“E’ ormai tempo di pensare che l’inevitabile rinvenimento nel sottosuolo urbano di vestigia del passato non deve essere ritenuto una grave iattura per lo sviluppo, bensì una importantissima risorsa per un effettivo risanamento dei nostri centri storici. L’inserimento delle vestigia del passato nel quotidiano dei nostri percorsi cittadini (Verona docet) diventa patrimonio insostituibile della peculiarità di una città, indispensabile per fondare la sua reale offerta didattica e turistica come base irreversibile di occupazione e generatrice di ricchezza in tutti i sensi”.
Queste parole pronunciate, nel 2001, da Sebastiano Tusa, a difesa del complesso della Purità, vengono riportate sul sito di Italia Nostra in un Comunicato, firmato anche dalle associazioni Bianchi Bandinelli e Memoria e Futuro, che denuncia l’assalto a cui sono sottoposti oggi i parchi archeologici siciliani.
Proprio nell’area dell’ex Reclusorio della Purità, come abbiamo già scritto, è stato riproposto di recente il vecchio progetto di edificazione di due mega aule universitarie, in spregio alla norma di inedificabilità assoluta stabilita dal Regolamento per la zona A del Parco archeologico greco-romano.
Un episodio che, nel Comunicato delle tre associazioni, viene letto come uno dei segnali dell’attacco rivolto – con la complicità di Università e Soprintendenze – a tutto il sistema dei Parchi, istituito con la legge 20/2000 e potenziato dallo stesso Tusa. Si era già verificato, qualche mese prima, un tentativo di ridimensionamento del “Parco della Valle dell’Aci, che vanta siti di primaria importanza per la ricostruzione della geomorfologia e della storia della Sicilia orientale quali l’area di Santa Venera al Pozzo in Aci Catena”.
Al sopralluogo organizzato, il 17 giugno, dall’Università è stata invitata la Soprintendenza, intervenuta nella persona della Soprintendente Donatella Aprile, ma non è stato informato, né tanto meno invitato, il Parco archeologico, per il quale non era quindi presente né il direttore né un suo delegato.
Non è credibile che l’Università e la Soprintendenza fossero all’oscuro dell’esistenza di questo ente e del ruolo ad esso affidato. Ai Parchi, infatti, è affidata la fruizione e valorizzazione dei beni di cui alla Soprintendenza è affidata soltanto la tutela.
La gestione dell’area della Purità è quindi competenza del Parco, e il fatto che Università e Soprintendenza siano entrati a visionare senza coinvolgere il ‘padrone di casa’, è quanto meno inquietante.
Tanto più che, proprio negli stessi gorni, 16 e 17 giugno, presso l’Università di Messina, nel corso del convegno su “Parchi Archeologici. Analisi e Proposte”, emergeva l’ipotesi di restituzione di tutti i parchi siciliani alle Soprintendenze ad esclusione di quelli di Agrigento, Naxos-Taormina e Selinunte, in grado di assicurare consistenti introiti.
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Una prospettiva che comporterebbe lo smantellamento del sistema voluto da Tusa, che – proprio per Catania – aveva espressamente parlato di metterne le “vestigia” a disposizione dei cittadini facendole diventare “protagoniste del suo futuro”.
Gli scavi condotti alla Purità dalla Soprintendenza, tra il 2001 e il 2002, seppure svolti in una porzione limitata dell’area, avevano rivelato testimonianze di eccezionale importanza per la storia di Catania: strati preistorici, porzioni delle mura della città greca, resti di una domus romana riccamente decorata e di un atelier di lucerne di età imperiale. Era stato anche identificato lo strato relativo all’eruzione pliniana documentata da testimonianze letterarie che, similmente a quanto accadde a Pompei nel 79 d.C., nel 122 a.C. seppellì Catina sotto uno spessissimo strato di cenere vulcanica mettendo a tal punto in ginocchio gli abitanti sopravvissuti al crollo delle proprie case che la città fu esentata da Roma dal pagamento dei tributi per ben 10 anni.
A seguito di questi scavi fu posto sull’area, nel 2004, il vincolo archeologico, che si aggiunse a quello architettonico esistente dal 1988.
Nel 2014 quest’area è stata ricompresa nella zona “A” del perimetro del Parco archeologico greco-romano di Catania (poi confluito nel Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci), zona vincolata da inedificabilità assoluta per Regolamento divenuto legge nell’agosto scorso (G.U.R.S. 37 del 27 agosto 2021).
Proporre oggi la costruzione di due aule, o sale conferenze che siano, non rispondenti ad alcuna reale esigenza né dell’Ateneo, né della comunità catanese si conferma una scelta insensata, oltre che contra legem. Sarebbe invece opportuno richiedere la prosecuzione delle indagini archeologiche e, in parallelo, il restauro e il riutilizzo, a scopo di promozione e valorizzazione, degli edifici di interesse storico e architettonico che rientrano nell’area della Purità, l’ex G.I.L., la chiesa della Purità e l’ex Archivio notarile, attualmente pressoché inutilizzati e in stato di degrado.
La passeggiata organizzata dal Comitato Antico Corso nel pomeriggio di lunedì scorso ha permesso al numeroso gruppo di partecipanti di conoscere meglio la collina di Montevergine, anche se non è stato possibile entrare all’interno dell’area degli scavi, l’area del potenziale cantiere che, ci auguriamo, non verrà mai aperto.
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