Cosimo Cristina, suicidato dalla mafia a 25 anni nel 1960

“Io ricordo quella storia come se fosse mia, come se al posto di quel ragazzo ci fossi stato io”. Con queste parole lo scrittore giornalista Luciano Mirone introduce il suo libro a fumetti uscito nel 2015, in cui racconta la storia del primo giornalista siciliano suicidato dalla mafia, Cosimo Cristina. Il cronista ragazzino ucciso dalla mafia (Round Robin Ed.).

Sicuramente il suo ricordo non è anagrafico, ma è maturato attraverso un’inchiesta giornalistica durata molti anni, nella quale – come lui stesso racconta – si è immedesimato a tal punto che è come se l’avesse vissuta in prima persona.

Di questa tragica vicenda Mirone si era già occupato ne “Gli Insabbiati”, libro dedicato, nel 1999, a 8 giornalisti uccisi dalla mafia, tra cui anche Cristina. E su Cristina era tornato anche nel monologo teatrale del 2011, da lui stesso interpretato con l’accompagnamento musicale di Giuseppe De Luca e le immagini di Francesco Mirone.

Ma perché tornare di nuovo a parlare di questo caso accaduto ben 60 anni fa, nel maggio 1960? Per fare un’operazione di recupero e di riscatto della memoria di questo giovane cronista di Termini Imerese che con le sue inchieste giornalistiche raccontò la mafia delle Madonie in un periodo in cui nessuno osava nominarla.

E per mettere in luce tutti quegli “strati di menzogna” sui quali era stato costruita l’infamia del “suicidio e del giornalista fallito”, a cui aveva creduto persino Giuliana Paladino una cronista che aveva lavorato in quegli anni presso il giornale l’Ora e che aveva combattuto contro la mafia di Luciano Liggio e Salvo Lima, intervistata da Luciano Mirone nel 1998.

Il ricorso al fumetto, abilmente disegnato da Antonio Bonanno, per ricostruire visivamente la storia di Cristina ha senza dubbio una forte valenza pedagogica, oltre che divulgativa, in grado di raggiungere soprattutto molte fasce giovanili. E non solo.

Ma chi era Cosimo Cristina, che nei suoi articoli si firmava Cocri?

Nato a Termini Imerese nel 1935, cominciò la carriera giornalistica a 20 anni, collaborando come corrispondente all’Ora di Palermo, al Giorno di Milano, al Messaggero di Roma e al Gazzettino d Venezia.

Fondò poi, con l’amico Giovanni Cappuzzo, il periodico ‘Prospettive Siciliane’ con l’intento di affrontare il tema della mafia non in termini generici ma indagando sui delitti impuniti del territorio di Termini.

Sul 1° numero del suo periodico scriveva il 25 dicembre 1959: “con spirito di assoluta obiettività in piena indipendenza dai partiti e uomini politici, ci proponiamo di trattare e discutere tutti i problemi che interessano la nostra isola avendo come motto ‘senza peli sulla lingua’ ”.

Con questa determinazione e un acuto fiuto giornalistico condusse molte inchieste, sull’omicidio del sindacalista Salvatore Carnevale, su quello del sacerdote Pasquale Culotta, avvenuto a Cefalù nel 1955, sulla morte di Agostino Tripi e sul processo per l’omicidio di Carmelo Giallombardo.

A tutto ciò seguirono minacce, intimidazioni, denunce, querele che non valsero a farlo tacere, fino a che, il 5 maggio 1960, sui binari della ferrovia Messina-Palermo fu rinvenuto il corpo massacrato del giovane giornalista.

La procura si affrettò a chiudere il caso come suicidio senza avviare alcuna inchiesta e senza fare alcuna autopsia. La famiglia, straziata per l’orribile tragedia, non ebbe nemmeno il conforto dei funerali in quanto la chiesa si rifiutò di celebrare il funerale di un suicida.

Ma il paese sapeva che Cosimo era odiato dai mafiosi per le cose che aveva scritto sul suo giornale, e conosceva quel ragazzo pieno di vita e combattivo.

A riprova di ciò, in una foto scattata in quel giorno dal giornale Stop e ritrovata da Mirone, si vede una grandissima folla affluire alla galleria della ferrovia Messina Palermo.

L’ipotesi del suicidio non era, dunque, credibile. Ma nessuno parlava. Nessuno si esponeva.

Dopo 6 anni il caso venne riaperto dal vice questore Angelo Mangano di Palermo, il quale condusse tutti gli interrogatori dei protagonisti di allora e chiese l’autopsia, che purtroppo riconfermò il precedente verdetto.

Cosimo Cristina era stato suicidato due volte!

Nella parte finale del libro, Mirone riporta, oltre alla documentazione degli atti giudiziari dell’inchiesta condotta dal vice questore Mangano, una intervista del 1999 a Vincenzo Milana, docente di Medicina legale dell’università di Catania.

Milana smonta, pezzo per pezzo, il referto autoptico fatto nel 1966 sul cadavere di Cristina e ne individua tutte le imprecisioni. A seguito di ciò, nel 2000, venne chiesta la riapertura del caso, ma ormai era troppo tardi.

Una nuova consapevolezza cominciò, tuttavia, ad emergere a Termini Imerese, anche grazie all’opera di divulgazione, di informazione e documentazione portata avanti da Mirone, e grazie alla sensibilizzazione operata da molti volontari che hanno lottato affinchè la memoria di Cosimo non fosse cancellata.

Una strada è stata dedicata a Termini ed un targa commemorativa è stata posta all’ingresso della Galleria di contrada Fossola, dove era stato rinvenuto il suo corpo. Ogni 5 maggio, inoltre, si organizzano convegni, giornate di studio e commemorazioni nelle scuole.

Argo

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