Lotta alla dispersione scolastica, puntare sulla formazione

Impressionanti i dati sull’abbandono scolastico a Catania, un fenomeno su cui si è riaccesa l’attenzione soprattutto dopo la costituzione, su iniziativa del presidente del Tribunale per i minorenni Roberto Di Bella, dellOsservatorio sulla devianza minorile che ha avviato un attento monitoraggio degli abbandoni scolastici, che spesso non venivano, in precedenza, nemmeno segnalati. Non è un caso, quindi, che i casi segnalati, dopo un’indagine di pochi mesi, siano passati da 35 a 808.

Si tratta, evidentemente, di un primo passo nel percorso di contrasto alla devianza minorile, visto che l’abbandono della scuola, la mancanza di prospettive alternative, la ‘scuola’ della strada sono le precondizioni di comportamenti che possono inizialmente essere privi di rilevanza penale, ma costituiscono l’anticamera della devianza vera e propria, soprattutto per i ragazzi che vivono nei quartieri più difficili.

Se ne è parlato venerdì 22 luglio nella sala conferenze del dipartimento di Sciente politiche e sociali di via Gravina, dove si è svolto un incontro dell’Osservatorio sulla devianza minorile, presieduto dalla Prefetta Librizzi, a cui hanno partecipato il Presidente Di Bella, rappresentanti dell’Università, delle Pubbliche amministrazioni, dell’Ufficio scolastico provinciale, dell’Ufficio dei Servizi Sociali per i minorenni (USSM), delle forze dell’ordine, delle organizzazioni sindacali e di alcune associazioni del terzo settore, da Libera ad Asaec al Coordinamento Iniziative e Monitoraggio PNRR.

Dal confronto, ricco di spunti, è emersa l’accresciuta consapevolezza della gravità di un fenomeno che non può essere affrontato solo con provvedimenti di tipo repressivo o con deterrenti come la segnalazione all’INPS in vista di una decurtazione o decadenza del reddito di cittadinanza per le famiglie che non si impegnano a mandare i figli a scuola fino all’adempimento dell’obbligo scolastico (su cui comunque sono già partite 200 segnalazioni).

Dietro gli 800 ragazzi che hanno abbandonato la scuola, dietro “la fascia di adolescenti con danni conclamati e difficilmente rimediabili” di cui l’USSM si occupa, ha detto Roberta Montalto, direttora dell’Ufficio, “ci sono altrettante famiglie in gravissima difficoltà, in particolare nello svolgere la funzione genitoriale”, famiglie che hanno soprattutto bisogno di sostegno, ma che l’Ufficio non può seguire adeguatamente perché “servirebbe un esercito di operatori adeguatamente formati”.

Il numero degli assitenti sociali è, invece, ridottissimo e la loro preparazione non è sempre adeguata alle situzioni difficili in cui devono intervenire. Sulla necessità di provvedere alla loro formazione, Montalto ha sollecitato la collaborazione dell’Università, un invito raccolto da Carlo Colloca, docente di sociologia dell’ambiente e del territorio, che ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzare ed orientare ‘l’agenda’ dell’incontro.

Accanto alla formazione degli operatori, è di fondamentale importanza quella dei ragazzi. E un lavoro di formazione degli studenti sulla tematiche della giustizia e della legalità è stato proposto dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Antongiulio Maggiore: un innovativo laboratorio di simulazione di un processo sulla base di un canovaccio preparato da esperti.

Un’esperienza che si aggiungerebbe a tutte quelle che già vengono organizzate e gestite, anche con molta professionalità e grande impegno, all’interno di diversi istituti scolastici dei quartieri più problematici, in cui gli allievi sono coinvolti in attività creative, laboratoriali, sportive, che li divertono e contestualmente li educano al rispetto delle regole, degli altri, degli spazi comuni.

Lo ha ricordato Maria Grazia Sapienza di ArgoCatania, che aderisce al Coordinamento di monitoraggio del PNRR, citando, accanto a quello delle scuole, anche l’impegno delle associazioni che operano nelle aree più difficili della città ed offrono esperienze significative e occasioni di riflessione non solo ai bambini e ai ragazzi ma talora anche alle famiglie e alle giovani mamme, spesso impreparate a svolgere il ruolo genitoriale. E ricordando che, anche all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Bicocca, gli educatori offrono da anni esperienze coinvolgenti e formative ai giovani ristretti, che ricevono una ricchezza di stimoli e opportunità di riflessioni che gli ambienti deprivati in cui sono vissuti non hanno mai loro proposto.

