Occhi vivaci, attenti, curiosi, quelli dei ragazzini che hanno partecipato all’incontro con Yasmeen Al-Najjar, mercoledì sera al PalaNitta, insieme ai loro istruttori e ad un pubblico di persone interessate.
Una scelta non casuale quella del PalaNitta, una struttura che racconta l’abbandono da parte dell’Amministrazione comunale e un degrado frenato solo dall’utilizzo che ne fanno alcuni gruppi sportivi, in particolare Boxing Team Catania Ring, che lì tiene le sue lezioni e i suoi allenamenti.
Una struttura che racconta anche come lo sport possa divenire, in un quartiere difficile come Librino, un segno di speranza e di riscatto, oltre che una pratica formativa che insegna il rispetto dell’altro, la solidarietà, l’autodisciplina.
Non solo Boxing Team Catania Ring, ma i Briganti e l’associazione H2O, che non a caso fanno parte della Rete della Piattaforma per Librino e ne condividono l’impegno per il quartiere, svolgono di fatto un ruolo educativo così come altre associazioni o gruppi sportivi che lì operano senza una finalità speculativa.
Proprio la Piattaforma, insieme all’Udi e ad Asso Pace Palestina, ha promosso questo incontro, organizzato soprattutto dall’instancabile Sara Fagone, e la scelta di farlo proprio a Librino, coinvolgendo così i giovanissimi sportivi del luogo, si è rivelata vimcente, anche se il resto della città non ha partecipato come ci si aspettava.
E’ stata proprio Yasmeen a dichiarare di riconoscersi nei giovanissimi interlocutori del Pala Nitta, di rivedere in loro i ragazzini del suo paese, addirittura i suoi fratelli più piccoli.
Li ha quindi invitati a raccontare i loro sogni e li ha incoraggiati a perseguirli, anche quando sembrano difficilmente realizzabili, perché – ha detto – “ognuno ha la sua montagna da scalare e niente ci deve fermare”.
Una costanza e una fatica che non nascono solo dal desiderio di superare i propri limiti, perché Yasmeen ha un altro scopo: “ se non avessi scalato, non sarei qui a parlare di Palestina” ha detto, ed è questo che le sta a cuore, fare conoscere la situazione drammatica del suo popolo, raccontare quello che accade nel suo paese, il controllo militare israeliano, la negazione dei diritti, le bombe, i militari che entrano nelle scuole e lanciano lacrimogeni mentre i ragazzi sono nelle aule, come è accaduto ad uno dei suoi fratelli.
Una situazione che ha avuto conseguenze pesanti sulla sua vita. A partire dalla gamba che le hanno dovuto amputare perché, dopo che era stata investita da un camion, non ha potuto ricevere cure immediate a causa dei posti di blocco e dei controlli che non consentono ai palestinesi di muoversi liberamente, neanche per raggiungere l’ospedale.
E’ stato complicato anche avere la protesi e poterla successivamente sostituire, una conquista realizzata con il sostegno degli amici di Asso Pace Palestina, che si sono mobilitati per lei, l’hanno accolta in Italia, l’hanno fatta seguire da un istituto specializzato. E l’hanno aiutata ad organizzare, in varie città italiane, degli incontri in cui potesse parlare della Palestina.
Sin da piccola, ha raccontato Yasmine, coltivava il desiderio di scalare le montagne, anche quella vicino casa, che non era tanto alta ma era comunque irraggiungibile, non solo per lei, ma per tutti i Palestinesi, a cui è vietato entrare negli insediamenti ebraici, compreso quello costruito in cima alla ‘sua’ montagna.
Ecco perché è salita sul Kilimangiaro e vi ha piantato la bandiera palestinese, simbolo della libertà che vorrebbe per il suo paese.
E’ giovane Yasmeen, poco più che ventenne, è solare e piena di energia, e ha un nuovo obiettivo da perseguire, scalare l’Everest. Portare ancora più in alto la bandiera del suo paese.
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