“Non posso che esprimere soddisfazione per la firma dell’accordo sulla reciproca protezione delle informazioni classificate nell’industria della Difesa, esplicita dimostrazione di coesione tra i nostri due Paesi, legati da sentimenti di profonda amicizia, i cui rapporti in ambito di cooperazione militare sono destinati a consolidarsi ulteriormente”, ha dichiarato il ministro Guerini a conclusione del vertice (luglio 2022) con il responsabile del dicastero della difesa turco, Hulusi Akar, come ci ricorda Antonio Mazzeo.
Stiamo parlando del Paese guidato da Erdogan, su cui Draghi recentemente aveva detto: “Con i dittatori bisogna essere franchi, ma cooperare”. E infatti si coopera alacremente, sia dal punto di vista militare, che rispetto ai problemi della migrazione.
Del resto la realpolitik impone, come nel caso dei nuovi accordi sulla fornitura del gas (Algeria), che, in nome della difesa dei presunti interessi nazionali, non si debba guardare con particolare attenzione alla caratura democratica dei partner.
Conseguentemente, sono stati numerosi gli accordi di cooperazione sottoscritti, dallo sviluppo industriale, culturale e della ricerca scientifica comune fino – e soprattutto – a quello diplomatico-militare.
Attenzione particolare è stata dedicata alla complicata situazione della Libia. Proprio perché l’instabilità che in questa fase caratterizza questo paese determina una conseguente instabilità nel Mediterraneo, in particolare rispetto al tema delle migrazioni.
Secondo Mazzeo, “Non sono state certamente casuali le parole pronunciate da Mario Draghi a conclusione dell’ultimo faccia a faccia con Erdogan. La gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace; noi cerchiamo di salvare vite umane, ma occorre anche capire che un Paese che accoglie non ce la fa più”. Un vero e proprio assist per il sultano di Ankara che da tempo ricatta, su questo tema, l’Europa, ricevendo in cambio più che lauti finanziamenti.
ONG e commentatori, di fronte a tali dichiarazioni, temono che Italia e Turchia abbiano posto le basi per il rafforzamento delle attività di “blocco” dei migranti, con particolare attenzione all’inferno libico. Dal quale i migranti dovrebbero essere respinti verso il Sahel. Esattamente l’opposto di ciò che andrebbe fatto per smantellare i lager libici e mettere fine al traffico di esseri umani.
Antonio Mazzeo conclude citando un vecchio detto siciliano: Amici e vaddati. Cioè meglio guardarsi da certi “amici”, davvero impresentabili e che non perdono l’occasione per approfittare della fiducia accordata. Chissà, se e quando, Roma e Bruxelles lo capiranno.