La Regione non ha ancora dato l’ok definitivo alla richiesta di ampliamento della concessione avanzata da La Tortuga che ha già privatizzato, dal 2007, parte del porticciolo, prima liberamente fruibile.
La concessione renderebbe inaccessibile il molo e lo specchio acqueo da esso racchiuso e darebbe il colpo di grazia al porticciolo, “uno spazio pubblico che, oltre ad accogliere le attività nautiche, permette di passeggiare lungo il mare per l’estensione dei suoi moli”, E che è stato sottoposto, per le sue bellezze naturali e panoramiche e per il particolare ambiente caratteristico e tradizionale, a due vincoli di tutela paesaggistica.
A difesa del libero accesso al Porticciolo si è attivato il comitato spontaneo “Gli amici del porticciolo di Ognina ed è già partita una raccolta di firme alla petizione da consegnare a Demanio e Comune. Per informare i cittadini e sensibilizzarli è stata organizzata per sabato prossimo, 21 gennaio, una passeggiata sul posto, a cui parteciperanno diverse associazioni, dal Fai a Legambiente, da CittaInsieme al WWF, da Italia nostra alla Lipu, dal Cai ad Etna viva ed altre ancora che hanno a cuore la difesa del territorio. In questa occasione, chi non avesse ancora firmato potrà farlo e tutti i presenti potranno rendersi conto chiaramente della situazione che si prospetta.
Dalla Relazione Tecnica allegata alla richiesta di concessione si evidenzia che pescatori e cittadini non potrebbero più entrare nell’area data in concessione, individuata nella mappa da una linea rossa tratteggiata (foto)
Lo conferma quanto si legge nella relazione, ossia che “lungo l’area in oggetto e precisamente ad est in corrispondenza del molo di ponente e a sud a confine con la via marittima sarà realizzata una ringhiera con montanti, corrimano e trefoli in acciaio. In corrispondenza dei gradini a sud della richiesta di ampliamento verrà collocato un cancello scorrevole a due ante con struttura in acciaio e vetro stratificato antinfortunistico trasparente con stampigliato il logo del concessionario. Sulla via Marittima saranno collocati delle siepi piantumate su vasi.”
E’ previsto anche il taglio di una porzione del molo di ponente, “per una larghezza di m 1,20 che avverrà con una macchina specializzata che non comporterà nessuna conseguenza alla stabilità del molo”, un taglio reso necessario “per una diretta fruizione dei servizi attualmente in essere a La Tortuga srl”. Vale a dire un pesante intervento su una struttura ottocentesca e l’alterazione di un contesto storico per garantire un vantaggio economico ad un privato.
Quasi a giustificare la richiesta di privatizzare uno spazio che è attualmente di uso pubblico, nella relazione viene evidenziato il cattivo stato dell’area, con il basolato della banchina e il paramento del molo macchiati con resine, vernici e spray per murales. Una situazione che la società richiedente si impegna a migliorare riqualificando l’area e rendendola confortevole. Si impegna anche a provvedeere alla pulizia del fondale marino “divenuto negli anni deposito di spazzatura”.
Sono gli argomenti utilizzati in varie occasioni e in varie località, non solo siciliane, per motivare e quasi legittimare l’appropriazione, da parte di privati, di spazi e beni pubblici poco curati dalla collettività.
E’ indubbio che i cittadini abbiano una grave responsabilità per lo stato di abbandono in cui lasciano i beni comuni, al cui degrado contribuisce largamente il disinteresse della pubblica amministrazione che dovrebbe occuparsi della pulizia, della manutenzione e del controllo, ma questo stato di cose non autorizza i privati ad appropriarsi dei beni comuni e a farne oggetto di speculazione.
La società La Tortuga e i suoi amministratori, appartenenti alla famiglia Testa, tendono inoltre a dimenticare, e a far dimenticare, le vicende giudiziarie, relative al porticciolo, che hanno alle spalle.
Tralasciamo lo scontro diretto con i residenti, le minacce, l’aggressione fisica e e il processo conclusosi, in primo e secondo grado, con la condanna degli aggressori, membri della famiglia Testa. Soffermiamoci sulla condanna (anni 2012-2013) per le opere abusive realizzate a terra, attorno al porticciolo, nuovi corpi di fabbrica costruiti dove sarebbe stata ammessa solo la ricostruzione di manufatti esistenti. Il tutto con la compiacenza di un funzionario dell’Urbanistica, anch’egli condannato.
La condanna fu annullata, per prescrizione, dalla Corte Costituzionale che confermò comunque l’illegittimità della concessione edificatoria. E nessuno ha più chiesto che si ottemperasse alla disposizione di “immediata demolizione delle opere abusivamente realizzate” e alla “rimessione in pristino dello stato originale dei luoghi”.
Se poi teniamo presente che, per realizzare una struttura illegittima, la società aveva ottenuto un finanziamento pubblico destinato alla realizzazione di porti e approdi turistici (POR Sicilia 2000/2006), la cosa ci appare ancora più preoccupante. Tanto più che le sentenze dei tribunali non hanno impedito al Demanio e al Comune di approvare le successive richieste della società.
C’è una rete di protezione e di complicità attorno alla società La Tortuga che solo una compatta e ampia risposta cittadina può mettere in crisi. Partecipare all’iniziativa organizzata per sabato mattina e firmare la petizione è il minimo che si possa fare per difendere uno spazio che è di tutti noi, della città.
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