La bellezza a due passi da casa, il verde in gran parte spontaneo, le specie botaniche rare, quelle tipiche della macchia mediterranea e quelle caratteristiche delle zone umide.
Eh sì, perché il principe di questo miracolo, ignoto a molti di noi, che si svolge in una città caratterizzata dall’incuria dei cittadini e dal perenne disinteresse delle Amministrazioni, è un corso d’acqua, il fiume Acquicella.
Non un rigagnolo stanco ma un corso d’acqua perenne che, anche in un’annata povera di piogge come l’attuale, sul finire dell’estate, negli ultimi giorni di un agosto infuocato, scorre con vivacità, riuscendo ad autodepurare le proprie acque.
E noi che viviamo in un’isola tendenzialmente arida, che andiamo incontro ad una crisi climatica che innalzerà le temperature e trasformerà le piogge in tempeste distruttive, dovremmo conoscere, apprezzare, ringraziare questo piccolo corso d’acqua che ci regala, in mezzo al degrado, incredibili contesti naturali che dovremmo difendere con impegno, e che invece non conosciamo nemmeno.
Primo passo del percorso per realizzare il parco Monte Po – Vallone Acquicella non può che essere una attenta ricognizione del territorio per meglio conoscerne i doni di bellezza e di varietà, botaniche e faunistiche, senza farsi scoraggiare dalla abbondante presenza di rifiuti, amianto compreso.
Così nell’ultimo sabato di agosto è nata l’iniziativa ‘esplorativa’ di alcuni promotori del progetto, che sono partiti dalla zona del faro, dove l’Acquicella scorre non lontano dalla foce e regala un tocco di verde allo spiazzo, anonimo e sporco, adiacente al distributore di benzina.
Nell’acqua che scorre tra ricino, canneti e altra vegetazione in cui nidificano il pollo sultano, il germano reale, la folaga, nuotano branchi di piccoli pesci, fugge timida ed elusiva qualche gallinella d’acqua ed arriva, sopra il rumore del traffico, il trillo squillante ed un po’ imperioso di un invisibile usignolo di fiume.
Risalendo il corso, dopo la lunga parte tombata, dietro il cimitero, da via Madonna del Divino Amore si vedono riapparire i canneti che segnalano a distanza gli argini del fiume e sono visibili anche i resti di un’antica fornace di mattoni, uno degli esempi di archeologia industriale che non è raro trovare in quest’area.
Come non è raro trovare, in mezzo alla vegetazione, edifici diroccati e vecchie masserie che testimoniano i tempi in cui questa parte della città era intensamente vissuta e, a tratti, anche coltivata.
Il rumore dell’acqua che scorre, il verde, rendono questa porzione di territorio un piccolo paradiso, della cui frescura, anche nelle giornate più calde, godono gli abitanti dei condomini circostanti, mentre nell’azzurro si fanno notare colombacci, ghiandaie, balestrucci e storni. E in alto si libra una coppia di poiane.
Più avanti, dove il fiume ha avuto una sistemazione idraulica, visibile attraverso grate e cancelli, l’acqua scorre in un canale di cemento e supera i dislivelli di quota in cascatelle dalla pendenza ‘pilotata’. Si tratta di interventi ormai lontani dall’odierno approccio alla gestione delle acque e che andrebbero ridiscussi e rivisti.
Non mancano, poco distanti, nuove sorprese, alcune risorgive, con l’acqua che affiora dove gli strati di argilla sono inframmezzati a strati sabbiosi. Qui la vegetazione è caratterizzata da tife, equiseto, smilace, lo ‘straccia braghe’ dalle caratteristiche bacche rosse.
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C’è poi, sotto la collina di Monte Po, nei pressi del Nuovo Garibaldi, dove il fiume lambisce il fronte lavico del 1669, un’altra area, anch’essa in parte abbandonata al degrado, in cui – man mano che ci sia allontana dall’alveo, che resta tuttavia visibile tra i canneti che lo accompagnano – regna la macchia mediterranea e si incontrano querce, anche secolari, ulivi e fichi.
Un mondo che affascina per la varietà e ricchezza della vegetazione e dell’avifauna e che ancora molto altro può rivelare, e di cui altre parti illustreremo in occasione di ulteriori passeggiate esplorative.
Nella speranza che cresca la consapevolezza e la determinazione della città nel volere realizzare un progetto che mira alla salvaguardia e alla cura di uno straordinario bene comune.
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