Un trattato di criminologia a cielo aperto: così Isaia Sales, studioso di criminalità organizzata e professore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha definito la criminalità minorile del Mezzogiorno.
Intervistato da Antonio Fisichella nel format “Mezz’ora con…” dell’Associazione Memoria e Futuro, Sales ha messo a fuoco le caratteristiche di questo gravissimo fenomeno presente nelle società meridionali, in genere sottaciuto se non in concomitanza di fatti eclatanti.
A differenza di quella del Nord Italia, la criminalità minorile del Sud sembra incarnare le tesi della Scuola di Chicago, che considera la devianza come il frutto del degrado sociale, dell’abbamdono scolastico, della disoccupazione.
La deprivazione economica e culturale, l’acquisizione di modelli familiari malavitosi creano quella che Sales definisce “una gabbia di acciaio” attorno a questi ragazzi: il percorso deviante non viene scelto ma è la prosecuzione di quello offerto da modelli familiari vincenti, più attrattivi di qualunque altro modello.
Concentrata soprattutto nelle maggiori città del Sud, Napoli, Bari, Catania e Palermo, la devianza minorile ha anche una continuità storica e territoriale, nasce per lo più negli stessi quartieri, nelle stesse aree della città, negli stessi ambienti sociali, quelli delle “periferie in centro” a cui si aggiungono le periferie della periferia.
Insiste sul tema della scuola Isaia Sales, una scuola che non accoglie e che ha perso, agli occhi dei giovani, ogni carattere attrattivo e il ruolo di strumento di crescita sociale.
E’ altissimo al Sud il tasso di abbandono della scuola, quindi riportare i ragazzi a scuola dovrebbe essere il primo passo per invertire la rotta, ma per realizzarlo dovremmo avere più strumenti, più assistenti sociali, anche più inventiva.
Perchè, suggerisce Sales, non pensare a dei sussidi da dare alle famiglie purché mandino i figli a scuola? Sarebbe un modo utile di utilizzare le risorse della collettività. Ma, purtroppo, sono le stesse scelte politiche e istituzionali ad avere un carattere criminogeno.
Dove c’è più criminalità dovrebbero essere investite più risorse, forniti più servizi, costruite più scuole. E invece accade il contrario, si investe di meno proprio dove sono maggiori le necessità, anche se “abbiamo le statistiche che ci indicano dove stanno i problemi”.
Il soggetto che dovrebbe farsi carico di queste scelte è lo Stato, “non possiamo – secondo Sales – legare una politica così importante alle risorse dei Comuni, che sono del tutto insufficienti”.
In questa direzione va rivisto anche il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la cui finalità dovrebbe essere quella di colmare le diseguaglianze e creare maggiore coesione.
La priorità spetterebbe, quindi, alle realtà più difficili impostando, ad esempio, un grande programma di recupero scolatico, di servizi territoriali, di asili nido, là dove ce n’è più bisogno.
L’idea centrale dovrebbe essere quella di offrire opportunità, come si cerca di fare con la giustizia minorile, nel cui campo abbiamo creato, in Italia, strumenti straordinari come la ‘messa alla prova’ che permette al giovane di estinguere il reato tornando a studiare o imparando un mestiere.
Quando però i ragazzi tornano nel loro contesto di origine, vengono spesso da esso riassorbiti e tornano a delinquere, con una percentuale di recidiva del 41%.
Ecco perché, secondo Sales, “la buona volontà della giustizia minorile non basta ad affrontare situazioni così complesse”, dovrebbe farsene carico la società, la nazione intera, anche, ad esempio, allargando l’istituito della messa alla prova fino a comprendere la famiglia, il quartiere.
Solo risanando il contesto sociale, economico, culturale in cui i giovani vivono, solo modificando le condizioni che li hanno indotti a commettere il reato, si possono ottenere risultati significativi.
L’intervento sul territorio, sul contesto è quello che, secondo lo studioso, manca nel modello Di Bella, sperimentato a Reggio Calabria, e adesso a Catania, che prevede l’allontanamento dei ragazzi dalla famigia mafiosa.
Anche se, aggiungiamo noi, a Catania il Presidente del Tribunale per i Minorenni si sta muovendo proprio nella direzione di rafforzare il contrasto all’abbandono scolastico, soprattutto nelle aree più problematiche.
Perchè non proviamo a verificare cosa accade – si chiede Sales lanciando una provocazione – se lo Stato prende in carico 1000 bambini facendoli seguire da una equipe fino a 18 anni, con varie forme di supporto?
Nessun progetto si può portare avanti senza “un altro modo di essere dello Stato”, uno Stato che dovrebbe essere veramente disposto ad affiancare la famiglia naturale nel suo percorso educativo.
Prospettiva molto difficile da concretizzare, eppure in questo panorama così complicato e difficile, si verificano delle eccezioni. Ci sono ragazzi, provenienti da famiglie malavitose, che riescono a cambiare rotta, a fare scelte di vita diverse, pur non disconoscendo il legame affettivo che li lega alla famiglia.
In genere lo fanno in seguito ad un incontro con un insegnante, un prete, una ragazza di cui si sono innamorati, o in seguito a stimoli che hanno ricevuto e hanno fatto nascere in loro una passione (per la musica, per il cinema, …) che intendono coltivare, ricorda Sales.
Il cambiamento nasce da opportunità che si sono aperte davanti a loro e che dovrebbero essere proposte a tutti, permettendo così a ciascuno di dare una svolta alla propria vita.