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Domenico Gallo, no alla divisione dell’Italia e alla guerra. Basta applicare la Costituzione

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Si è fatta musica dal vivo nel pomeriggio di giorno 16 all’incontro con Domenico Gallo, magistrato cassazionista, già senatore della Repubblica, nel salone Russo della CGIL. Ha cantato e suonato il Coro Scatenato Helin Bolek proponendo alcuni canti partigiani su libertà e diritti, composti in quel contesto storico da cui è nata la nostra Costituzione, ricostruito in modo sintetico ed efficace dall’intervento di Salvo Di Stefano. docente di Storia.

Un passaggio epocale quello della nascita della Costituzione, “strappata con la lotta, conquistata e non concessa”, ha detto Distefano. Una ‘carta’ in cui sono confluite le tre grandi componenti culturali del nostro paese, quella cattolica, portatrice dei valori della solidarietà, quella repubblicana-liberale, portatrice dei diritti individuali, quella socialista dei diritti sociali, collettivi, del lavoro. E sul lavoro si fonderà il primo articolo della Costituzione, contribuendo a superare il disprezzo di cui il lavoro, considerato ‘da schiavi’, era oggetto.

Come ha ricordato Di Stefano, già Calamandrei, ripreso di recente da Liliana Segre, aveva detto nel ‘55, in un discorso agli studenti, che per vedere dove è nata la Costituzione, bisogna andare “nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità”.

Ma la Costituzione, ancora non attuata, è periodicamente sotto attacco, come nel momento storico che stiamo attraversando, in cui il partito di maggioranza relativa, diretta emanazione del Movimento Sociale che si ispirava alla Repubblica di Salò, compie scelte che, sulla fiscalità, sulla scuola, sul sistema elettorale, sulla guerra, negano i principi della Costituzione.

Quello che gli organizzatori, il Comitato per la difesa della Costituzione, il Comitato contro l’autonomia differenziata, il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale di Acireale, insieme ad altre sigle aderenti, hanno voluto inviare con questa manifestazione è un grido di allarme, come ha detto – introducendo i lavori – la moderatrice Daniela Di Dio. Allarme sui rischi che corre non solo la nostra democrazia, messa a tacere con la mortificazione del Parlamento, via via esautorato, e con la sempre minore partecipazione al diritto di voto, anche a causa di una legge elettorale che si è scelto di non modificare.

Allarme soprattutto sulla gravità dell’impoverimento che subisce la nostra vita materiale a causa dell’aumento dei costi (dalla spesa alimentare alle bollette), del lavoro sempre più precario e mal pagato, della sanità che offre sempre meno servizi, della scuola che continua a subire tagli, dei rifiuti che ci inondano, del verde che ci viene sottratto.

Sembra che non c’entri, eppure sta lì la radice, nei diritti costituzionali che non vengono rispettati, nel nostro essere ridotti, via via, da cittadini a sudditi, che sempre meno capiscono cosa succede e come e perché si ritrovano sempre più poveri.

Le spese militari, ad esempio, crescono, l’adesione alla guerra, presentata come solidarietà con i deboli, fa solo arricchire i costruttori di armi, le cui lobby non hanno alcun interesse ad arrivare ad accordi di pace che dovremmo essere noi a chiedere con insistenza. Quanto al Sud, gravemente minacciato dal progetto di Autonomia Differenziata, rischia di impoverirsi ulteriormente, e in modo definitivo.

Di tutto questo è stato invitato a parlare Domenico Gallo, che – nella forma pacata che caratterizza i suoi scritti e con il garbo che caratterizza i suoi modi – ha sempre mantenuta alta l’attenzione sui rischi di scelte politiche e di interventi giuridici dannosi per il Paese.

Il progetto di Autonomia Differenziata

Del progetto di Autonomia differenziata il magistrato ha ricostruito la storia, a partire dalla riforma “sbagliata” del 2001, nata per risolvere un problema politico di quel momento (il secessionismo della Lega), cosa che mai si dovrebbe fare quando si mette mano ai delicati equilibri della Costituzione.

Riformando la distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regione, quella riforma ha aperto un varco e ha creato un contenzioso continuo che ha pesantemente impegnato per anni la Corte Costituzionale, costretta a ridisegnare nuovi confini.

Nella sua forma attuale la proposta, avanzata da Lombardia, Veneto e in parte Emilia Romagna, di cui Argo ha ampiamente parlato, rischia di frantumare l’unità del Paese e stravolgere la Costituzione. L’attribuzione alle Regione di materie di competenza esclusiva dello Stato come istruzione, salute, energia, trasporti, comporterebbe la creazione di situazioni diverse e diseguali nelle varie parti del Paese.

Anche il tentativo di definire il livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e garantire così uguali diritti civili e sociali a tutti i cittadini, è problematico. E le ragioni sono anche di natura economica. Gallo le ha esposte con esempi molto concreti: se Reggio Calabria ha 2 asili nido ogni 100mila abitanti e Reggio Emilia ne ha 10, quale numero di asili si può considerare il livello essenziale? In astratto potrebbe essere 6, ma non possiamo chiedere a Reggio Emilia di rinunciare ai suoi asili, dovremmo piuttosto destinare maggiori risorse a Reggio Calabria per gli asili di cui deve dotarsi. Dobbiamo quindi trovare i soldi e destinarli ai servizi da realizzare nelle parte del paese che ne è priva.

La legge finanziaria non ha trovato le risorse per questi servizi, li ha trovati per una commssione incaricata di definire – entro un anno – i livelli essenziali di prestazione. Non sappiamo se, e come, ci riuscirà. Sappiamo che, se è giusto lasciare alle Regioni più ricche i servizi di cui godono, rimane il grosso interrogativo di cosa ne sarà di tutte le altre Regioni, soprattutto del Sud.

