Ancora una donna uccisa, questa volta dal figlio quindicenne, che non ha solo massacrato la madre ma distrutto anche la propria vita, come spesso avviene tra i giovani che vivono in contesti nei quali la povertà educativa e quella economica “si tengono per mano e crescono l’una sull’altra”, come denuncia l’odierna lettera aperta del Coordinamento Iniziative e Monitoraggio PNRR
Sulla base delle prime indagini, ad uccidere Valentina Giunta, 32 anni, è stato il figlio quindicenne. Il delitto è maturato in un contesto di gravi tensioni determinate dalla volontà della giovane donna di rifarsi una vita lontano da Catania e dal marito da anni in prigione. A questo progetto il ragazzo si opponeva strenuamente. Ancora una volta ad essere massacrata è una donna e le sue aspirazioni di libertà e di autonomia. Ma stavolta a colpire non è né il fidanzato, né il marito ma il figlio, trasformatosi in una sorta di giustiziere dell’ ‘onore’ del padre e della famiglia.
Non sappiamo in quali abissi di solitudine e incomprensioni sia maturato un così atroce delitto. Ma una cosa sappiamo bene: questo terribile assassinio è avvenuto in quella enorme periferia nel centro della città che è San Cristoforo, da quarant’anni epicentro del disagio e della criminalità minorile. Sappiamo anche che questo assassinio, per quanto anomalo ed efferato, non nasce dal nulla ma si inserisce in un preciso contesto: i quartieri criminogeni che abbiamo realizzato e abbandonato.
Catania è una delle capitali della dispersione scolastica e della criminalità minorile, in grado di contendere a suon di rapine, scippi, spaccio e omicidi il primato nazionale a Palermo, a Roma e a Napoli. La nostra città è ormai da tempo un trattato di sociologia criminale a cielo aperto.
Sono almeno 250 mila i cittadini della provincia di Catania che vivono in povertà assoluta o relativa, circa un quarto della popolazione complessiva: 60-70 mila famiglie. I minori pagano il prezzo più alto. Povertà economica e povertà educativa si tengono per mano e crescono l’una sull’altra, tanto da diventare un destino già scritto per migliaia di ragazzi “condannati” a divenire preda delle organizzazioni criminali.
In questa ultima fase qualcosa di significativo è avvenuto. Merito sopratutto del presidente del Tribunale per i minorenni, Di Bella, e della prefetta Librizzi. A partire dal loro insediamento, dispersione scolastica e devianza minorile sono diventati temi significativi dell’agenda cittadina. Insieme hanno realizzato l’Osservatorio provinciale sulla devianza minorile che vede impegnate istituzioni e associazioni.
Un ulteriore punto di forza è rappresentato dall’Arcivescovo di Catania Luigi Renna, da sempre sensibile ai temi sociali che, non a caso, ha scelto come primo atto del suo apostolato la visita ai minori ristretti nell’Istituto di rieducazione e pena di Bicocca.
Va sottolineata la qualità dell’azione condotta dall’Istituto Penale per Minorenni (IPM) di Bicocca e il grande lavoro svolto dall’Ufficio di Servizio Sociale per i minorenni (USSM). L’Università, da qualche mese, attraverso un importante intesa con l’USSM, accoglie ragazzi a rischio presso l’orto botanico consentendo loro di svolgere un tirocinio formativo. Soprattutto vi è la straordinaria presenza di associazioni e parrocchie che svolgono una funzione pubblica insostituibile nelle aree di maggiore sofferenza della città. Senza di loro, senza la loro testimonianza, senza la loro presenza i nostri quartieri popolari rischierebbero di collassare.
Ma l’onda che ci investe è troppo grande e travolgente per essere affrontata con le forze oggi in campo. Nonostante l’impegno e le positive iniziative appena ricordate la città nella condizione in cui versa non può farcela, non possiamo farcela. Con la conseguenza che migliaia di giovani, oggi, sono condannati a morte civile.
Dobbiamo prenderne atto e ripartire da questa semplice e al tempo stesso tragica considerazione. E’ urgente e necessaria una svolta che deve riguardare innanzitutto le istituzioni di governo del territorio. Non è possibile tollerare oltre l’irresponsabile inerzia del Comune che non riesce nemmeno a partecipare ai bandi per la costruzione di nuove scuole, per l’attivazione delle mense, per l’apertura di nuovi asili nido, disperdendo risorse preziose derivanti dal Pnrr e dai fondi ordinari europei.
Occorre togliere i ragazzi dalla strada, sottrarli alla criminalità, offrire loro nuovi sguardi e concrete opportunità di vita. Avviamo con decisione la realizzazione delle comunità educanti: alleanze tra scuola, istituzioni, associazioni, parrocchie, università e famiglie che insieme si facciano carico della crescita e della formazione dei più giovani.
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Occorrono nuovi asili nido. Abbiamo bisogno di scuole a tempo pieno. Oggi solo l’8% degli studenti catanesi ne gode. Un record negativo e indegno di una grande città. L’obiettivo minimo da raggiungere nel prossimo biennio deve riguardare il 30% degli studenti, con priorità assoluta per quelli che vivono nei quartieri popolari. Vi è la necessità di rivedere profondamente il meccanismo di funzionamento dei Centri di Aggregazione Territoriali, finanziati dal Comune con i voucher, che somigliano troppo a luoghi di segregazione dei più fragili. Abbiamo bisogno di più educatori, meglio formati.
Dobbiamo lavorare tutti affinché l’assassinio di Valentina, con l’enorme carico di dolore e di violenza che porta con sé, non sia accaduto invano. Abbiamo il dovere di guardare la drammatica realtà che è dinanzi a noi e provare a cambiarla.. Le dimensioni assunte dalla criminalità minorile e dalla povertà educativa, che ne è il presupposto, non riguardano una parte della città, ma la investono tutta e per intero. Minano alla radice la tenuta stessa del tessuto sociale e la sua coesione.
Occorrono risposte all’altezza, uno straordinario sforzo delle energie migliori della città. Non domani ma a partire da oggi stesso.
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(da Facebook)
Biagio Gino Amata - Le assicuro che in tanti ci provano, mia figlia lavora in una delle tante associazioni che si occupa proprio di questo e proprio in quella zona, ma è molto difficile perché sembra che i ragazzi, e anche le ragazze, abbiano una durezza ed una aridità d'animo che li porta fin da bambini ad avere un atteggiamento di diffidenza verso chi non "appartiene al loro mondo" e, per questo, a mantenere le loro regole e abitudini senza accettare consigli o suggerimenti. La sola cosa che le spinge a continuare ad occuparsi di ragazzi che, quando va bene, non le ascoltano, nemmeno le considerano e, addirittura, le linsultano, è la convinzione che anche riuscire a "salvarne" uno è sempre e comunque un successo
Luigi Barbagallo - purtroppo gli inculcano sin da piccoli che le istituzioni ... "lo stato" sono il nemico principale…
Biagio Gino Amata - ma non è nemmeno quello, i bambini non vedono le associazioni come istituzioni anzi vanno perché sanno di trovare spazi di gioco e di aggregazione, è proprio la cultura della "sopravvivenza a tutti i costi" per cui sono pronti allo scontro verbale e fisico immediato perché devono essere pronti a respingere qualsiasi attacco anche il più piccolo