Niscemi, domenica 7 agosto, ultimo giorno delle manifestazioni contro il MUOS e corteo sino all’ingresso della base dove sono ospitate le tre grandi antenne del sistema di trasmissione satellitare, che governa le guerre globali delle forze armate statunitensi.
Nei due giorni precedenti, i partecipanti al campeggio, prevalentemente giovani, avevano discusso su temi quali “Basi militari, ambiente e salute”, ma anche “ Guerre e quadro internazionale”, “Formazione e guerra”, “Donne e guerra”.
Sul primo tema, presenti i lavoratori portuali di Genova, i toscani del movimento No base né a Coltano né altrove, i sardi di A foras e gli esponenti del comitato Isole Egadi e Punta Izzo Possibile, ricordiamo, in particolare, il contributo dei pisani che, grazie al no della base di Coltano, hanno stimolato la ripresa del movimento nazionale per la pace, costruito una fitta rete di alleanze e ribadita l’esigenza di ridurre le spese militari e di liberare il territorio dalle servitù militari.
Dell’impatto ambientale di ogni conflitto è stato evidenziato sia la distruzione immediata degli ecosistemi da parte degli eserciti, sia le conseguenze indirette come l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo, la deforestazione, la distruzione di infrastrutture chiave.
Da movimenti che si oppongono alle guerre imperialiste non poteva che emergere una forte solidarietà nei confronti del popolo palestinese, di quello curdo e di quello ucraino. E’ stato analizzato anche il ruolo della formazione, e quindi anche delle scuole e delle università non solo nella legittimazione della guerra ma anche nella sua preparazione.
A conclusione di queste discussioni doveva svolgersi il corteo, un tranquillo corteo di circa trecento partecipanti, con slogan e “battitura” delle reti che circondano la base militare costruita nella riserva naturale “Sughereta”, ormai sempre più simile ad un deserto “per le recenti devastazioni del patrimonio arboreo e per gli incendi volutamente appiccati”.
In realtà le cose sono andate diversamente, perché quando una ventina di ragazze e ragazzi si sono avvicinate/i al cancello, presidiato da tantissimi agenti in tenuta antisommossa, cantando contro guerra e militarizzazione mentre “battevano” sulle inferriate, senza alcun preavviso e senza nessun ordine di allontanarsi, i ragazzi sono stati, improvvisamente e da distanza ravvicinata, raggiunti da violenti getti d’acqua.
Ancora più grave il fatto che, mentre i ragazzi si allontanavano dal cancello, sia immediatamente iniziato il lancio di lacrimogeni, che hanno colpito alla schiena alcuni di loro e sprigionato un irrespirabile fumo grigio che si è condensato in una nube a circa due metri dal suolo perché il gas non evaporava a causa della molta acqua dispersa dagli idranti.
Sull’involucro dei lacrimogeni, raccolto da alcuni manifestanti, si legge “Artifizio a frammentazione per lancio a mano a caricamento lacrimogeno al C.S.”.
Il CS è il nome comunemente usato per la sostanza prevalentemente utilizzata dalla polizia di innumerevoli stati per il “controllo” dell’ordine pubblico, l’orto-clorobenziliden-malononitrile. Come hanno spiegato in uno studio del 2014 i professori Massimo Zucchetti e Raffaella Testoni del Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino, si tratta di un’arma non letale che ha tuttavia effetti tossici sull’apparato respiratorio e su altri organi. Essendo un gas lacrimogeno, ha come azione immediata quella di provocare un’intensa lacrimazione ma può provocare anche congiuntiviti, edema periorbitario e danni ritardati come l’aumento della pressione oculare e altri disturbi.
E’ comunque un’arma chimica e l’Italia ha ratificato una Convenzione che bandisce la produzione e l’uso di armi chimiche in ogni scenario bellico (legge n. 496 del 18 novembre 1995).
Nel passato, anche Amnesty International Italia ha stigmatizzato il comportamento delle forze dell’ordine. “I gas lacrimogeni non possono essere sparati ad altezza uomo: lo scopo del loro utilizzo deve rimanere quello di disperdere la folla e non di ferire persone […] Dispositivi che hanno effetti indiscriminati e un alto potenziale di danno, come i gas lacrimogeni, devono essere utilizzati solo quando tutti gli altri mezzi non siano riusciti a contenere minacce o violenza. Inoltre, le persone devono essere avvisate sull’imminente uso di tali armi e autorizzate a disperdersi. Le cartucce, contenenti sostanze chimiche irritanti, non possono mai essere sparate direttamente contro le persone”.
Purtroppo, quanto avvenuto nella sughereta di Niscemi rende ancora attuale questa denuncia di Amnesty.