Organizzarsi per non soccombere

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E’ possibile ragionare sul mondo complicato che ci circonda, cercando una chiave di lettura non subordinata a un senso comune generale che giustifica guerre e ingiustizie, che esalta modelli economici e stili di vita incompatibili con la giustizia sociale e con la stessa salvaguardia dei nostri ecosistemi?

Queste le domande fondamentali, poste da Nino De Cristofaro, lunedì 19 settembre a Catania, aprendo un incontro pubblico promosso da una ventina di donne e uomini catanesi, molti dei quali impegnati, nel lavoro e nella vita, sui temi dei diritti e della solidarietà.

L’orizzonte è quello del dopo elezioni, la parola d’ordine è ‘riorganizzarsi per ricominciare’.

Le 80 persone che si sono confrontate sulla scalinata Alessi, pur appartenenti a gruppi e sigle diverse, hanno una comune visione di equità sociale e sono consapevoli del fatto che la cosiddetta sinistra ha perso i suoi connotati essenziali e ha bisogno di ritrovarli e attorno ad essi e di compattarsi individuando un percorso ed una strategia d’azione.

Nel contesto attuale, problematico a tutti i livelli e con pesanti ricadute a livello sociale è essenziale un ripensamento politico, un ragionamento che metta in discussione il ‘pensiero unico’ ormai dominante in cui i confini tra destra e sinistra sono sempre più sfumati, a tal punto che uno studioso come Luciano Canfora ha parlato di PUA, partito unico articolato, che esclude dallo spazio politico i gruppi socialmente più deboli.

01 NievskyDella necessità di questo ripensamento hanno parlato Luca Cangemi. Luigi Savoca e Giancarlo Consoli. Mentre sul ruolo che le donne possono avere nella prospettiva di una svolta si sono soffermate Anna Salvo ed Eliana Rasera.

Non tutti i temi indicati nell’ordine del giorno, dal no alla guerra al rilancio dello stato sociale, dalla salvaguardia degli ecosistemi al contrasto allo sfruttamento del Sud del mondo, dalla difesa della Costituzione al blocco di licenziamenti e carovita, sono stati affrontati nel dettaglio.

Sono emerse soprattutto indicazioni di tipo generale.

Il gravissimo problema del dissesto del territorio è stato, ad esempio, ricordato solo da Giulio Bilotta, che ha fatto riferimento anche al rischio di considerare necessario il ritorno alle trivellazioni nell’illusione di rendere disponibile al paese il ‘nostro’ gas, dimenticando che ne sarebbero proprietarie le compagnie che lo estraggono, libere di venderlo a chi vogliono, pagando allo Stato italiano solo basse royalties sulla quantità estratta.

Non poteva mancare il riferimento alla guerra in corso, su cui si è soffermato in particolare Salvo Di Stefano, prendendo posizione contro l’invio di armi in Ucraina e facendo un costante riferimento alla Costituzione, a partire dall’articolo 11, che contiene il ripudio della guerra, fino all’art. 52 che ne ammette l’eventualità solo nel caso di difesa del nostro suolo nazionale.

Di Stefano ha quindi ribadito la necessità di impegnarsi per la pace e di bloccare un conflitto che rischia di mettere a repentaglio, con la minaccia nucleare, “l’esistenza stessa dell’umanità”.

La potenziale gravità dello scontro attuale, con tutte le sue implicazioni, era stata intuita, già nel 2015, da Giulietto Chiesa che, a proposito degli avvenimenti nel Donbass, aveva parlato di inizio della terza guerra mondiale. Nessuno aveva dato il giusto peso alle sue parole, e di non averne capito l’importanza si è rammaricato Alberto Mannino.

Di una ‘guerra mondiale a pezzi’ parla da tempo anche papa Francesco, con riferimento a tutte le guerre in corso che oggi sconvolgono il mondo. Vi ha fatto riferimento Luciano Nigro, che su queste guerre che “servono a mantenere i privilegi e il benessere dell’Occidente a spese dei paesi più poveri” ha portato la sua esperienza di medico e volontario. In Angola o in Zimbabwe, paesi africani in cui da tempo egli opera, ma anche altrove in Artica, il governo è saldamente in mano a élite appoggiate dall’Occidente e complici del saccheggio delle materie prime ad opera di potenze straniere.

La povertà che ne consegue è all’origine delle migrazioni che l’Europa vorrebbe impedire, dopo aver contribuito a generarle.

L’assemblea si è chiusa con l’impegno di rivedersi presto, subito dopo le elezioni, per continuare a ragionare su una visione e una strategia politica comune. Fra i presenti, infatti, è emersa unanimemente la consapevolezza della necessità di “allargare” discussione e dibattito, di coinvolgere tutte quelle cittadine e quei cittadini che subiscono i drammatici effetti della crisi economica, di individuare forme di lotta capaci di incidere sul presente. In sostanza, si è trattato di un primo passo, mosso dalla volontà di non rassegnarsi e costruire “un pensiero alternativo” che possa divenire egemone.

2 Comments

  1. Le 80 persone che si sono confrontate sulla scalinata Alessi, pur avendo una comune visione di equità sociale, non hanno mostrato la urgente esigenza di unirsi per affrontare i problemi comuni, anzi ……

  2. La frammentazione tra i gruppi della sinistra catanese non è una novità. Qualcosa, tuttavia, sembra muoversi. Lavoriamo nella direzione giusta, non remiamo contro

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