A Catania un progetto di ‘ristrutturazione urbanistica’ diventa un segreto da difendere, in barba alle leggi sulla trasparenza

Perchè il Comune nasconde il progetto di “ristrutturazione urbanistica” autorizzato con un provvedimento del SUAP (Sviluppo Attività Produttive) del 14 ottobre 2022? Cosa si vuole realizzare nell’area di ben 60.000 mq (oltre 10 campi sportivi!), di fronte al Garibaldi nuovo, destinata dal Piano Regolatore a “verde pubblico, sede stradale, vincolo assoluto di rispetto a margine di strada”, oggi occupata da campi incolti?

Nei pareri allegati al permesso per costruire si fa riferimento ad un parcheggio a raso su aree di proprietà della società Cimas Immobiliare srl. Ma l’area è molto estesa, per buona parte non è pianeggiante e poco adatta a parcheggio, a meno che non si facciano sbancamenti notevoli. E poi, perché chiedere il permesso per un intervento di ristrutturazione urbanistica se non c’è un tessuto urbanistico-edilizio da sostituire?

A margine dell’area sono presenti solo alcuni fabbricati semidiruti, che possono essere di interesse storico antropologico. Ed uno di questi, tre arcate di un piccolo acquedotto, di cui possediamo le foto, è stato di recente intenzionalmente distrutto. Perchè? Il mistero si infittisce.

Se aggiungiamo il fatto che l’area è attraversata dal fiume Acquicella, iscritto nell’elenco ufficiale delle acque pubbliche del demanio dello Stato, ma considerato ‘declassato’ perché “trasformato da interventi antropici” (come se quasi tutti gli altri fiumi non avessero subito interventi simili), la faccenda si complica ulteriormente.

Per far luce su questo mistero, basterebbe prendere visione del progetto dopo averne ottenuta copia con una richiesta di accesso agli atti.

ArgoCatania ha fatto istanza già dal mese di febbraio. La prima risposta è stata un invito a “motivare adeguatamente” l’istanza, perché la richiesta “potrebbe ricadere nei casi di esclusione e limiti all’accesso civico (art. 5 comma 2 let c) del Dlgs 33/2013 aggiornato dal Dlgs 97/2016)”.

Considerato che la legge dice espressamente che l’istanza di accesso civico “non richiede motivazione”, essendo nata per “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art.5, comma 2), ci accingiamo a contestare la richiesta, ma riceviamo nel frattempo una nuova comunicazione.

Il Suap ci trasmette per conoscenza la notifica inviata alla ditta Cimas, controinteressata, per metterla al corrente della richiesta di accesso da noi inoltrata e invitarla a “presentare motivata opposizione” entro dieci giorni. Ci incoraggia che l’ufficio comunichi la sua intenzione “decorso il temine di cui sopra” di “soddisfare l’istanza, fornendo copia degli atti richiesti”.

Trascorsi molto più che dieci giorni, non avendo ricevuto alcuna comunicazione, né i documenti richiesti, inviamo al Suap un sollecito in cui rinnoviamo la richiesta degli atti. Attendiamo ancora dieci giorni e proviamo a sbloccare l’impasse andando di persona ad incontrare la Rup del provvedimento. Il giorno successiovo, in data 13 aprile, riceviamo la comunicazione ufficiale di diniego: “Si comunica alla S.V. che non si può dare seguito alla richiesta da Ella avanzata in quanto, nella fattispecie che ci riguarda, ricorre quanto previsto dall’art. 5 comma 2 Dlgs 33/2013 aggiornato dal Dlgs 97/2016 che stabilisce che l’accesso “è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati …c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali..”

Tralasciamo il fatto che la citazione sia errata, essendo il comma 2 dell’art. 5 proprio quello che evidenzia il diritto del cittadino (“chiunque ha diritto)” ad accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni. Sappiamo bene che esiste un articolo, il 5 bis, che si occupa delle esclusioni e limiti all’accesso civico, ma non riguarda il nostro caso. L’intervento di cui ci occupiamo, infatti, pur essendo di un privato, è di interesse pubblico generale. E in alcun modo la nostra richiesta di conoscere l’uso che un privato vorrebbe fare di un’area destinata a verde pubblico può ledere interessi economici o diritti d’autore. A meno che nel richiesto intervento di ‘ristrutturazione urbanistica’ ci sia qualcosa di illegittimo che si vuole nascondere.

Noi non ci arrendiamo. Insisteremo nella nostra legittima richiesta di conoscere i contenuti di questo progetto e ci rivolgeremo alla Responsabile della trasparenza del Comune di Catania chiedendole di pronunciarsi espressamente in proposito.

E’ in ballo non soltanto il legittimo diritto del cittadino a conoscere quello che si intende realizzare in un’area destinata ad un servizo colletivo come il verde pubblico. C’è di più. Quest’area rientra nel progetto del grande parco territoriale che va dalla collina di Monte Po fino alla foce del fiume Acquicella, proposto da un Comitato di associazioni che ha presentato al Comune un corposo dossier che contiene non solo la descrizione dei luoghi e delle loro importanti caratteristiche botaniche, faunistiche, geologiche, archeologiche, ma anche precise linee guida per gestirli e valorizzarli adeguatamente.

La proposta di Parco è stata fatta propria dal Comune che ha inserito il progetto nel Piano Urbano Integrato della Città Metropolitana, con un finanziamento di più di 15 milioni di euro. Una scelta che viene oggi contraddetta dai pareri e dai permessi concessi per realizzare in quest’area altri interventi, sui quali non si vuole fare chiarezza.

Argo

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