Siamo oggi in grado di descrivere il sistema politico-affaristico-mafioso che ha governato Catania negli anni del boom economico, di parlare dei cavalieri del lavoro, della speculazione edilizia con il ciclo del cemento basato sulla rendita fondiaria, degli affari cresciuti sotto lo sguardo di istituzioni compiacenti o distratte, sindaci, prefetti, magistratura, pronti a considerare un nemico chi denunciasse illegalità, abbandono delle periferie, complicità mafiose, sia che avesse indosso una toga come il giudice Scidà sia che impugnasse una penna come il giornalista Fava.
La città rimaneva silente, resa sorda e muta da “un drammatico monopolio dell’informazione” che imbavagliava il dissenso e negava l’esistenza della mafia proprio perché l’editore/direttore del quotidiano locale era parte integrante del sistema.
Così ha esordito Adriana Laudani, avvocata, da decenni militante politica e oggi presidente dell’Associazione Memoria e Futuro, provando a rispondere alla domanda “Chi comanda a Catania?” posta ai relatori e a tutta la città nel primo di una serie di incontri promossi da CittàInsieme, decisa a provocare un ripensamento e a stimolare una risposta politica alla drammatica crisi attuale della città.
Nella affollatissima e partecipata assemblea di lunedì scorso, coordinata da Mirko Viola, non ci si è limitati a ribadire l’analisi di ciò che è stato.
Lo ha detto la stessa Laudani interrogandosi su quale sia, a ciclo del cemento in qualche modo concluso, la situazione odierna del potere in città, e su come si sia modificato il sistema di relazioni che lega oggi soggetti economici, finanza, mondo delle professioni e parte delle istituzioni, adattandosi al momento presente, in cui anche il potere dell’onnipotente proprietario de La Sicilia volge al tramonto.
Siamo consapevoli del ritardo accumulato nel comprendere una transizione iniziata da tempo, ha proseguito l’avvocata, e in cui il ‘sistema’ ha cambiato pelle, ma abbiamo chiaro che per favorire gli interessi dei ‘potenti’, chiunque essi siano, servono istituzioni deboli. E’ accaduto così a Catania, con un sindaco, indagato e poi condannato, incurante di lasciare la città allo sbando mentre aspettava, per dimettersi, che gli venisse garantita l’immunità,
Indebolire e “ridurre a inesistenza” le istituzioni repubblicane si rivela, a parere di Laudani, una scelta deliberata che permette a chi ne ha la capacità economica di “individuare le aree di business” e lì costruire alleanze, “Associazioni Temporanee di Imprese”, coinvolgendo anche la mafia, la cui presenza nell’economia, non solo catanese ma di tutto il Paese, è considerata strutturale anche dal Procuratore Nazionale Antimafia.
Ormai, del resto, conclude Laudani, non “fa impressione” vedere attivi in politica, come in economia, soggetti che hanno condanne di mafia o che sono stati assolti con sentenze che comunque attestano legami con livelli apicali di Cosa Nostra, come nel caso di Raffaele Lombardo.
La debolezza delle istituzioni di cui la relatrice ha parlato potrebbe essere superata solo, ed è un suo auspicio, da una partecipazione politica dal basso, forte e intelligente, capace di esprimere una rappresentanza politica e amministrativa sinceramente interessata al bene comune.
Di una città che “va avanti da sola, retta soltanto dai potentati economici”, in assenza delle istituzioni, ha parlato la magistrata Marisa Acagnino, poco fiduciosa in una svolta che potrebbe essere garantita – anche a suo parere – solo da una rappresentanza democratica che difficilmente si concretizzerà, ora che la percentuale ridotta degli elettori è orientata nelle sue scelte soprattutto dai CAF che muovono migliaia di voti riuscendo anche a controllare i propri ‘adepti’, come si controlla “una cerchia di amici”.
Quanto alla magistratura, “può intervenire solo sulle persone e non sui problemi di carattere generale”, trovandosi, a volte per caso, ad individuare reati che le sarebbero sfuggiti. E cita il caso dell’Interporto, su cui, partendo da una denuncia di dipendenti che lamentavano una preferenza per una collega, si è arrivati ad individuare episodi di corruzione a carico di una azienda della logistica con un potere economico molto forte, Luigi Cozza Trasporti.
E in effetti la logistica rientra tra i settori più spesso inquinati da interessi non limpidi, come emerge dalla ricostruzione fatta da Antonio Fisichella, autore del saggio “Una città in pugno”, sulle permanenze e le fratture, tra passato e presente, nella gestione del potere a Catania. E tra gli elementi di continuità cita la crescita del clan Santapaola Ercolano, definito dalla DIA “vera e propria impresa criminale elitaria”. Ma c’è di più. Oggi, più che nel passato, sono proprio gli imprenditori a rivolgersi a Cosa Nostra per conquistare un vantaggio competitivo sul mercato.
