Alla periferia Nord di Catania, guardata a distanza da palazzine e vecchie case, al centro di un ampio terreno donato dal Comune, sorge una costruzione diversa da tutte le altre.
Inaugurata nel 2019, ha fatto appena in tempo ad essere organizzata per i suoi scopi prima di subire l’emergenza Covid.
Sconosciuta ai più, questa grande casa, con ampie vetrate sul verde ed un portico che ne insegue il perimetro, deve la sua esistenza alla voglia di una coppia che ha voluto impegnarsi per offrire uno spazio pieno di attività ludiche e creative ai bambini affetti da malattie oncologiche.
Questo non è un ospedale, e non si effettuano cure.
Qui si gioca, si fa ginnastica, si dipinge, si modella la creta, si ascoltano storie e, fra non molto, si imparerà ad impastare, stendere, ritagliare, condire, grattugiare, in una cucina laboratorio degna di piccoli chef.
In costruzione c’è anche un Auditorium dove fare musica, recitare ed accogliere ospiti, e poi sono già pronti 6 bivani, per i piccoli e le loro famiglie che necessitano di ospitalità notturna.
La grande casa è costruita con legno e pannelli di sughero ed ha un sistema di aspirazione che ne filtra e depura l’aria.
Può accogliere 60 bambini ma non certo da soli, perché ad avere la vita scombussolata e traumatizzata dalla malattia non sono esclusivamente i piccoli pazienti, ma anche i loro fratelli e sorelle ed i genitori. Tutti quindi sono accolti, per ritrovarsi in serenità in un ambiente gioioso e protetto.
Siamo stati in visita a WonderLAD, accompagnati dai due fondatori, Emilio Randazzo e sua moglie Cinzia Favara, psicologa presso il Policlinico di Catania.
Entrambi hanno tenuto a puntualizzare di non essere che gli organizzatori di una rete di solidarietà e competenze messe al servizio dei piccoli.
Randazzo ha lanciato un concorso internazionale per il progetto della struttura e da architetto ne ha seguito i lavori, Cinzia Favara, con anni di esperienze lavorative negli USA, cura il percorso dei piccoli ai quali cercano di offrire “ quello che la malattia, con l’isolamento sociale, le lunghe degenze in ospedale, il dolore, le mancate esperienze assieme ai coetanei, ha tolto loro”.
Nelle sale visitate sono in mostra i lavori dei bambini. Commoventi i disegni di un piccolo di cinque anni: operato varie volta a partire dai 6 mesi di età, col tempo piano piano ha cominciato ad usare i colori e a dare forma umana al suo corpo, che prima era solo uno sfrego nero nel vuoto desolato del foglio.
Quasi tutto il materiale è frutto di donazioni, moltissimi gli sponsor, italiani e non, segnalati su un grande pannello all’ingresso. Ancora da ultimare, oltre l’Auditorium, una parte dello spazio circostante, per ricavarne un orto, da far coltivare ai bambini, e magari un boschetto, per vivere avventure.