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Autonomia differenziata, una legge di iniziativa popolare per non dividere il paese

Nonostante l’atteggiamento prudente della presidente Meloni, la proposta di Autonomia Differenziata, avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, continua ad essere presentata, soprattutto dalla Lega, come urgente e necessaria. E pazienza se l’unità del Paese (art 5 della Costituzione) ne risulterà compromessa e se le disuguaglianze ne risulteranno accresciute, condannando il Sud ad un progressivo e crescente impoverimento.

Per contrastare questo progetto, che ha nel ministro Calderoli il suo principale alfiere, il Coordinamento per la democrazia costituzionale, ha formulato una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, per la quale è già partita la raccolta firme. Ne servono infatti cinquantamila perché la legge venga presentata e possa essere calendarizzata e discussa in Parlamento, come è ormai garantito dalle modifiche del regolamento del Senato introdotte nel 2017.

La proposta di legge è costituita da quattro articoli e prevede la modifica di alcuni commi degli articoli 116 e 117 della Costituzione, dei quali proveremo a spiegare l’importanza.

L’articolo 116 contiene, in un certo senso, una premessa necessaria. Dopo aver indicato le Regioni a statuto speciale, al terzo comma – quello che ci interessa – prevede che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possano essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su materie indicate nell’articolo successivo della Costituzione, il 117.

Nell’articolo 117 vengono distinte le materie di competenza esclusiva dello Stato e quelle di competenza legislativa “concorrente”, in cui le regioni possono legiferare “nel rispetto della Costituzione”.

Le prime, quelle di legislazione esclusiva dello Stato, vengono elencate nel comma 2, a partire dalla politica estera, dalla difesa, dalla moneta, …

La bozza di legge di iniziativa popolare amplia le materie attribuite alla competenza esclusiva dello Stato, ad iniziare dal punto e) in cui al “sistema tributario e contabile dello Stato” si chiede di aggiungere il “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, in modo che sia lo Stato ad avere l’ultima parola sulla redistribuzione delle risorse fiscali.

Altre materie fondamentali che verrebbero attribuite alla potestà esclusiva dello Stato riguardano la “tutela della salute e del servizio sanitario nazionale”, la tutela e sicurezza del lavoro, la scuola, l’università e la ricerca scientifica e tecnologica, le “reti nazionali e interregionali” sia materiali sia immateriali, dai porti agli aeroporti, alle reti di distribuzione di energia, e via discorrendo. Alle competenze sulla previdenza sociale, già presenti nell’attuale formulazione, vengono aggiunte quelle sulla previdenza “complementare e integrativa”.

Emerge, da queste proposte di modifica, la volontà di ampliare, rendendoli al contempo più chiari ed evidenti, gli ambiti di decisione della Stato, quelli che – essendo validi per tutto il Paese – possono garantire unità e uguaglianza.

Ecco allora, a proposito della “determinazione dei livelli di prestazione concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (sempre comma 2, art 117), la proposta è quella di sostituire il termine ‘uniformi’ al termine ‘essenziali’. Il termine ‘uniformi’ appare più capace di garantire una vera uguaglianza e di assicurare che a tutti vengano riconosciuti gli stessi diritti e vengano forniti servizi di pari qualità.

E’ inevitabile che l’ampliamento delle materie di pertinenza dello Stato comporti un sensibile ridimensionamento degli ambiti su cui possono legiferare le Regioni, indicati nel comma 3 dello stesso art. 117. Vengono lasciate alle Regioni materie di importanza prettamente regionale o locale, escludendo quelle di rilievo nazionale o anche interregionale, dai porti, ai beni culturali, alle aziende di credito, etc.

Ma non è tutto. Una delle criticità maggiori del progetto di Autonomia Differenziata, modello Calderoli, è la sua natura di patto tra lo Stato e la Regione interessata. Tra le due parti vengono negoziati i contenuti di un accordo che non si può più modificare, se non con un nuovo accordo.

Il coinvolgimento del Parlamento è limitato perché esso, almeno in quanto previsto dal progetto Calderoli, può solo approvare o respingere l’accordo, ma non può modificarlo. Nè è prevista la possibilità di richiedere il referendum abrogativo.

Nella proposta di legge di iniziativa popolare le cose non stanno così. Viene inserita la cosiddetta clausola di supremazia per lo Stato, il quale, nel progetto in questione, è legittimato a intervenire anche nelle materie di competenza delle Regioni nel caso in cui “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.

Viene, inoltre, introdotta (art.116, comma 3) la possibilità di procedere ad un referendum popolare approvativo ma anche ad un eventuale referendum abrogativo.

La presentazione di questa proposta di legge è un tentativo di evitare uno scontro frontale che, soprattutto nel contesto politico attuale, rischia di essere perdente.

Partendo dal presupposto che una qualche forma di Autonomia differenziata sarà inevitabile, il Coordinamento per la democrazia costituzionale punta a circoscrivere gli spazi decisionali delle Regioni, rafforzando il ruolo dello Stato, a tutela dell’uguaglianza e dei diritti di tutti i cittadini.

Con la raccolta poi delle firme necessarie per l’iniziativa legislativa popolare, come osservava Domenico Gallo in occasione di un dibattito sull’argomento, si ottiene anche il risultato di accendere i riflettori su una questione di cui poco o nulla si discute, e su cui c’è anche pochissima trasparenza nell’accesso ai documenti, accordi preliminari e bozze ministeriali comprese.

Non si può che convenire sulla necessità di aprire un dibattito ampio su questo tema molto delicato, che rischia di avere ricadute pesanti soprattutto sulle frange più fragili della popolazione. Ma la votazione on line non è forse, a questo fine, lo strumento più efficace. Sarebbe comunque opportuno creare il maggior numero possibile di occasioni pubbliche di discussione e organizzare raccolte di firme non solo digitali, anche in contesti molto popolari, in modo da coinvolgere le persone meno informate.

E’ possibile firmare a questo link

Argo

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