Un’alleanza che ruota intorno ai bambini e ai ragazzi, e mette insieme chi si occupa di educarli. In primo luogo la scuola pubblica, insieme alle famiglie, ma anche le associazioni del terzo settore, le istituzioni territoriali, le parrocchie, l’Università. E’ la Comunità Educante, strumento necessario per fronteggiare i drammatici livelli di dispersione scolastica e di devianza giovanile presenti nel nostro territorio “con strumenti, idee e buone pratiche che possono migliorare la vita dei minori”.
Il Comune, prima istituzione cui è affidata la cura delle persone e della comunità, in tutto questo ha un ruolo a cui non può e non deve sottrarsi, anche se fino ad ora, a Catania, spesso lo ha fatto. Deve contribuire ad individuare le forme e le azioni per esercitare la funzione educativa, utilizzando lo strumento della co-progettazione e concentrando sulle comunità educanti le ingenti risorse europee, nazionali e regionali attualmente dsponibili.
Questa la premessa di un breve ma denso appello ai decisori politici, formulato dal ‘Comitato per il contrasto alla povertà educativa e al disagio giovanile’ e fatto proprio dall’Andis, l’associazione dei dirigenti scolastici, che – con il suo presidente provinciale Mauro Mangano – vuole spingere affinché l’esperienza delle Comunità Educanti venga compresa nel suo valore e avviata dal maggior numero di presidi del nostro territorio. Solo così si potranno raggiungere alcuni obiettivi prioritari, un forte allungamento del tempo scuola, l’ampliamento dell’offerta formativa anche attraverso il coinvolgimento dell’associazionismo, il rinnovamento degli edifici scolastici, un’anagrafe scolastica degna di questo nome.
Di tutto questo si è parlato martedì 9 maggio, nel corso di incontro, vivace e partecipato, tra alcuni dirigenti scolastici della provincia, diverse associazioni del terzo settore, cooperative ed enti che già collaborano con le scuole, nella sede centrale dell’istuto comprensivo Rita Atria di Fontanarossa, diretto da Concetta Tumminia. Un momento di confronto di cui si sentiva il biosgno, tanto che sono state appena sufficienti tre ore di discussione per mettere in comune alcune delle esperienze e i relativi problemi, e per avviare contatti che permetteranno di proseguire il percorso iniziato.
Rappresentate scuole di Adrano, Biancavilla, Lentini, Caltagirone, Catania, e associazioni che operano nelle scuole mettendo a disposizione le proprie competenze, ognuna nel proprio campo, dal teatro alla disabilità, dalla musica allo sport, al supporto alla genitorialità.
Da segnalare, fuori provincia, l’esperienza di ‘scuola aperta partecipata’, raccontata in collegamento a distanza da Gianluca Cantisani, presidente del MOVI (Movimento Volontari Italiani). Un progetto di cui sono protagonisti da vent’anni i genitori degli alunni della scuola Di Donato, a Roma. Riuniti in associazione hanno assunto la gestione della scuola nelle ore extracurriculari (tardo pomeriggio, fine settimana) con proposte formative che cercano di rispondere alle esigenze del territorio, che accoglie ormai anche molti stranieri provenienti da tante parti del mondo. “Per non lasciare solo nessuna persona e nessuna famiglia”, ha detto Cantisani.
Il rapporto con le famiglie si è confermato come l’alleanza più importante nel contrasto alla Povertà Educativa. Nella famiglia il bambino cresce, ad essa ritorna, anche quando passa molte ore a scuola, lì ha assorbito alcuni valori e lì si deve giocare il loro eventuale rinnovamento.
E non parliamo solo delle famiglie più disagiate. Come ha osservato Tumminia, la povertà educativa riguarda ormai tutto il territorio, anche le fasce sociali più agiate, in cui i ragazzi crescono spesso disorientati e lasciati sostanzialmente soli.
D’altra parte la povertà educativa va compresa e analizzata nelle sue varie sfaccettature, anche perché le strategie per contrastarla – ha rilevato Mangano – variano a seconda del tipo di bisogno e di criticità. I problemi del ragazzino che non frequenta la scuola e cresce di fatto sulla strada non sono gli stessi del minore che ‘si perde’ nel passaggio alla scuola superiore o di quello che non riesce ad arrivare al diploma. Sebbene oggi il problema della dispersione scolastica sia maggiormente al centro dell’attenzione generale e si stiano moltiplicando gli osservatori per monitorarlo, si rischia di inseguire i numeri senza fare i necessari distinguo, che sono poi quelli che aiutano nella scelta delle strategie da intraprendere.
Fondamentale, nel contrasto al fenomeno, è in ogni caso il fattore continuità, su cui ha insistito Salvatore Impellizzeri, dirigente dalla Italo Calvino, che sta avviando, insieme alla Di Guardo-Quasimodo di San Giovanni Galermo, un progetto di Comunità Educante che coinvolge associazioni del territorio, cooperative come Prospettiva, e – sia pure con molto fatica – cerca di inglobare anche le parrocchie.
Il percorso che si prospetta è molto impegnativo e necessita della disponibilità del Comune, da cui – oltre tutto – dovrebbero provenire risorse economiche che, in questo momento, non mancano.
A Catania, fino ad ora, il Comune è stato sordo a qualunque tentativo di coinvolgimento. Più varia la situazione nei centri più piccoli, dove talora, ma non sempre, è più facile ottenere la disponibilità dell’ente locale, come dimostra il caso di Lentini.
Le risorse, oggi disponibili dopo anni di vacche magre, devono essere spese bene, si è detto da più parti, e sulla base di programmi a lungo termine, non sprecate in interventi estemporanei come è accaduto a Catania con la distribuzione di vaucher per attività sportive. Piuttosto che “rincorrere idee per spendere i soldi” – ha ribadito Antonella Inserra del Comitato – bisogna capovolgere la logica: individuare i bisogni della città e programmare interventi per dare risposte a questi bisogni utilizzando le risorse disponibili.
Interessatissimi e molto partecipi i rappresentanti delle associazioni e degli enti che già collaborano con le scuole, compreso il caso innovativo della collaborazione stabilita dall’Istituto Rita Atria con l’Ospedale San Marco, che si sta rivelando sempre più una risorsa per il quartiere oltre che per la città.
A Catania, quindi, sul solco di esperienze positive operanti altrove, sono pronte a partire le prime Comunità Educanti. Quella già avviata nell’area nord di Catania (S.Giovanni Galermo, Barriera-Canalicchio) con le scuole Calvino e Di Guardo-Quasimodo, quella che può nascere a Librino a partire dal Rita Atria, che già lavora con molte associazioni e potrebbe coinvolgere altre scuole ed enti, e quella che, a Picanello, sta per nascere attorno all’Istituo Comprensivo Malerba, diretto da Agata Pappalardo, che è anche delegata del vescovo sui problemi della dispersione scolastica.
Proprio da queste esperienze concrete, realizzate dal basso, può nascere “una forte spinta verso l’alto, alla quale il Comune non potrà dire di no”, come afferma in modo convinto Antonio Fisichella del Comitato per il contrasto alla povertà educativa: istituzionalizzarle e farle diventare prassi ordinarie di intervento nel territorio, permetterà alla comunità locale, del quartiere e del territorio, di affrontare le sfide educative del nostro tempo.
A questo link le Linee Guida per realizzare le Comununità educanti
Qui il documento “Il contrasto alla povertà educativa. Proposte, idee, percorsi”, elaborato dal Comitato per il contrasto alla povertà educativa e al disagio giovanile
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