Saranno trenta anni tra pochi giorni. Don Tonino Bello morì, di tumore, il 20 aprile del 1993, Pochi mesi prima, già indebolito dalla malattia, si era fatto promotore di una marcia di pace, a cui parteciparono 500 volontari, che egli defini “l’ONU dei popoli”. La meta era Sarajevo, città sotto assedio, dove pronunziò un discorso rimasto famoso “Noi siamo qui, allineati su questa grande idea, quella della nonviolenza attiva”. Un germe che noi – proseguì – siamo venuti a portare e che un giorno fiorirà. “Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati”.
In tempi di guerra come i nostri, ci sembrano di grande attualità le riflessioni che don Tonino annotò sul suo diario nei giorni della marcia: dubbi, domande, un grande senso di inadeguatezza, ma anche il coraggio della speranza.
dal Diario della marcia di Sarajevo, dicembre 1992
Poi rimango solo
e sento per la prima volta una grande voglia di piangere.
Tenerezza, rimorso
e percezione del poco che si è potuto seminare
e della lunga strada che rimane da compiere.
Attecchirà davvero la semente della nonviolenza?
Sarà davvero questa la strategia di domani?
E’ possibile cambiare il mondo
col gesto semplice dei disarmati?
E’ davvero possibile che,
quando le istituzioni non si muovono,
il popolo si possa organizzare per conto suo
e collocare spine nel fianco a chi gestisce il potere?
Fino a quando questa cultura della nonviolenza
rimarrà subalterna?
Questa impresa contribuirà davvero
a produrre inversioni di marcia?
Perchè i mezzi di comunicazione
che hanno invaso la Somalia
a servizio di scenografie di morte,
hanno pressochè taciuto
su questa incredibile scenografia di pace?
Ma in questa guerra allucinante
chi ha veramente torto e chi ha ragione?
E quale è il tasso delle nostre colpe
di esportatori di armi
in questa delirante barbarie
che si consuma sul popolo della Bosnia?
Sono troppo stanco per rispondere stasera.
Per ora mi lascio cullare da una incontenibile speranza:
le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono.
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