruolo molto importante nella perpetuazione delle disuguaglianze.

Si tratta di discriminazioni – ha aggiunto – che contrastano con il Sogno Americano, secondo cui tutte le persone sono state create uguali e hanno le stesse opportunità.

Considerato che, a suo parere, la disuguaglianza è il risultato delle leggi degli uomini ( ad esempio sul lavoro o sui monopoli o sulla governance aziendale) e non di quelle della natura, Stiglitz avanza una serie di osservazioni e proposte. Dalla natura degli investimento pubblici alla politica monetaria (che, ad esempio, a seguito della crisi del 2008, ha portato a un’ineguaglianza di ricchezza senza precedenti), fino allo spinoso problema della tassazione.

In particolare, sulla IA e sull’impatto che può avere sulla disuguaglianza, Stiglitz sostiene che non si può assimilare l’IA ad altri tipi di innovazioni. Nel passato le innovazioni, dopo inizi ‘turbolenti’, hanno finito per portare mutamenti favorevoli. “Ad esempio, i produttori di fruste per carrozze hanno perso quando sono arrivate le automobili, ma il numero dei nuovi posti di lavoro creati nella riparazione auto ha superato di gran lunga i vecchi posti di lavoro e migliorato la condizione dei lavoratori”. Questa volta la situazione potrebbe essere diversa. Prima di tutto perchè queste nuove tecnologie sostituiscono il lavoro, anziché aumentarne la produttività.

Davanti alla domanda di Korinek, che chiede se e quando la IA possa diventare veramente trasformativa e svolgere sostanzialmente tutto ciò che possono fare i lavoratori umani, rendendo il lavoro umano superfluo in un mondo in cui, però, il lavoro è la principale fonte di reddito, la risposta di Stiglitz è prudente. “Non sappiamo se e quando ciò avverrà. Ma sicuramente dovremmo pensare a quella possibilità e dedicare a questo scenario la maggior parte della nostra attività di ricerca.”

Un punto importante è che, in linea di principio, i progressi nelle tecnologie rendono la nostra società più ricca. Tutti potrebbero stare meglio. Ma è necessario intraprendere percorsi che garantiscano a tutti, o almeno alla maggioranza, condizioni migliori sul piano sociale, economico, politico.

Il rischio è che, visto che poche persone controllano queste tecnologie, la nostra società possa entare in un’era di disuguaglianza senza precedenti, con poche persone che hanno tutta la ricchezza, e tutti gli altri che lottano per andare avanti e diventano essenzialmente servi. Un nuovo tipo di servitù. Anche perchè – aggiunge Stigliz – le nuove tecnologie hanno la caratteristica del vincitore-prende-tutto, con relativo aumento del potere di monopolio, un mercato meno competitivo e maggiore disuguaglianza.

Nel caso dei paesi in via di sviluppo, i problemi sono ancora più gravi. Le innovazioni legate all’IA fanno diminuire il valore del lavoro non qualificato e quello di determinate risorse naturali, vale a dire i principali asset di molti paesi in via di sviluppo. La condizione di questi ultimi, pertanto, peggiorerà.

All’interno del nostro paese, almeno in linea teorica – precisa – abbiamo la possibilità di intervenire con forme di redistribuzione. Se Jeff Bezos o Bill Gates diventano più ricchi, abbiamo sempre la possibilità di tassare i loro guadagni e redistribuirli ai perdenti, assicurando a tutti la possibilità di stare meglio. E’ necessario, però, che si voglia fare questa scelta politica.

La maggior parte degli economisti – sostiene – sarebbe d’accordo sul fatto che è sufficiente riconoscere ai miliardari una ricompensa di 16 miliardi di dollari, anziché 160. Sono persone creative che “vogliono essere in cima” e probabilmente continuerebbero a lavorare sodo. Nel contempo, le tasse redistributive imposte a Bezos, Gates o ad altri come loro, potrebbero essere usate per avere una maggiore prosperità condivisa.

L’effetto della ‘IA trasformativa’ sull’ineguaglianza, sul reddito, sulla ricchezza e sugli aspetti monetari dipenderà, quindi, dalle istituzioni. Se otteniamo un accesso ampio e significativo alla proprietà intellettuale, allora i benefici dell’IA trasformativa possono essere ampiamente condivisi.

