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Referendum, la scelta di non votare

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Il costituzionalista Ettore Palazzolo, nonché redattore di Argo, ci propone il suo orientamento rispetto ai referendum sulla giustizia (su cui si voterà domani, 12 giugno). Come è abitudine di questa testata, non si limita a condividere pubblicamente il suo orientamento, ma, entrando nel merito dei quesiti, offre alle lettrici e ai lettori informazioni utili per una scelta consapevole.

Il 12 giugno penso di non andare a votare per i referendum sulla giustizia promossi da Lega e appoggiati anche dai Radicali, e se decidessi all’ultimo momento di farlo, voterei NO con piena convinzione.

E’ utile ricordare che si tratta di referendum ‘popolari’ abrogativi di una legge o di parti di essa. Come previsto dall’articolo 75 della Costituzione, essi possono essere richiesti da almeno 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali.

Nel caso in questione, la richiesta è stata avanzata non da 500.000, almeno, cittadini elettori, ma da sette Consigli regionali, a maggioranza di centro-destra.

E’ accaduto così che forze politiche aventi un numero di seggi parlamentari intorno al 20%, servendosi di 7 Consigli regionali in cui avevano la maggioranza, stiano cercando di costringere gli elettori a pronunciarsi su quesiti assai complessi, per una piena comprensione dei quali non è sufficiente neanche il possesso di una laurea in Giurisprudenza.

Quesiti che sembrano avere, abbastanza chiaramente, il carattere di una resa dei conti fra politici (in particolare di centro-destra, ma non solo) e Magistratura.

Paradossalmente, le forze politiche che li hanno voluti non si sono poi attivate per spiegarne ai cittadini l’importanza e per sollecitare l’adesione al voto e la scelta per il SI, anche per la quasi certezza che il 12 giugno nessuno dei cinque referendum otterrà il quorum prescritto.

Ancora più paradossale il voto dato recentemente dalla Lega, insieme alle forze politiche di maggioranza, a favore della riforma Cartabia sulla giustizia (in corso di approvazione) che contrasta, come vedremo, in alcuni articoli, con il contenuto di almeno due quesiti, il terzo e il quarto.

In dettaglio 

a) Il quesito numero 1, scheda rossa, riguarda l’abrogazione di alcune norme della legge Severino sull’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica da cariche elettive e di Governo per chi è stato condannato in via definitiva per alcuni tipi di reato, dalla mafia al terrorismo a quelli contro la pubblica amministrazione. Si propone di cancellare l’automatismo: dovrà essere il giudice, di volta in volta, a decidere se, in caso di condanna, occorra infliggere anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

b) Il quesito numero 2 (scheda arancione) interviene sulla limitazione all’irrogazione di misure cautelari, con l’abrogazione della norma che consente di disporre, senza limitazioni, la misura della carcerazione preventiva (cioè l’arresto prima del processo e quindi di condanna penale), in presenza del rischio di reiterazione del reato (cioè che l’indagato possa commettere nel frattempo lo stesso tipo di reato).

c) Con la scheda di colore giallo (ref. numero 3) gli elettori sono chiamati ad esprimersi sul tema della separazione delle funzioni dei magistrati. Il quesito chiede l’abrogazione delle norme che consentano ai magistrati di passare dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice, e viceversa. L’eventuale approvazione del quesito comporterà una vera e propria separazione di fatto delle rispettive carriere dei giudici e dei PM (rendendo il pubblico ministero sempre più simile ad un Avvocato della Polizia giudiziaria, come del resto, è stato in passato proposto dalle forze del centro-destra). La riforma Cartabia prevede un solo cambio di funzioni, da Pubblico ministero a giudice, o viceversa, nell’ambito della carriera di un magistrato.

d) Con la scheda di colore grigio (ref. n. 4) gli elettori sono chiamati ad esprimersi sul sistema di valutazione dei magistrati. Il quesito riguarda la partecipazione dei membri “laici” (avvocati e professori di diritto) dei Consigli giudiziari, al livello di Cassazione e di Corti d’Appello, a tutte le deliberazioni, anche in ordine alla valutazione di professionalità dei magistrati e all’idoneità a ricoprire incarichi direttivi, facoltà attualmente loro preclusa. La Riforma Cartabia prevede la possibilità che i membri “laici” possano partecipare alla discussione e fare rilievi e proposte, ma senza partecipare alla decisione finale.

e) Il referendum numero 5 (scheda verde) propone la modifica della normativa per l’elezione dei membri togati del Csm, con eliminazione della lista di magistrati da presentare a sostegno di ogni candidatura a Consigliere del CSM (lista che si ritiene abbia agevolato il sistema correntizio all’interno della Magistratura). L’obiettivo è quello di prevedere candidature individuali dei magistrati, senza il supporto preventivo di altri colleghi. Qualcosa di analogo viene proposto nella riforma Cartabia.

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