Il parco che verrà, la foce dell'Acquicella e l'ecosistema da tutelare

Un piccolo ecosistema ricco di vita, così si presenta il tratto in cui il fiume Acquicella sfocia in mare, a poca distanza dalla spiaggia libera n 1.

Una zona umida importante, ricca di piante elofite, che vivono tra acqua e terra, come la tifa con le sue foglie sottili e le vistose infiorescenze, le tamerici, la canna arundo e quella phragmites (cannuccia di palude), e le altre piante tipiche dell’ambiente umido mediterraneo.

Così, a due passi dalla frequentatissima zona balneare della città, la natura, silenziosamente, mantiene la sua bellezza e la sua vitalità, a dispetto della spazzatura accumulata negli angoli, delle bottiglie di plastica e di vetro abbandonate sulla sabbia.

Sulle acque, che si mantengono limpide nonostante gli ‘insulti’ ricevuti nel suo accidentato decorso, aleggiano le libellule, e dentro nuotano branchi di vivaci pesciolini di cui si nutrono gli uccelli di ripa, tipici delle zone umide, i pivieri, i chiurli, gli aironi dal lungo collo ad S, le gallinelle d’acqua.

Un’area in cui si trovano anche il pollo sultano e la sgarza ciuffetto, vale a dire gli uccelli tutelati dalla direttiva comunitaria. Ecco perché questo luogo andrebbe tutelato e protetto.

Le sue sono le caratteristiche di una zona di protezione speciale, non a caso Lipu e Wwf, nel lontano 2011, avevano chiesto che diventasse satellite della Riserva Naturale Orientata ‘Oasi del Simeto’, a cui è affine.

Cosa hanno fatto, invece, le amministrazioni cittadine del recente passato? Hanno pensato bene che un ‘fiumuciattolo’ da quattro soldi si potesse impunemente sacrificare ad interessi ben più consitenti! Per costruire una nuova darsena quanto mai discussa e discutibile, ne hanno tombato una parte e deviato l’ultimo tratto di corso affinché sfociasse un centinaio di metri più a sud.

Ma un fiume, anche se di modesta portata, non si arrende e tende sempre a riprendere il suo corso, quanto più prossimo all’alveo naturale ed è tornato verso nord, arrestandosi contro il terrapieno della darsena. E lungo questa barriera di sassi oggi sfocia.

Chi, sabato mattina, ha voluto riscoprire, o scoprire, questo altro frammento ignorato di bellezza della città che è la foce dell’Acquicella, è stato premiato da alcuni ‘incontri’ fortunati, che sono diventati eccezionali e indimenticabili per il gruppo di bambini, dai due agli undici anni, che facevano parte della comitiva.

Hanno imparato che è la vegetazione, ostacolando il vento, a creare le dune di sabbia; hanno visto da vicino un piccolo airone bianco, una garzetta, cercare il cibo nell’acqua e poi alzarsi in volo; si sono soffermati perplessi davanti alla carcassa di un germano reale, di cui hanno potuto ammirare le sfumature blu delle ali; si sono emozianti davanti ad un piccolo gabbiano corallino che si agitava a terra con un’ala infilzata da un amo e trattenuta dalla lenza attorcigliata che gli serrava anche il becco.

Un caso, quest’ultimo, che ha comportato una riflessione su come l’uomo, con la propria incuria, possa causare danni mortali agli altri essereri viventi, ma li ha soprattutto coinvolti l’intervento di soccorso: mani abili e sicure di chi, da socio Lipu, ben conosce gli uccelli, hanno liberato l’ala del piccolo gabbiano rimettendolo poi in sesto e ponendolo in acqua dove, nonostante avesse una zampa sola, si è dissetato e ha iniziato a nuotare.

Una bella esperienza per i bambini ma anche per gli adulti, certamente facilitata dal fatto che il gabbiano fosse di piccole dimensioni e non un grande gabbiano reale, di quelli che popolano l’area, alzandosi periodicamente in volo, singolarmente o a stormo, e solcando il cielo con le loro grandi ali. A proposito del gabbiano reale i nostri piccoli esploratori hanno imparato, sempre dai soci Lipu, che gli esemplari giovani hanno il piumaggio grigio, mentre gli adulti si riconoscono per il colore bianco, che raggiungono gradualmente in quattro anni.

Ha completato la visita il racconto di Antonio De Luca, appassionato cultore dell’Etna e compagno di passeggiata, che ha ricordato come, durante l’eruzione del 1669, la lava abbia raggiunto e ‘spento’ la propria furia proprio in questo tratto di mare.

Prendendo coscienza delle bellezze del territorio, appassionandosi a ciò che la natura ci offre, i giovani crescono più curiosi, più rispettosi dell’ambiente, più sani. Ecco perché il progetto del Parco Monte Po – Vallone Acquicella, all’interno del quale si vorrebbe inserire anche la foce dell’Acquicella, con la sua potenziale offerta di esperienze ‘ in natura’, dovrebbe diventare un obiettivo di tutti.

Foto di Cettina Damore, Sara Fagone, Dario Grimaldi, Alfia Maugeri, Fabio Scuto

Argo

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