Ottanta anni dallo sbarco “alleato” in Sicilia, un’occasione importante per mantenere viva la memoria e riflettere sul nostro presente.
Nel 1940 Mussolini, convinto che con la sconfitta della Francia la guerra si avviasse velocemente verso la conclusione, aveva deciso l’intervento militare italiano a fianco dell’alleato tedesco. Una previsione che si rivelò del tutto sbagliata, soprattutto quando, con l’aggressione tedesca all’Unione Sovietica e l’attacco giapponese a Pearl Harbour, la guerra imperialista, cominciata con l’invasione tedesca della Polonia, si trasformò in guerra contro il nazifascismo.
USA, URSS e GBR (con il contributo delle forze Partigiane) unirono le loro forze e coordinarono le azioni militari. L’apertura del “secondo fronte”, “il fronte siciliano”, servì, anche, a impegnare ulteriormente le truppe dell’asse, garantendo all’URSS condizioni migliori per sviluppare la controffensiva contro i tedeschi.
L’Associazione Etnea Studi Storico-Filosofici ha scelto, lunedì 10 aprile, il cortile del Palazzo degli Elefanti, dove ci sono le lapidi che ricordano i partigiani e le partigiane catanesi, i bombardamenti Alleati che precedettero lo sbarco e la rivolta dei “non si parte” del dicembre 1944. Per riflettere su questi temi. Salvatore Distefano (presidente dell’Associazione) ha sottolineato l’importanza dei “documenti” presenti nel palazzo comunale che permettono di ricostruire un periodo fondamentale della nostra storia.
Da un lato emergono le sofferenze della popolazione sottoposta a bombardamenti massivi, conseguenza della guerra scatenata dai nazifascisti e della politica del fascismo che stava facendo precipitare il Paese in una immane distruzione; dall’altro il sentimento diffuso di porre fine al conflitto che spinse la popolazione a solidarizzare con i soldati alleati e a invitare i militari italiani a non opporre resistenza, perché la guerra potesse finire nel più breve tempo possibile.
Distefano ha ricordato il contributo degli antifascisti catanesi (Salanitro, Giuffrida, Di Francesco, per tutti) che sacrificarono la loro vita per la libertà, la democrazia, la giustizia sociale e l’uguaglianza, ma anche gli episodi di Resistenza che ci furono in Sicilia. Ricordando, in particolare, la strage tedesca di Castiglione di Sicilia, ma anche la ribellione dei cittadini di Mascalucia contro le requisizioni dei tedeschi e, più in generale quello che avvenne nell’area pedemontana.
Infine, il riferimento al movimento “non si parte”, splendidamente raccontato nel libro “Una donna di Ragusa” di Maria Occhipinti, che in varie parti dell’Isola portò masse di cittadini all’assalto dei municipi per distruggere gli archivi e impedire l’arruolamento dei giovani siciliani contro le forze nazifasciste.
Una necessità, quella della ricostruzione storica, da sviluppare a “tutto tondo”, senza tacere sulle ombre come per esempio quelle relative alle scelte fatte dal governo militare, l’AMGOT, con la nomina di sindaci mafiosi o legati alla mafia (come nel caso di esponenti del separatismo).
Una memoria da condividere, come ha detto Domenico Stimolo (da sempre impegnato in questa direzione), soprattutto con le giovani generazioni, obiettivo condiviso anche da Graziano Bonaccorsi, giovane e combattivo consigliere comunale dei 5 Stelle, che ha fatto da tramite tra l’Associazione e il Comune perché potesse svolgersi la manifestazione. Prossimo appuntamento, l’otto settembre.
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