Parco Monte Po-Acquicella, le associazioni sollecitano un incontro con il Comune

Permettere a bambini, giovani, anziani di recuperare il rapporto con la natura e di godere dei suoi spazi e della sua bellezza, ma anche ricucire le periferie, sud e ovest, al resto della città.

Queste alcune delle finalità che si sono proposte le associazioni e i singoli cittadini che stanno lavorando al progetto di un grande Parco suburbano che vada da Monte Po fino al mare e divenga il polmone verde di Catania svolgendo una funzione non solo naturalistica ma anche sociale ed urbanistica.

Il Parco di Monte Po, già previsto dal vigente Piano Regolatore, diverrebbe finalmente realtà e sarebbe collegato, in un percorso che segue il vallone Acquicella attraversando le lave del 1669, alla zona parco del boschetto della Plaia giungendo fino a dove l’Acquicella sfocia in mare.
Parliamo di aree che noi catanesi conosciamo poco e di cui spesso ci sfuggono la bellezza e la ricchezza di manufatti, e che dovremmo imparare ad apprezzare e a sentire ‘nostre’.

A questo hanno mirato esplorazioni e passeggiate organizzate per meglio conoscere il territorio e monitarne lo ‘stato di salute’.

Occasioni per scoprire o riscoprire il fascino dell’ecosistema che caratterizza la foce del fiume Acquicella, non un rigagnolo discontinuo ma un corso perenne di acque vivaci capaci di rigenerarsi nonostante l’incuria e l’inciviltà di cui è vittima da parte di chi vi scarica anche rifiuti.

Occasioni per ammirare la ricchezza della vegetazione di queste aree, la varietà delle specie faunistiche, la presenza di risorgive, ma anche di antiche masserie, piccoli acquedotti, strutture militari del periodo bellico, resti archeologici ed edifici sacri che raccontano una storia ricca e varia.

Per realizzare il progetto di questo grande parco è necessario, innanzi tutto, coinvolgere sempre di più la cittadinanza, in particolare quella che vive nelle aree periferiche che maggiormente ne trarrebbero vantaggio per la maggiore vicinanza e soprattutto per l’occasione di maggiori opportunità e di una migliore integrazione alla vita della città.

Ma è necessario soprattutto coinvolgere l’amministrazione comunale a cui compete il ruolo decisorio, a cui tocca la responsabilità di imprimere una svolta rispetto alle scelte che hanno portato al crescente declino della città, che ormai occupa da anni gli ultimi posti nelle graduatorie che registrano la qualità della vita delle principali città italiane.

Anche se l’origine del declino di Catania ha radici lontane, “da ricercare in alcuni degli errori del modello di sviluppo e dei meccanismi di crescita che la città ha perseguito a partire dagli anni settanta del secolo scorso” e presenta una complessità di problemi di non immediata e semplice soluzioni, qualcosa si può cominciare a fare subito, partendo dalle criticità ambientali sempre più evidenti.

Da questa analisi prende le mosse la richiesta ufficiale che le associazioni promotrici della proposta di Parco hanno indirizzato al sindaco, agli assessori all’ambiente e all’urbanistica, ai presidenti del consiglio comunale e della commissione urbanistica.

Tra le scelte urgenti che vengono chieste all’amministrazione “per evitare che ulteriori interventi non studiati adeguatamente sul territorio possano produrre effetti irreversibili […] la priorità va attribuita al blocco del consumo ulteriore di suolo e alla conservazione e tutela del residuo patrimonio ambientale ancora presente nel nostro territorio unitamente alla bonifica, al recupero e alla rinaturazione di quanto oggi compromesso.”

Ed ecco la proposta del Parco suburbano, “una vasta area verde, arricchita dal corso d’acqua che, unico fra quelli compresi fra la città e il Simeto, presenta fluenze in tutto l’anno”.

Nella lettera si precisa che, comunque, questa area verde non rientra tra quelle da conteggiare per raggiungere gli standard urbanistici del verde urbano, che devono essere raggiunti con aree verdi distribuite nel tessuto cittadino, facilmente raggiungibili e fruibili in ogni quartiere.

Il grande Parco sub-urbano deve fornire “servizi ecosistemici collettivi che è possibile insediare solo in aree vaste ed in contesti ad elevata naturalità o da riqualificare con criteri rispettosi della natura”, con il ripristino dei cicli ecologici, la riduzione delle condizioni di pericolosità idraulica del territorio, la compensazione carbonica e la riduzione dell’isola di calore.

“Sarà inoltre un intervento capace anche di dare risposte ai bisogni di spazi di aggregazione dei molti quartieri ‘difficili’ della periferia meridionale della città che prospettano su queste aree, restituendo loro quei livelli minimi di dotazioni che permettano di ripristinare condizioni di maggiore giustizia urbana.”

Anche il percorso di progettazione deve essere caratterizzato, a parere degli scriventi, da “una reale e piena partecipazione e coinvolgimento di tutte le forze culturali e delle componenti sociali della città” e in particolare degli abitanti dei quartieri limitrofi, per favorire un processo di identificazione e appartenenza.

Dopo l’interesse dimostrato da alcuni esponenti dell’Amministrazione, dopo la presentazione del progetto nel corso dell’incontro propedeutico per la stesura del nuovo Piano Regolatore, ora denominato PUG, le associazioni proponenti chiedono “un incontro per individuare i reali contributi di collaborazione fra Cittadini, Associazioni ed Amministrazione e tracciare un percorso per poter anche utilizzare le risorse pubbliche dei Piani Urbani Integrati (PIG), del PNRR e altre che potranno essere utilizzate.”

Nell’auspicio che “venga instaurato anche un tavolo tecnico di lavoro”, concludono dicendosi in attesa della definizione di una data per l’incontro.

Leggi il testo integrale della richiesta

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Argo

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