Alla vigilia delle elezioni amministrative, martedi 2 maggio a Palazzo Platamone, si è svolto un incontro con Luigi Renna arcivescovo di Catania e i giornalisti Adelaide Barbagallo e Michele Cucuzza, autori de “L’urgenza di ricostruire. A colloquio con il vescovo cittadino”. E con i candidati alla carica di sindaco che si sono presentati tutti, anche se alcuni solo per un’apparizione e un discorsetto. Del resto, come dire di no al vescovo?
Non è un’ingenuo Renna, sapeva di esporsi ad una accusa di ingerenza nella politica, ma ha accettato il rischio e motivato la scelta. Come leggiamo anche nel libretto curato da Barbagallo e Cucuzza, secondo Renna “l’attenzione alla polis non è una rinuncia ad evangelizzare, ma una dimensione della evangelizzazione”. Da qui l’attenzione ai bisogni della città e delle persone che la abitano, la povertà, le periferie emarginate, il lavoro che è solo in nero e precario, la dispersione scolastica e la devianza giovanile, i servizi pubblici carenti, il welfare mafioso che si sostituisce a quello di uno Stato sempre più ‘distratto’, i giovani costretti ad emigrare per trovare lavoro.
Ai cittadini stanchi e sfiduciati Renna vuole dare un messaggio di speranza, invitarli a mettersi in gioco superando la sfiducia e la disaffezione alla politica, resa più acuta dalle frequenti notizie di gravi episodi di corruzione, sia pure da verificare.
C’è una chiamata alla speranza, non in questo o in quel candidato, ma in se stessi, nella propria volontà e capacità di costruire insieme qualcosa per il bene di tutti. Non per niente “partecipare” è la parola d’ordine, partecipare all’impegno, alla costruzione del bene comune, non certo al banchetto dei potenti che vogliono spartirsi la torta.
“Se la gloria di Dio è l’uomo vivente”, ha ribadito Renna, “non possiamo rendere culto a Sant’Agata e trascurare i fratelli”. E se – ha proseguito – per l’uomo greco “la virtù era la temperanza”, per il cristiano è la carità, tenendo presente che “la carità del noi tutti è la politica”, come ci insegna la parabola del Buon Samaritano, posta al centro dell’enciclica “Fratelli Tutti”, secondo cui ogni omissione di soccorso è complicità.
Senza nascondere, ma neanche ostentare la sua cultura, Renna cita anche Romano Guardini che sosteneva che “la virtù si può insegnare”, per mezzo di un intenso dialogo, come aveva fatto Socrate.
Invitati a rispondere all’appello del vescovo spiegando, in tre minuti, cosa intendano fare per la città, i candidati si sono piuttosto sentiti in dovere di giustificare il motivo della loro discesa in campo. Che, manco a dirlo, è stata determinata per tutti da un generoso desiderio di dare un contributo alla soluzione dei problemi cittadini, mettendo ognuno a frutto la propria esperienza.
Che sia quella di vicinanza alle famiglie, per Vincenzo Drago che si è occupato fino ad ora di sopraindebitamento, o quella di voler ‘servire il popolo’ come vuole fare Giuseppe Lipera che considera sterili le contraposizioni ideologiche e dichiara di ispirarsi al grande esempio di De Felice Giuffrida.
Vuole partire dalle “grandi energie” della città Enrico Trantino, che ritiene possibile un rinascimento di Catania ma non nasconde la continuità con la precedente amministrazione e inneggia all’arrivo di personale giovane ‘importato’ dalle multinazionali che stanno investendo in loco. Non proprio energie cittadine.
Più semplicemente Giuseppe Giuffrida condivide con il vescovo l’impegno a ridare speranza e vuole impegnarsi affinchè i cittadini si sentano protagonisti e vengano ascoltati. “La politica non si fa solo nei partiti”, dice, tanto che la sua è una vera lista civica. Sulla propria appartenenza alla generazione dei giovani insiste Gabriele Savoca, il più giovane dei candidati, che vuole partire dalle piccole cose che hanno reso difficile la quotidianità della vita cittadina.
L’unico ad entrare nel merito del programma è Maurizio Caserta, che mette al centro del suo intervento la parola legalità, da intendersi non come fatto giudiziario ma “parte costitutiva della vita comune, dai comportamenti degli automobisti alla gestione degli appalti, dall’uso dei fondi europei al racket del cimitero” e ancora altri esempi concreti. Da economista il candidato sindaco è consapevole che la legalità “può essere costosa” e prevede quindi “misure di compensazione a favore di chi trova difficile rispettare la legge”, un aiuto a chi è condizionato da precarie condizioni socio-economiche. Senza dimenticare che solo la legalità – conclude Caserta – può incoraggiare le imprese, i giovani, le donne a scommettersi avviando proprie attività.
Un breve dibattito ha concluso l’assemblea, che avrebbe meritato un pubblico più numeroso.
Il vescovo voleva comunque soltanto, e lo ha detto, gettare un sasso. Considera concluso il proprio ruolo, quello di promuovere l’azione dei laici. E, tra questi, i laici cattolici hanno già iniziato a fare sentire la propria voce costituendo il coordinamento “Non possiamo tacere”, mettendo in moto il “Cantiere per Catania” che ha prodotto il documento “Organizzare insieme la speranza”.
Il Cantiere – dice Renna a pag. 16 del libretto – non è l’unico movimento di uomini e donne di buona volontà che si è messo al lavoro. Ce ne sono molti altri. E ognuno può e deve dare il proprio contributo.
Il Cantiere comunque è in piena attività, organizza incontri con i cittadini, va a cercarli piuttosto che attendere che siano essi a muoversi. Sono in campo anche l’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro e l’Ufficio diocesano per la dispersione scolastica, istituito da Renna per cercare risposte ad uno dei problemi più gravi della città. Di una città a cui il vescovo sente ormai di appartenere, di esserne cittadino, consapevole però di doverla abitare ‘da straniero’, proiettato cioè verso qualcosa di più alto e “fratello di tutta l’umanità”.
La parola ” Legalità ” riassume compiutamente il significato dell’essere cittadino di Catania !