Ma il problema forse ancora più grave della Autonomia differenziata è la sua natura “pattizia”. L’eventuale patto tra Stato e Regione, una volta approvato dal Parlamento a maggioranza assoluta, non potrà più essere modificato, neanche da un referendum abrogativo. Il danno, enorme, sarebbe anche definitivo. E il Parlamento ne verrebbe quasi esautorato. Persino la determinazione relativa ai Lep sarà demandata a Decreti del presidente del Consiglio (Dpcm), atti amministrativi che non passeranno dall’approvazione parlamentare.

Tutto questo demolisce la Costituzione e pregiudica anche lo sviluppo economico, essendo impossibile uno sviluppo che prescinda, ad esempio, da una gestione nazionale dell’energia o dei trasporti. Quanto ai diritti relativi alla istruzione o alla salute, avremo un aumento delle disuguaglianze, con conseguenze pesantissime per il Sud.

La legge di iniziativa popolare

Per contrastare questo progetto, è stata formulata una proposta di legge di iniziativa popolare che amplia le materie attribuite alla competenza esclusiva dello Stato, inserendo la salute, il lavoro, la scuola, la ricerca scientifica e altre ancora. E limita il carattere irreversibile del ‘patto’ introducendo la clausola di supremazia dello Stato e la possibilità di abrogarlo mediante referendum.

Non tutti gli oppositori dell’Autonomia differenziata ritengono opportuno firmare questa proposta di legge che alcuni considerano una forma di compromesso inaccettabile per chi sostiene un No netto e inappellabile.

Altri invece ritengono che, davanti alla concreta possibilità che l’Autonomia si faccia nella sua forma più rigida, soprattutto oggi che c’è una maggioranza parlamentare che ha i numeri per farlo, la proposta del Coordinamento per la democrazia costituzionale, di cui Gallo fa parte, offra delle chanche per evitare il disastro. Anche nel corso dell’assemblea di giovedì scorso è stato possibile, per chi volesse, firmare la proposta di legge di iniziativa popolare, che si può comunque firmare anche on line.

La guerra in Ucraina

Della guerra in Ucraina ha parlato Gallo nella prima parte del suo intervento, ricostruendo la storia degli ultimi 40 anni, a partire dalla opposizione ai missili a Comiso, quando era forte il rischio di una catastrofe nucleare, e poi via via rievocando la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda, gli accordi sul disarmo, l’estinzione del Patto di Varsavia. Alla fine degli anni Novanta arrivava infatti dall’est un inaspettato vento di novità che prefigurava un mondo più pacifico e libero, dal quale oggi siamo ben lontani. Con il ritorno della guerra è tornato, invece, anche il pericolo di scontro nucleare, ben concreto perché – ricorda Gallo – pretendere di “distruggere una potenza nucleare è come giocare con la morte”.

Di questa guerra che “non è venuta fuori all’improvviso” il relatore ha ricostruito la nascita, a partire dalla decisione dell’amministrazione Clinton di rilanciare – infrangendo la promessa fatta a Gorbaciov- la Nato nei paesi dell’Est europeo. Una scelta contrastata, dentro gli USA, proprio dagli ideatori e sostenitori della guerra fredda, che la considerarono il più fatale errore della politica americana (George Kennan) perché avrebbe infiammato, in Russia, le tendenze nazionaliste anti-occidentali.

La Nato da tempo – ha proseguito Gallo – aveva mutato la sua natura difensiva, come dimostra l’aggressione del ‘99 alla ex Jugoslavia, mai autorizzata dall’ONU e frutto di una politica di potenza, a cui l’Italia, dimenticando l’art. 11 della Costituzione e ignorando le resistenze del ministro Dini, non volle opporsi, mettendo anzi a disposizione le proprie strutture militari.

Quanto alla Russia, aggredendo l’Ucraina ha commesso non solo una violazione ma anche – a parere di Gallo – un grave errore politico.

Che non ci sia stata la volontà di cercare una soluzione pacifica al conflitto ce lo dice la proposta russa, del 15 dicembre 2021, di un accordo internazionale, rimasta inascoltata. Una proposta che conteneva richieste ragionevoli e altre inaccettabili, ma a partire dalla quale si poteva iniziare un percorso per evitare la guerra. Nessuno, negli USA e in Europa, ha raccolto questa offerta, così come non ha avuto seguito la bozza di accordo concordata durante i negoziati avviati dalla Turchia oppure la proposta di neutralità avanzata da Zelenskyj e lasciata cadere da Whashington, che finirà per convincere gli Ucraini di poter vincere la guerra.

Con il tono pacato che lo contraddistingue, Gallo ha ribadito che la situazione è pericolosa, si rischia una carneficina simile a quella della prima guerra mondiale ed è urgente che rinasca il buon senso.

In conclusione

Diversi interventi su temi importanti, come il fisco e la scuola, hanno arricchito il dibattito, ma – come ha detto nelle conclusioni Nino De Cristofaro, uno degli organizzatori – l’assemblea di giorno 16 è stata solo il primo passo. Il recupero dei valori della Costituzione, il rifiuto della guerra, l’opposizione alla Autonomia Differenziata non possono restare solo oggetto di discussione tra le pur numerose persone presente in sala. Devono essere portati nelle strade e nelle piazze, nel centro cittadino e nei quartieri di periferia, e discussi con il maggior numero di cittadini, soprattutto con i più giovani, su cui maggiormente peserà la crisi e da cui può nascere il riscatto.

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