A Napoli negli ultimi anni una parte dei giovani criminali si è posta l’obiettivo di creare un proprio clan in competizione con quelli già affermati, riuscendoci.
Isaia Sales, esperto di camorra, con il libro “Teneri assassini” (Marotta &Cafiero), sottotitolo “Il mondo delle baby gang a Napoli”, ha provato ad analizzare questo fenomeno.
Con lui ne ha discusso Antonio Fisichella, nel breve spazio del format ‘Mezz’ora con’, sulla pagina Fb dell’Associazione Memoria e Futuro.
Se per le città del Sud America, quelle con il più alto livello di criminalità giovanile, si parla di una cultura dell’emergenza, Sales individua per Napoli il prevalere di una ‘cultura del tutto e subito’.
I ragazzi che vanno contro la legge sanno di avere poco tempo a disposizione per poter diventare ‘qualcuno’, sanno di dover fare i conti con la morte che, insieme alla galera, li aspetta – prima o poi – nella via che hanno intrapreso.
Non vogliono rinunciare ad essere qualcuno, ad essere presi in considerazione, rispettati, a far abbassare gli occhi a chi ha a che fare con loro. Per ottenere tutto questo sanno di dover usare la violenza. Violenza che diventa, per loro, anche uno strumento di identità. In questa prospettiva l’infanzia è quasi una parentesi inutile, che va scavalcata.
Un quadro di questo genere ci permette di misurare il fallimento di quelli che sono stati in passato i due volani dell’ascesa sociale e dell’integrazione del sottoproletariato, vale a dire la scuola e i mestieri, quelli che si apprendevano da artigiani capaci e rispettati. Il luogo della formazione oggi è la strada, dove si impara che il successo si raggiunge con il crimine, sia esso lo spaccio di droga, lo scippo, la rapina.
A Napoli e nelle altre città del Meridione, come Palermo o Catania, si possono individuare alcune caratteristiche che Sales definisce ‘implacabili connessioni’. Oltre alla presenza di ‘periferie’ anche in centro storico, si può notare il ripetersi costante di alcune condizioni.
I giovani che delinquono provengono quasi sempre dagli stessi quartieri, da famiglie numerose e con precedenti penali, abbandonano la scuola e hanno la strada come luogo di socializzazione e di apprendimento del crimine.
Considerato che sappiamo da quali quartieri e da quali famiglie provengono questi minori perché non si riesce ad intervenire, a fare qualcosa?
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Dopo aver fatto riferimento al “progetto Di Bella”, che, per spezzare la catena di trasmissione dei comportamenti criminali e far conoscere a questi ragazzi altre realtà, ha promosso e realizzato l’allontanamento di questi dai nuclei mafiosi d’origine, Sales prospetta alcune soluzioni.
A suo parere, la “famiglia sociale” deve affiancare la famiglia di sangue, deve aiutarla e sostenerla, anche economicamente, a condizione che i bambini vengano mandati a scuola e poi, crescendo, proseguano gli studi o apprendano un mestiere.
Bisogna che la società investa sui ragazzi degli ambienti più esposti, risparmierà non solo denaro ma anche crimini, Ed è indispensabile che fornisca più servizi soprattutto nei quartieri che ne hanno maggiore bisogno, e non viceversa,come spesso accade.
A questo link il video dell’intervista di Antonio Fisichella a Isaia Sales
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