Può ancora interessare la storia e soprattutto la figura di Francesco d’Assisi a più di ottocento anni di distanza? E questo, indipendentemente dall’essere credenti o meno, dal ritenerlo un santo, oppure un profeta, un mistico, un animalista/ambientalista ante litteram, un utopista sognatore o altro?
Evidentemente la risposta deve essere positiva se in un uggioso pomeriggio di fine settembre a Catania, circa un centinaio di persone, si sono radunate all’Arena Argentina per ascoltare la presentazione, promossa e organizzata dall’Associazione “Volere la luna”, di un libro su Francesco, scritto da un docente di storia della filosofia presso l’Ateneo catanese, Francesco Coniglione, in precedenza specialista di Epistemologia e di logica formale.
Lavorando con metodo assai rigoroso, ma che non riesce a dissimulare una grande passione per l’oggetto di questo suo ultimo libro, Coniglione ha pubblicato un grosso tomo che ha per titolo “L’uomo venuto da un altro mondo, Francesco d’Assisi”, edito nel 2022 dall’Editore Bonanno di Acireale.
Nella presentazione di Antonio di Grado, dell’Università di Catania, viene smontata la tesi di Francesco quale espressione di un cristianesimo in qualche modo alieno. In realtà, nell’approccio di Coniglione, attratto dal misticismo problematico del “poverello” di Assisi, ma decisamente laico, Francesco non fa altro che riproporre il nucleo centrale del cristianesimo e quindi il denudamento, lo spossessamento, l’esaltazione dei poveri di spirito, testimoniando la perfetta coerenza fra valori proclamati e comportamenti pratici.
Il che, secondo Di Grado, equivale a ribadire lo scandalo dell’incarnazione e l’abominio della croce di cui parla S. Paolo. Lo svuotamento totale del proprio Io, rappresentato dalla vita di Francesco (peraltro presente anche in altre religioni, vedi il buddismo Zen), richiama l’enigma del sepolcro vuoto: Dio che si svuota della sua onnipotenza. Ma in ciò vi è il ribaltamento dei valori di questo mondo: povertà di spirito, in spregio alle autorità che lo ripagano a loro volta con disprezzo e antagonismo.
In realtà, dice Di Grado, capovolgendo la nota affermazione di Benedetto Croce, non possiamo dirci cristiani. Ciò che è avvenuto a distanza di secoli è stata la riduzione del cristianesimo ad un insieme di regole morali. Altra cosa è invece il cristianesimo degli Apostoli e dei martiri, che si caratterizzava anche per l’antagonismo nei confronti dei Signori del mondo.
Tutto ciò mentre la Chiesa ufficiale e istituzionale manifestava la più totale acquiescenza nei riguardi dei Poteri del mondo, di cui in fondo faceva parte: così le crociate, le persecuzioni attraverso l’inquisizione contro i movimenti da essa definiti ereticali. Come papa Innocenzo III, dotato di grande furbizia politica, ma comportatosi da criminale, che scatenò la Crociata contro gli Albigesi.
Nel misticismo di Francesco vi è l’abbandono al respiro cosmico: fratellanza universale, appunto cosmica che riguarda non solo gli umani, ma animali, realtà inanimate, forze della natura, financo la morte, chiamata “sorella”. Un misticismo più vissuto che teorizzato.
Sull’argomento si è poi aperto un interessante dibattito con interventi dal pubblico.
A una domanda di Giulio Toscano sull’addomesticamento di Francesco e del movimento da lui fondato, Coniglione replica che l’addomesticamento avviene sicuramente dopo la morte di Francesco. C’erano stati dei tentativi con Francesco in vita, in particolare con l’imposizione della cosiddetta Regola, che egli cercò fino all’ultimo di evitare, senza peraltro riuscirci, proponendone invece una che ricalcava soltanto alcuni brani dei Vangeli: la cosiddetta Regola non bullata, cioè non accettata dall’Autorità ecclesiastica. Ma questo non riguarda soltanto la nota dialettica fra movimenti e istituzione.
