Della proposta di istituire un grande Parco dalla collina di Monte Po alla foce del fiume Acquicella abbiamo spesso parlato, a partire dall’affollato evento pubblico in cui è stata tenuta a battesimo da 16 associazioni cittadine, oggi riunite in un apposito Comitato.
Abbiamo personalmente partecipato anche alle passeggiate esplorative per scoprire i tesori botanici e faunistici, archeologici e storico-antropologici che l’area riserva, esempi di bellezza e ricchezza nascoste, a due passi da casa.
Non possiamo quindi fare a meno di nutrire delle preoccupazioni per quello che è recentemente accaduto e continua ad accadere in quell’area, mettendo in discussione la speranza che si era aperta con la disponibilità dimostrata dal Comune, che ha inserito il Parco tra gli interventi del Piano Urbano Integrato, finanziato con fondi del PNRR destinati alla Città Metropolitana. Non solo.
Il Comune, in particolare l’ufficio Urbanistica, sembrava avere accolto con interesse anche il dossier presentato dal Comitato con una documentazione analitica delle peculiarità e delle problematiche dell’area e alcuni importanti indicazioni che possono costituire delle linee guida utili per chi dovrà effettuare la progettazione dell’intervento.
I primi motivi di preoccupazione sono nati dalla constatazione che l’area continuava ad essere usata impunemente come discarica a cielo aperto. Ma era solo l’inzio. E’ seguita la scoperta dell’abbattimento non casuale delle arcate di un piccolo acquedotto, parte degli edifici semidiruti di notevole valore storico-antropologico presenti in alcune particelle catastali interne all’area interessata.
E poi, soprattutto, i gravi interrogativi sulla proposta poco chiara di ‘ristrutturazione urbanistica’ presentata dalla ditta Cimas Immobiliare, di cui non si riesce a conoscere il progetto, se non per la notizia di un grande parcheggio, citato nei pareri espressi da Soprintendenza ed Urbanistica. Per il resto, sul progetto di sedicente ristrutturazione urbanistica, bocche cucite da parte degli uffici competenti, in primis Attività Produttive, cha hanno negato l’accesso agli atti più volte avanzato da Argo, adducendo pretesti non previsti dalla legislazione vigente.
Ai motivi di preoccupazione si aggiunge la notizia della mancata aggiudicazione della gara per la realizzazione del Parco. Anche Catania, così come gli altri Comuni titolari dei progetti da ultimare entro giugno 2026, si è rivolta ad Invitalia, Agenzia del Ministero dell’Economia, che ha già aggiudicato gare di appalto per 136 milioni su 185. Per la città di Catania sono state aggiudicate gare per circa 59 milioni (su 76), ma non quella relativa al Parco, che risulta essere andata deserta.
Il timore è che tutto questo faccia perdere il finanziamento previsto, di 15,209 milioni. Il cronoprogramma è infatti molto stringente. Entro dicembre 2022 si doveva fare la redazione del progetto definitivo, entro marzo 2023 la progettazione esecutiva, e nel luglio, vale a dire tra poco più di due mesi, l’aggiudicazione dei lavori.
Il ritardo è notevole e, visto che la situazione non sembra essere stata presa in considerazione nella sua gravità, il Comitato ha deciso di esporre la questione a chi ne ha la responsabilità istituzionale, innanzi tutto la Città Metropolitana con il Commissario straordinario che ha attualmente il potere del sindaco metropolitano, il direttore generale, il segretario generale e il referente ai Piani Irbani Integrati. Destinatari della lettera sono anche le figure del Comune che rivestono analoghe responsabilità.
Nella lettera il Comitato evidenzia come la perdita dei finanziamenti comporti “una perdita per l’intera cittadinanza sia nell’immediato (per l’indotto creato dalla utilizzazione dei fondi disponibili) che in prospettiva per tutti i benefici (materiali, sociali, ambientali, ecc.) che verrebbero negati ai futuri fruitori del Parco”.