Quanto ai capitali, ora non vengono più dal catanese, come dimostrano i casi dei bergamaschi Percassi o dei sardi Cualbu, rispettivamente interessati alla realizzazione dei centri commerciali Sicilia Outlet Village e Centro Sicilia. Il primo nato sui terreni di Ciancio, il secondo ad opera della famiglia Santapaola Ercolano, mentre Porte di Catania nasce, anch’esso sui terreni di Ciancio, a distanza di pochi chilometri. Operazioni fuori da ogni logica di mercato, rese possibili dalla mediazione di Raffaele Lombardo che, all’apice del suo potere, soddisfa sia gli interessi di Cosa Nostra catanese sia quelli dell’editore.
E poi le discariche ed il ciclo dei rifiuti “plasmato da Cosa Nostra” come dichiarato da Roberto Scarpinato. Tra il 2008 e il 2009, con Lombardo presidente della Regione – ha ricordato Fisichella – l’azienda Oikos dei Proto e la Sicula Trasporti dei Leonardi ottengono ampliamenti enormi, con il coinvolgimento di funzionari della Regione. Ampliamenti che continueranno ininterrottamente fino alla condanna di Mimmo Proto, patron della Oikos, a 6 anni per corruzione, insieme al funzionario della Regione Gianfranco Cannova, condannato a nove anni. E per corruzione e per reati ambientali è sotto processo Antonello Leonardi, proprietario della Sicula Trasporti. Ma lo scandalo rifiuti ha toccato anche i vertici dell’amministrazione catanese con la condanna, rievocata da Fisichella, del ragioniere generale del comune Massimo Rosso, per corruzione e turbativa della libertà degli incanti.
Anche a livello politico i legami sono molto forti, e Fisichella cita la sede dell’Oikos ospitata nello stesso appartamento dello studio legale della famiglia Sudano, che con la senatrice Valeria Sudano aspira ad esprimere il prossimo sindaco di Catania.
E se il settore rifiuti è il primo ad essere infiltrato dalla mafia, non meno forte è la pressione esercitata sulla politica dalla sanità, come dimostra il caso Humanitas/Sammartino.
Rispetto al passato, il campo di gioco si è allargato e si è affollato. Il potere non è più concentrato come un tempo, è un potere – per così dire – disseminato, senza un ponte di comando unitario.
Altre indicazioni vengono dai molti interventi del pubblico che segnalano le responsabilità degli uffici comunali, in particolare dell’Urbanistica che non effettua i dovuti controlli, della Soprintendenza e dell’Università, ma anche il ruolo non approfondito della massoneria e la caccia all’utilizzo dei fondi europei per opere non utili alla collettività
Un quadro desolante e senza speranza, allora? “Non tutto è nelle loro mani” afferma Fisichella. Tante le associazioni che lavorano sul territorio e contribuiscono ad una presa di coscienza. Anche il reddito di cittadinanza ha avuto una funzione perché ha reso le persone più libere dai condizionamenti. Ci vuole chiarezza, conclude, e dire semplicemente “no” ad ogni alleanza elettorale e politica che includa uomini legati agli Schifani, ai Cuffaro, ai Dell’Utri e a Lombardo. Una posizione che la platea ha apertamente apprezzato. Un soprassalto di coraggio e di amor proprio si augura Landani, infatti “se restiamo, è per combattere”, e questo può riaprire una speranza per la città. E l’assemblea a CittàInsieme dimostra che non manca l’interesse, la voglia di ricominciare, la consapevolezza degli errori commessi dividendosi.
CittàInsieme vuole fare la sua parte, essere di stimolo, come – ricorda Resca – è già avvenuto in passato. Un Resca apparso rinfrancato dal tono del dibattito e più combattivo che mai. Era da molto tempo, dirà in conclusione, che non vedeva un’assemblea così partecipata.
A questo primo incontro ne seguiranno altri, già programmati, sui problemi più caldi, urbanistica, ambiente, mobilità, servizi sociali, rispettivamente il 13 e 27 febbraio, il 6 e il 20 marzo.
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Non è la città che risponde, purtroppo, ma una piccola parte della città. Se no non si spiega
Esatto.
Date le attuali condizioni della città (ma in generale del Paese) credo sia già significativo che una parte della città si muova. Io lo vedo come un fatto positivo. Cerchiamo di stare insieme, appunto, per allargare il campo quanto più possibile!