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Come ripensare i giocattoli e la loro funzione didattica

Che, per i bambini, i giocattoli migliori, i più divertenti e creativi, siano bastoncini, cubi, pezzi di stoffa, di legno o di cartone, lo sapevamo già.

Ora lo dicono anche ricercatori di importanti centri internazionali come il Center for early childhood education della Eastern Connecticut state university, citato in un recente articolo apparso su Internazionale, “Giocattoli da ripensare” di Alex Blasdel

Cosa ci spinge, allora, soprattutto in questo periodo di festività o in occasione dei compleanni, a riempire i bambini di giocattoli spesso costosi, soprattutto se elettronici?

Forse non riusciamo a sottrarci al consumismo imperante o alle teorie pseudo-scientifiche sulla funzione didattica di molti giocattoli, studiati apposta per essere desiderabili agli occhi dei piccoli e ‘utili’ per genitori, nonni e zii, convinti che possano stimolare lo sviluppo mentale dei bambini.

A che scopo? Per farne “adulti più competitivi e di successo”, cominciando a prepararli – anche se hanno solo sei anni – a seguire i corsi universitari ad Harvard, come suggerisce Blasdel nel suo articolo?

La pressione viene esercitata anche sui bambini più piccoli, inferiori a tre anni, in particolare da quando si è diffuso “il mito dei primi tre anni”, ovvero la tesi che sono questi gli anni in cui si sviluppano le facoltà cruciali della loro mente, ma anche quelli in cui vengono influenzati in modo “irreversibile” dalle esperienze che fanno.

La diffusione di idee presentate come scientificamente provate fa dimenticare che l’unica cosa certa sono i profitti crescenti di aziende ormai affermate come Fisher-Price o Mattel, che hanno miliardi di dollari di fatturato e investono fior di quattrini per progettare e realizzare giocattoli sempre più sofisticati.

Sono giocattoli che, per lo più, chiedono ai bambini di seguire procedure programmate e di assumere comportamenti predeterminati, limitando il gioco all’interno di corsie predefinite. L’uso di oggetti semplici, non legati ad un risultato preciso e possibilmente formati da più parti che vanno accorpate (ad esempio un assortimento casuale di Lego) ed organizzate in modo creativo, stimola molto di più le capacità inventive dei bambini, li abitua a risolvere i problemi e ad interagire con i coetanei.

“Non credo che i giocattoli elettronici siano il male” dice Kathy Hirsh-Pasek, psicologa della Temple univesity che ha coordinato alcune ricerche sugli effetti del gioco nello sviluppo infantile “ma spesso nel nostro settore tendiamo ad esagerare, appropriandoci dell’esperienza dei bambini”.

Se è vero che i genitori esprimono, nell’acquisto di giocattoli che ritengono educativi, le loro aspirazioni e le loro ansie, dovrebbe rassicurarli sapere che i bambini hanno capacità in gran parte sottovalutate, e che il loro sviluppo e la loro maturazione avviene anche nei tempi apparentemente morti delle loro attività o attraverso la ricerca del puro divertimento, senza l’ossessione dei traguardi da raggiungere

Davanti a questo quadro, non stupisce che le aziende siamo interessate ad accrescere i profitti, stupisce piuttosto che i genitori, gli zii, i nonni, cioè noi adulti, non riusciamo a liberarci dell’idea di dovere necessariemente coprire di giocattoli i nostri piccoli. Anche se così, forse involontariamente, li abituiamo a pensare che la felicità nasca dall’accumulo materiale di oggetti.

Leggi il testo dell’articolo di Alex Blasdel su Internazionale

Argo

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  • Assolutamente d'accordo!!! È orribile l'accumulo di giocattoli nelle stanze dei bimbi! Non c'è più spazio per la fantasia creativa, i bimbi schiacciano solo pulsanti e si beano degli effetti. Pensare ai giochi attivi di una volta e vedere questo trastullarsi di bimbi intenti a fissare qualche bottone colorato o schermo parlante fa davvero male! Riscopriamo il gioco vivo, partecipato, creativo e attivo!

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