Al momento, il presidente Biden parla molto della “economia dell’assistenza”. Si stanno creando posti di lavoro nell’istruzione, nella sanità, nell’assistenza agli anziani e nell’assistenza ai malati. Anche se i salari in questi lavori sono relativamente bassi, a causa dell’eredità di discriminazione contro le donne e le persone di colore che hanno lavorato in queste aree, potremmo chiedere che questi salari riflettano l’importanza del prendersi cura. “Tassando i più ricchi, potremmo usare gli introiti fiscali per creare nuovi posti di lavoro ben pagati”. Ci sarebbe comunque un po’ di disuguaglianza, ma non lo scenario da incubo della nuova servitù di cui Stiglitz ha parlato prima.

“Potremmo creare lavori con un salario dignitoso nell’area dell’assistenza. Potremmo affrontare la crisi climatica creando lavori verdi. Potremmo affrontare il problema delle infrastrutture, realizzando molte delle opere che sono state trascurate. Questa riorganizzazione della nostra società ci permetterebbe di affrontare il cambiamento climatico, la disuguaglianza economica e le carenze di infrastrutture.”

Ci sono, quindi, molte cose che potremmo fare per creare una società più giusta e più prospera – ha osservato ancora Stiglitz – ma sarebbero necessari molti cambiamenti. Cambiamenti nelle leggi che guidano il modo in cui l’IA viene sviluppata, distribuita e utilizzata. Cambiamenti nelle leggi che riguardano la nostra economia, il potere di mercato e la concorrenza. Cambiamenti nelle leggi fiscali e nella struttura di governance internazionale, affinché le disuguaglianze a livello internazionale possano essere affrontate in modo più efficace.

Un altro aspetto del problema è quello di impedire la trasmissione intergenerazionale di vantaggi e svantaggi. “Nel corso dei secoli, ci sono sempre stati genitori che hanno voluto aiutare i loro figli, il che non è un problema”, sostiene Stiglitz.

I problemi – prosegue – sono altri. Negli Stati Uniti, ad esempio, abbiamo un sistema educativo basato su una sorta di segregazione: le persone ricche vivono con persone ricche e le persone povere con persone povere. Se le scuole nelle zone ricche offrono ai ragazzi un’istruzione davvero buona, questo non accade nelle zone povere: ecco che l’istruzione pubblica finisce per perpetuare l’ineguaglianza

Quanto alla ricchezza finanziaria, la disposizione più importante nella trasmissione intergenerazionale è l’imposta sulle eredità e la tassazione del capitale. Sotto Trump, sono state smantellate le tasse ereditarie, che andrebbero ripristinate per ottenere una distribuzione più equa, chiamata pre-distribuzione.

Provocato da Korinek, che gli ricorda che “molti economisti sostengono che non dovremmo tassare il capitale, perché sarebbe auto-distruttivo, in quanto scoraggerebbe l’accumulo di capitale e alla fine danneggerebbe i lavoratori”, Stiglitz non nega che sia un argomento serio. Ma ritiene che il governo abbia diversi strumenti a disposizione. Ad esempio può investire in capitale pubblico, istruzione e infrastrutture, con grande beneficio dei lavoratori. Anche sul piano della tassazione si può fare di più, la quantità di ricchezza che le persone più abbienti stanno accumulando prova che “non stiamo tassando tutti i profitti puri”.

Stiglitz si interroga poi sulle conseguenze sociali di alcuni investimenti. “Le persone che investono in centrali a carbone possono guadagnare molti soldi, ma il loro investimento distrugge il pianeta ed è tutta la società a sopportarne i costi. La tassa sui robot proposta da Gates si basa sullo stesso concetto. Se sostituissimo i lavoratori e li mandassimo in cassa integrazione, dovremmo sopportare come società il costo della loro disoccupazione. Sono costi su cui sarebbe necessario riflettere.

E quando Korinek gli chiede consigli su come riformare il nostro attuale sistema di tassazione per fronteggiare un futuro in cui il lavoro umano gioca un ruolo minore, Stiglitz risponde che l’unico strumento non è la tassazione. Per una società più equa sono importanti anche gli investimenti e la politica monetaria.