La scuola, infatti, non può da sola assumersi l’onere della formazione in situazioni particolarmente difficili, la complessità e gravità della situazione sono tali da richiedere non solo una moltiplicazione delle offerte, e quindi delle forze in campo, ma anche una riflessione, un progetto ampio di contrasto alla povertà educativa, dentro cui collocare le singole iniziative.

Un ripensamento a cui può contribuire – ha ribadito Sapienza – il confronto all’interno dei tavoli tematici di lavoro, individuati e proposti dalla prefetta Librizzi in collaborazione con il professor Colloca.

Quello della formazione è proprio il tema di uno di questi tavoli, un altro dovrebbe nascere attorno al tema della prevenzione coinvolgendo soprattutto le forze dell’ordine nella individuazione precoce dei comportamenti irregolari. Il terzo tavolo dovrebbe, infine, occuparsi della rigenerazione urbana, con particolare riferimento alla questione della edilizia scolastica.

Come ha sottolineato Maria Paola Iacquinta, dirigente scolastica nella scuola di un quartiere difficile e coordinatrice di un osservatorio territoriale del Miur sulla dispersione scolastica, “è importante riqualificare gli edifici scolastici ma anche il contesto in cui sono collocati perché i ragazzi possano trovare attorno a sé un ambiente accogliente, essendo deleterio per loro vivere in edifici e contesti in stato di abbandono”.

Nel momento attuale, la disponibilità di fondi di proveninenza europea rende possibili interventi, che in passato non potevano essere realizzati anche per mancanza di risorse. Ed è per fare chiarezza sulle attuali risorse, e sull’uso che intende farne l’ente locale, che all’incontro è stato invitato l’assessore all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici del Comune di Catania, Enrico Trantino, che è intervenuto per illustrare il progetto di utilizzo delle risorse dei Piani Urbani Integrati, elaborato da Catania insieme ad alcuni comuni etnei.

Il progetto prevede, per la nostra città, interventi a Librino e San Berillo, entrambi – a diverso titolo – quartieri marginali: a Librino, il progetto di parco urbano, di completamento di una spina verde e di recupero della scuola Brancati da assegnare alle associazioni; a San Berillo la realizzazione di un Urban Center, la riqualificazione di piazza della Repubblica e di piazza Pietro Lupo (demolizione della palestra e parcheggio interrato).

L’assessore è andato via subito dopo la sua esposizione, senza che fosse possibile un contraddittorio in cui esprimere perplessità, ad esempio sul discutibile recupero del vecchio progetto di parcheggio interrato in piazza Lupo o sulla demolizione dell’edificio da adibire a Urban Center, considerata da Trantino una “leva virtuosa che può incoraggiare i privati ad investire nel quartiere”, ma – a parere delle associazioni – pericolosa per il possibile avvio di demolizioni non giustificate che possono stravolgere la fisionomia di un quartiere storico che andrebbe preservato.

Per fare chiarezza sulle inadempienze del Comune, che non è stato in grado di cogliere le opportunità offerte dai bandi del PNRR, è stato significativo l’intervento di Antonio Fisichella che, in rappresentanza del Coordinamento Iniziative e Monitoraggio PNRR, ha ricordato come Catania, a differenza di altri comuni meridionali anch’essi in gravi difficoltà, abbia ‘mancato’ i bandi sulla edificazione di nuove scuole, sulle mense, sugli asili nido, sulle infrastruttire sportive.

Ecco perché Fisichella ha chiesto una svolta, un cambio di passo, anche perché “questa città ha grandi risorse, soprattutto umane, che non riesce a sfruttare al meglio”, un tema raccolto dallo stesso Colloca, che ha riconosciuto, da parte delle istituzioni, “un deficit di ascolto nei confronti delle esperienze e delle sensibiltà delle associazioni”.

Argo

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