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La Corte di Cassazione conferma, Fininvest ha finanziato la mafia

“Nessun odio, ma nessuna santificazione ipocrita. Ricordare chi è stato Berlusconi è oggi un dovere civile”, così Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena. Occorrerà tempo e il giusto distacco per ragionare complessivamente su un personaggio che, nel bene e nel male, ha occupato la scena politica italiana, e non solo, negli ultimi trent’anni, dopo la fine della cosiddetta prima repubblica.

Accanto alla tristezza che si prova di fronte a ogni morte, non è però corretto cancellare cronaca e storia, per questo abbiamo più di una perplessità di fronte alla scelta del governo di disporre il lutto nazionale. Misura che, limitandoci alla Sicilia, non è stata realizzata neanche dopo gli assassinii di Falcone e Borsellino.

Talvolta, più che i ragionamenti articolati, sempre benvenuti, è utile fare parlare i fatti. Per questo proponiamo un articolo di Stefano Baudino, de L’Indipendente, che ricostruisce il processo intentato dalla Fininvest contro gli autori del libro “Colletti sporchi”, sul quale nel 2021 la Corte di Cassazione ha definitivamente dato torto all’azienda del biscione.

Scrivere che “La Fininvest ha finanziato Cosa Nostra ed è stata in rapporti con la mafia” è assolutamente legittimo: così ha stabilito la Corte di Cassazione, che dopo sette anni è andata a chiudere il processo intentato dalla Fininvest, holding fondata nel 1975 da Silvio Berlusconi, contro il magistrato Luca Tescaroli, il giornalista Ferruccio Pinotti ed RCS, la Casa Editrice che ha pubblicato il loro libro dal titolo “Colletti Sporchi”.

All’interno dell’opera, uscita nel 2008, gli autori avevano approfondito l’annoso tema dei rapporti tra il gotha della mafia siciliana e la società di Berlusconi, i cui vertici avrebbero versato periodicamente 200 milioni di lire “a titolo di contributo a Cosa Nostra”.

In particolare, nel libro trovavano spazio le dichiarazioni del pentito Salvatore Cancemi, che, nella cornice del processo sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio, rivelò che il capo di Cosa Nostra Totò Riina si sarebbe attivato dall’inizio degli anni ’90 al fine di “coltivare direttamente […] i rapporti con i vertici della Fininvest tramite Craxi” e che lo stesso Riina, nel 1991, gli riferì che “Berlusconi e […] Marcello Dell’Utri erano interessati ad acquistare la zona vecchia di Palermo e che lui stesso (Riina, ndr) si sarebbe occupato dell’affare, avendo i due personaggi ‘nelle mani’”.

Lo spaccato delineato da Cancemi rispetto all’asse Fininvest-Cosa Nostra è stato confermato dalle testimonianze di altri importanti esponenti della mafia palermitana divenuti collaboratori di giustizia, tra cui Giovanni Brusca, che inquadrò “come regalo, come contributo, come estorsione” il denaro versato da Berlusconi a Cosa Nostra, e Gaetano Grado, che affermò che una parte degli ingenti guadagni del traffico di droga furono investiti dalla mafia, tramite l’azione di Dell’Utri, nelle società di Silvio Berlusconi.

Essendo stato riconosciuto come mediatore tra Cosa Nostra e l’allora imprenditore Berlusconi, nel 2014 Marcello Dell’Utri è stato condannato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza definitiva che gli ha impartito sette anni di carcere afferma che “grazie all’opera di intermediazione svolta da Dell’Utri veniva raggiunto un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Silvio Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione da lui accordata da Cosa Nostra palermitana.

Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti che a esso avevano aderito grazie all’impegno profuso da Dell’Utri: per Silvio Berlusconi esso consisteva nella protezione complessiva sia sul versante personale che su quello economico; per la consorteria mafiosa si traduceva invece nel conseguimento di rilevanti profitti di natura patrimoniale. Tale patto non era stato preceduto da azioni intimidatorie di Cosa Nostra palermitana in danno di Silvio Berlusconi e costituiva piuttosto l’espressione di una certa espressa propensione a monetizzare per quanto possibile il rischio cui era esposto”.

Secondo i magistrati, tale patto sarebbe stato stipulato nel 1974, in occasione di un incontro tenutosi a Milano tra Silvio Berlusconi, il suo braccio destro Marcello Dell’Utri, l’allora capo della mafia palermitana Stefano Bontate e il mafioso Francesco di Carlo. Esso sarebbe rimasto effettivo fino all’anno 1992. “Il sopravvento di Riina e dei corleonesi [che sconfissero i palermitani nella seconda guerra di mafia e conquistarono il comando dell’organizzazione, ndr] – prosegue la Cassazione – non aveva mutato gli equilibri che avevano garantito l’accordo nel 1974 tra Berlusconi e Cosa Nostra grazie all’intermediazione di Dell’Utri, che aveva assicurato da un lato la generale protezione dell’imprenditore, e dall’altro profitti e guadagni illeciti utili al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa, che per circa un ventennio aveva mantenuto contatti con il facoltoso imprenditore. 

L’avvento dei corleonesi di Totò Riina non aveva inciso sulla causa illecita del patto. Berlusconi aveva infatti costantemente manifestato la sua personale propensione a non ricorrere a forme istituzionali di tutela, ma avvalendosi piuttosto dell’opera di mediazione con Cosa Nostra svolta da Dell’Utri. A sua volta Dell’Utri aveva provveduto con continuità a effettuare per conto di Berlusconi il versamento delle somme concordate a Cosa Nostra e non aveva in alcun modo contestato le nuove richieste avanzate da Totò Riina”.

La via era, insomma, segnata dalle precedenti risultanze processuali. Seguendo la linea dei giudici di primo e secondo grado e respingendo l’ennesimo ricorso della Fininvest, la Cassazione ha effettuato la “verifica dell’avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie” e “della congruità e logicità della motivazione”. La Fininvest sarà ora chiamata a pagare le spese processuali.

Argo

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  • Mi domando come Rita Dalla Chiesa , Caterina Chinnici siano passate a Forza Italia, forse accecate dal fascino seduttivo di Silvio! I loro padri si rivoltano nella tomba!!!

    • Più sono troie che sputano sui loro padri uccisi da Berlusconi brava rituccia con la mafia ti metti forza Italia

  • Nutro il desiderio di leggere il parere di Violante sulla figura di Silvio Berlusconi. E' stato Violante che ha innescato la terribiole operazione del processo penale con l'associazione esterna al gruppo mafioso per eliminare tutti i residui partiti della prima repubblica ed impedire a Berlusconi di proseguire nell'opera politica della Dc e di quei partiti che avevano tentato di sopravvivere al terrorismo. Violante è stato l'artefice e mi piacerebbe ascoltare la sua voce.

  • Qui non si vuole cancellare cronaca e storia… !
    Se ne vuole proprio rovesciare il significato : che si tratti della falsa coscienza di marxiana memoria?

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