La cosa più importante è essere sensibili a come ogni aspetto della politica, compresa la politica fiscale, plasmi i nostri sforzi innovativi e indirizzi la nostra ricerca verso determinati obiettivi. Stiamo dedicando la nostra ricerca al salvataggio del lavoro non qualificato o all’aumento della forza del lavoro? Vogliamo sostituire il lavoro o renderlo più produttivo? Ci sono diverse forme di innovazione.

Quanto a fornire a tutti una rete di sicurezza sociale, ci sono molte cose che possiamo fare oltre all’UBI (Reddito di Base Universale, modello di sostegno a tutti i cittadini che alcune città statunitensi stanno testando e che potremmo assimilare al nostro reddito di cittadinanza), anche molto più efficaci. Ad esempio, potremmo garantire l’accesso all’istruzione superiore e all’addestramento professionale gratuito. Potremmo garantire l’accesso ad una sanità pubblica di alta qualità. Potremmo investire in programmi di sostegno all’infanzia, all’assistenza agli anziani e ai servizi di cura. Tutti questi investimenti mirati possono affrontare le esigenze specifiche delle persone in modo più efficace rispetto “ad un’unica somma forfettaria”. Sarebbe un modo più mirato per risolvere i problemi strutturali che causano la disuguaglianza.

Rispondendo ad alcune domande del pubblico, Stiglitz riconosce che non abbiamo ancora chiarezza su tutti i problemi e i danni che l’IA può generare nella società. Dobbiamo quindi attivarci per individuare gli strumenti adatti a contrastarli.

E cita, ad esempio, il rischio che le aziende, acquisendo sempre maggiori informazioni sui consumatori, pratichino prezzi discriminatori sfruttando chi ha veramente bisogno di un determinato bene. Ci sono aziende che già lo fanno, ad esempio per i biglietti aerei. “Ma si tratta di una discriminazione odiosa, che ha una componente razziale, di genere e professionale”, soggiunge. Un’altra conseguenze negativa è la manipolazione. L’IA può individuare alcune predisposizioni, come quella al gioco d’azzardo, e incoraggiare le pulsioni peggiori di un individuo. O può usare la disinformazione per rafforzare alcune credenze o attuare una manipolazione politica per influenzare il voto e le scelte delle istituzioni. “In assenza di linee guida, buone regole e regolamenti, l’IA può essere straordinariamente pericolosa per la nostra società”, conclude l’economista.

Quanto alla domanda sulla esistenza di una forza autoregolatrice all’interno della democrazia, Stiglitz è scettico e dichiara di vedere piuttosto una forza che opera nella direzione opposta, come ha scritto Nancy MacLean nel suo “La democrazia in catene“.

C’è, a suo parere, un meccanismo di autoregolazione che non sta funzionando e si augura si possa invertire la rotta, anche se una parte politica (in USA i Repubblicani) vuole “sopprimere gli elettori e il loro diritto di voto rendendo più difficile votare”. Ecco perché gli americani – prosegue – devono rivolgersi al voto prima che sia troppo tardi, prima di perdere questo diritto. Ci sono, infatti, tutta una serie di questioni politiche “che non avevamo nemmeno iniziato a pensare 20 anni fa”.

La sfida principale della nostra società per i prossimi trenta anni, è comunque per Stiglitz la Transizione Verde, “che richiederà molte risorse e molta manodopera”. E anche se alcune persone si chiedono se possiamo permettercelo, l’economista ritiene che sì, orientando in questa direzione le risorse, la manodopera e il capitale, “allora possiamo permettercelo”. Possiamo permetterci anche di colmare le carenze nell’infrastruttura e nell’istruzione, investendo risorse che diano a ciasucuno un lavoro pagato in modo dignitoso.

Questo è l’obiettivo per i prossimi 30/40 anni. E “se avremo meravigliosi robot che producono altri robot e tutti i beni, il cibo e i servizi di cui abbiamo bisogno, ci impegneremo nel discutere di cosa renda la vita significativa”. E apriremo per tutte le persone la possibilità di dedicarsi ad attività creative.

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Argo

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