Fu poi con Bonaventura di Bagnoregio, filosofo, teologo, nonché biografo ufficiale di Francesco (le biografie precedenti, in contrasto con questa, vennero bruciate) che avviene la definitiva normalizzazione del movimento francescano, a seguito di una serie di Costituzioni da lui elaborate, che determineranno il pieno coinvolgimento dell’Ordine francescano nella struttura organizzativa della Chiesa.
Francesco è stato un rivoluzionario ma anche un pacificatore: decide di andare a parlare, durante la Crociata, al Sultano, a quei tempi il Nemico per antonomasia, ottenendo concreti benefici.
Anche la leggenda/parabola del lupo di Gubbio e la vicenda simile dei briganti di S. Sepolcro si inscrivono nella logica della fratellanza universale, in particolare nella declinazione della pedagogia dell’accoglienza dei ‘diversi’. Il tutto all’insegna di quell’utopia concreta che caratterizza il messaggio di Francesco.
Si deve pure a S. Francesco l’invenzione del presepe (quello di Greccio è stato il primo), che rappresenta l’alternativa non violenta, e alla portata di tutti, rispetto alla conquista dei ‘Luoghi santi’ con le Crociate. Il luogo “santo” per eccellenza sono, per Francesco, i nostri cuori, e l’immagine della natività, cioè il luogo rappresentato dal presepe, può costituire un aiuto efficace per realizzare questa trasposizione.
Secondo Salvatore Genchi, vicario dell’Arcivescovo di Catania, su Francesco vi sono differenti interpretazioni, ma è impossibile scindere Francesco da Gesù Cristo. Lo svuotamento di Francesco evoca Gesù Cristo: essere povero, non limitarsi ad aiutare i poveri con l’elemosina. Francesco presenta il volto di Gesù Cristo: non è un rappresentante del clero, ma porta se stesso. Occorre allora ritornare al Vangelo e condividere la vita dei poveri. E conclude: che significa accoglienza oggi?
Secondo Ettore Palazzolo, Francesco d’Assisi costituisce un unicum nella storia del Cristianesimo. E tuttavia non è possibile, a suo avviso, comprendere pienamente Francesco senza in qualche modo collegare il movimento da lui suscitato, da un lato con la crisi del Monachesimo ufficiale, e dall’altro, con i movimenti di rinnovamento e di contestazione delle istituzioni ecclesiastiche, quasi tutti considerati come ereticali, sottoposti al S. Uffizio e perseguitati in vari modi dalla Chiesa ufficiale. La quale dopo aver dato vita, alla metà del secolo VIII, ad un vero e proprio Stato (il Ducato romano, primo nucleo dello Stato della Chiesa, poi Stato pontificio), trasformando il papato in Monarchia assoluta, cercava di riorganizzare le istituzioni ecclesiastiche, con le riforme prima di Gregorio VII e poi di Innocenzo III, nel segno di una forte centralizzazione romanocentrica.
A partire dall’anno mille erano iniziati a svilupparsi in Europa movimenti che contestavano la corruzione, l’arricchimento, lo sfarzo spesso esibito in forme ripugnanti dalle gerarchie ecclesiastiche, propugnando un ritorno allo spirito del Vangelo, praticando la povertà e criticando il potere temporale e la stessa struttura gerarchica della Chiesa romana. Alcuni, Patarini, Umiliati e Poveri di Lione (poi Valdesi) con l’obiettivo di un rinnovamento della Chiesa, altri invece, con posizioni più radicali, come i Catari/Albigesi, vi si contrapponevano in nome di teologie dualistiche, accompagnate talvolta da episodi di violenza e di vere e proprie rivolte contadine (jacqueries).
Tali movimenti vennero considerati ereticali e come tali combattuti duramente dalla Chiesa, spesso in combutta con gli altri poteri costituiti, i vari regnanti ‘cattolici’.
A differenza di molti di questi movimenti, Francesco e i suoi seguaci non si contrapporranno mai all’istituzione ecclesiastica. E tuttavia va rimarcato lo spirito egualitario – in oggettiva contrapposizione con la logica gerarchica dell’istituzione – che caratterizza Francesco e il suo movimento. Peraltro, come sottolineato da Coniglione, non risulta, fra i numerosi scritti di Francesco d’Assisi, alcuna critica nei riguardi dei cosiddetti movimenti ereticali.
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