E chiede alle autorità in indirizzo di “attivarsi ciascuna per le proprie competenze, così come previsto e richiamato dal protocollo d’intesa, intraprendendo le iniziative necessarie per accelerare le procedure finalizzate alla realizzazione dell’opera ed evitare la perdita dei finanziamenti”.
Ma l’attenzione dei responsabili istituzionali viene richiamata – nella missiva – anche sulla questione del progetto di “ristrutturazione urbanistica di aree che insistono negli spazi previsti per la realizzazione del parco”, un progetto che si sovrappone alla proposta di parco, con la quale è “sostanzialmente incompatibile”. E su cui è stato formulato, dal Suap, un “inusitato diniego” di accesso agli atti.
Di fronte a questo diniego, come avevamo già preannunciato, Argo non si è arreso. Una nuova istanza di accesso è stata inoltrata alla Responsabile della trasparenza del Comune di Catania, Rossana Manno e al Commissario Straordinario del Comune di Catania, Piero Mattei, su carta intestata dell’avvocata Adriana Laudani, che ha firmato la richiesta insieme alla presidente dell’associazione ArgoCatania APS, “nell’interesse e per conto” della stessa.
Dopo aver ricostruito le tappe della vicenda, a partire dalla prima richiesta di accesso, risalente al mese di febbraio, fino al diniego del 12 aprile scorso, l’avvocata ha ricordato come sia stata offerta ai ‘controinteressati’ la facoltà di opporsi alla richiesta di accesso, facendo valere le proprie ragioni. Cosa che i privati non hanno ritenuto di fare.
Essendo l’area interessata dal progetto destinata dal Piano regolatore a verde pubblico, sede stradale, vincolo assoluto di rispetto a margine strada. Ed essendo la proposta di parco stata accolta dal Comune, che l’ha inserita nel Piano Urbanistico Integrato, con un finanziamneto di 15 milioni di euro, l’esigenza di “verificare, attraverso la conoscenza del progetto, la funzionalità e l’impatto dell’opera privata autorizzata rispetto all’opera pubblica finanziata”, viene indicata da Laudani come un diritto.
Il diniego rende inaccessibile – prosegue l’avvocata – un documento “la cui conoscenza, attenendo al controllo sull’uso del territorio, deve ritenersi a tutti gli effetti di interesse pubblico”
Le finalità della procedura di accesso agli atti non sono forse quelle di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” e di “promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”? Senza dimenticare l’esistenza di una normativa nazionale ed europea che prevede la trasparenza di dati, documenti e informazioni di natura ambientale (dlgs 39/97), a cui Laudani fa esplicito riferimento.
Non essendo chiaro quale giudizio di bilanciamento l’Amministrazione abbia effettuato tra eventuali interessi pubblici e privati contraposti, né quale pregiudizo concreto deriverebbe agli interessi economici e commerciali della ditta da un accesso al progetto – conclude l’avvocata – si chiede di disporre l’accesso o, in via subordinata, la pubblicazione del progetto quale allegato al permesso di costruire.
L’istanza è stata inviata agli interessati in data 24 aprile 2023. La risposta non dovrebbe tardare. I destinatari dell’istanza non vorranno continuare a tenere nascosto l’uso che si vuol fare di un’area di interesse pubblico.
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Riguardo l'urbanistica le scelte poco chiare sono tante,. I progetti urbanistici che probabilmente non saranno mai realizzati neanche col pnrr saranno anch'essi tanti. Di amministrazione civica in amministrazione civica le parole sono tante ma il filo conduttore è sempre quello: l'immobilismo assoluto o le piccole realizzazioni a mo di mancia.
Vale per l'urbanistica ma vale anche per i trasporti pubblici, il traffico urbano, la pulizia della città in generale, l'abusivismo e quanto altro vi si voglia mettere.
Il degrado della nostra Catania è palpabile; rischia di diventare irreversibile senza una opposizione decisa della popolazione verso il malgoverno.
Rosario Amenta
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