A Tor Bella Monaca, periferia est di Roma, Tiziana Ronzio non ci è nata. E’ diventato il suo quartiere quando le hanno assegnato lì una casa popolare, ma ancor più quando ha scelto di impegnarsi a cambiare questo luogo per poterci stare bene, senza desideri di fuga.
Sì, perché Tor Bella Monaca è un quartiere difficile, come lo sono molte periferie delle nostre città, lo spaccio di droga è l’attività di cui vivono molti suoi abitanti, la dispersione scolastica è altissima, il reddito pro capite tra i più bassi d’Italia.
Eppure ci vive molta gente per bene, che soffre per lo squallore che la circonda e non si rassegna a subire lo stato di degrado e la ghettizzazione in cui questi quartieri vengono lasciati.
Coinvolgendo altri abitanti del quartiere intorno ad obiettivi e proposte, “perché qualcuno che tira ci vuole”, Tiziana ha creato una associazione, ‘Tor Più Bella’, che ha nel nome stesso il suo programma.
Hanno cominciato dalla ‘torre’ di 15 piani in cui vivono alcuni di loro, si sono dati da fare per risolvere alcuni problemi con piccole manutenzioni, ma anche per abbellirla e renderla più accogliente con la cura del verde attorno, un murales realizzato nell’androne, e così via.
Ci hanno guadagnato anche una sede, uno dei locali al pian terreno, in precedenza utilizzato per spaccio e prostituzione, che l’Ater (l’azienda che gestisce a Roma l’edilizia popolare pubblica) ha dato a loro in comodato d’uso.
In questa sede hanno aperto uno sportello di ascolto, preparano pacchi per chi è in difficoltà, organizzano momenti di incontro e attività per gli anziani, ma anche iniziative culturali per tutte le età. Si sono via via interessati anche al resto del quartiere, dal parco alla scuola.
Oltre a Tor Più Bella, ci sono altre associazioni presenti in questa periferia, da Libera alla Comunità di Sant’Egidio, ci sono anche altre realtà con sigle meno conosciute, impegnate in iniziative patrocinate dall’Osservatorio della legalità della Regione Lazio, che lì fa sul serio. E tra queste associazioni sta crescendo una idea di rete.
Ma chi si dà molto da fare diventa scomodo, soprattutto se l’area è controllata da gruppi che vogliono proseguire indisturbati i propri affari, così Ronzio è stata minacciata e anche aggredita, a più riprese, a maggior ragione dopo che Mattarella l’ha nomina Cavaliere per il suo impegno nel quartiere.
Lei, che è “capocciona”, come definsce se stessa, non si arrende, incoraggiata anche dall’aver ricevuto varie attestazioni di solidarietà, compresa l’organizzazione di un presidio a suo favore.
Sara sa cosa vuol dire vivere in una periferia bollata come covo di delinquenza, e quindi guardata con sospetto e timore nonostante ci viva – come lei – tanta gente per bene, che cerca di mandare avanti onestamente la famiglia e di educare rettamente i propri figli.
Perchè allora non avviare un confronto tra periferie, uno scambio di esperienze che permetta di cogliere i problemi comuni, a cui cercare in comune una soluzione, ed evidenzi anche le caratteristiche specifiche che fanno di ogni realtà un caso a sé, che necessita di interventi ad hoc.
Un progetto a lungo termine, quello a cui pensa Fagone, che può anche ampliarsi ad altre periferie di aree geografiche diverse.
Oltre al Sud, e al Centro Italia, Sara si propone di cercare un altro interlocuore in una periferia del Nord Italia, in modo che il quadro sia più completo, con le sue differenze e somiglianze, perché ci si possa arricchire reciprocamente ed individuare battaglie da condurre insieme, a favore delle periferie, s’intende.
“Ormai abbiamo imparato anche ad utilizzare strumenti che permettono di incontrarsi e discutere a distanza” ci dice Sara “possiamo organizzare un momento di confronto ad ampio raggio”, non per fermarsi ad un generico bla bla bla (che non caratterizza solo i temi ambientali…), ma per trovare obiettivi comuni e intese per perseguirli.
Come talora solo le donne ‘capoccione’, vale a dire testarde e determinate, sanno fare.
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