Un’esperienza prolungata di comunità in un contesto ristretto, su una barca a vela, un apprendimento basato sull’esperienza, la conoscenza di luoghi nuovi e di persone nuove, anche con disabilità, il rispetto delle regole, l’educazione ambientale che passa da gesti concreti come la raccolta della plastica abbandonata in mare, la visita alle città d’arte, e tanto altro ancora.
Sono le esperienze che vengono offerte ai ragazzi che partecipano al progetto ‘A scuola per mare’, di cui Argo ha ampiamente parlato, che si propone di contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, di cui si è discusso sabato 2 aprile, nell’aula magna della facoltà di lettere, nel convegno “Un passo avanti”, moderato da Luisa Santangelo.
Nessuna pretesa di cambiare le persone, ma l’intento di aprire porte, mostrare possibilità di scelta di un futuro diverso a ragazzi spesso provenienti da contesti degradati, che non offrono opportunità.
I minori che entrano far parte del progetto sono segnalati come problematici dalle scuole o dai servizi sociali, sono a rischio di entrare nel circuito penale minorile, o vi sono già entrati. Trovano – in questo progetto finanziato dalla fondazione ‘Con i bambini’ – la possibilità di fare un’esperienza di ‘spaesamento positivo’ rispetto alla situazione di povertà educativa da cui provengono.
Ne sono ben consapevoli gli educatori, come Gabriele Gaudenzi, fondatore dei Tetragonauti e ideatore del progetto, che si imbarcano con loro sulle barche a vela, per offrire a questi ragazzi un “viaggio trasformativo”, che li allontana dai luoghi di appartenenza e dai ruoli che sono abituati a ricoprire e offre un incontro con la bellezza che li stupisce e li affascina.
La bellezza delle imbarcazioni su cui navigano, dei luoghi che visitano, della natura con cui devono imparare a relazionarsi, dello stare insieme, del sentirsi a proprio agio nel luogo dove ci si trova, una bellezza “che deve essere per tutti e non può essere negata a nessuno”, come ha affermato Ubaldo Lucci dell’Unione Vela Solidale, partner del progetto.
“A questi ragazzi chiediamo molto ed essi” racconta Gaudenzi “rispettano le cose che mettiamo a loro disposizione e mai nessuno ha avuto reazioni di rabbia o compiuto atti di vandalismo”
Da questa esperienza, comunque circoscritta nel tempo, può nascere un cambiamento duraturo, anche definitivo. Lo racconta Francesca Andreozzi dell’associazione Centro Koros, che – ancora dopo otto anni – mantiene vivo il rapporto con un ragazzo che, a partire da questo ‘viaggio’, ha cambiato vita.
Il progetto coinvolge cinque associazioni di cinque regioni, tra cui il Centro Koros per la Sicilia, la regione più problematica per quanto riguarda l’abbandono scolastico.
La percentuale di dispersione scolastica in Sicilia, e quindi anche a Catania, è infatti altissima, soprattutto nei quartieri più difficili, quelle ‘periferie’ che non sempre sono geografiche ma sono comunque luoghi abbandonati dalle istituzioni, lasciati nel degrado e nella solitudine sociale.
Lo ha sottolineato Claudio Fava, presidente della Commissione regionale Antimafia, che ha parlato del lavoro recentemente compiuto dalla Commissione sulla dispersione scolastica a cui si associa la devianza dei minori, che – nei contesti più fragili – sono affascinati dalle figure dei boss mafiosi, visti come modello, anche se ormai in carcere da trenta anni e lì destinati a morire, come Nitto Santapaola.
“In una situazione di abbandono” ha detto Fava “la mafia rappresenta un elemento di seduzione e anche di promozione sociale, restituisce la dignità che le istituzioni non riconoscono”.
L’indagine della Commissione Antimafia è nata per impulso del presidente del Tribunale per i minorenni che ha presentato a Fava le cifre impressionanti relative all’abbandono scolastico, che riguarda, per la sola Città metropolitana di Catania, dai 16 mila ai 18 mila ragazzi.
Sono numeri che pongono interrogativi inquietanti e chiedono risposte adeguate, su cui il presidente Roberto Di Bella sta concentrando il proprio impegno, da quando – come a dichiarato nel suo intervento al convegno – è rimasto sconcertato dalla bassissima scolarizzazione dei ragazzi che entrano nel circuito penale minorile e sono spesso incapaci di esprimersi..
Ha coinvolto innazi tutto il prefetto Sammartino, con cui aveva collaborato in Calabria, al quale è subentrata successivamente la prefetta Librizzi, e via via tutte le istituzioni presenti sul territorio, dalla Sindaco alla Procura, dall’Ufficio Scolastico Provinciale alla Diocesi, in un ‘Osservatorio metropolitano di coordinamento e monitoraggio sulla devianza minorile’, aperto anche al contributo delle associazioni interessate.
La sensibilizzazione dei dirigenti scolastici sull’importanza di segnalare gli abbandoni, la pressione sul Comune perché vengano assunti nuovi assistenti sociali e sull’Asp perché fornisca équipe di professionisti (psicologi, neuropsichiatri, …), comincia a dare i suoi frutti. E le famiglie che ricevono il reddito di cittadinanza subiranno dei controlli per verificare che ottemperino l’obbligo di assicurare la frequenza scolastica dei figli.
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Di Bella ha insistito anche sulla necessità di ampliare il tempi pieno nelle scuole e tenerle aperte durante il pomeriggio con attività sportive e laboratoriali che tolgano i ragazzi dalla strada, sottraendoli all’influenza della criminalità organizzata.
“Solo mettendo al centro la questione minorile, oggi negletta” ha concluso Di Bella “possiamo spezzare quel meccanismo che si autoriproduce e genera devianza”. Ma bisogna agire in modo costante e rigoroso, non affidandosi a interventi spot.
Soprattutto bisogna agire continuando a costruire una reale sinergia tra le forze in campo, istituzionali e non, come le associazioni impegnate nell’innovativo progetto di ‘A scuola per mare’, il cui prossimo appuntamento è quello dell’imbarco per il modulo primaverile, il giorno 12 aprile.
Io c’ero. Conosco il progetto di grande valore educativo. La cosa che più mi ha colpito come fosse la quasi totale assenza di insegnanti. Questo grande discorso appartiene a chi ogni giorno guarda in faccia i ragazzi ed invece sabato mattina eravamo forse 30persone come se fossimo ad un circolo di burraco. Perché non c’è una forte e vera informazione su questo problema fondamentale nei confronti dei docenti in primis che lavorano in questi quartieri?